Referendum Di Maio, c’è la conferma: l’80% degli attivisti è con lui

Alessandro Cipolla

30/05/2019

31/05/2019 - 07:25

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8 attivisti su 10 hanno confermato come capo politico del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio, che annuncia: “Ora riorganizzazione del Movimento”

Referendum Di Maio, c’è la conferma: l’80% degli attivisti è con lui

Gli attivisti certificati del M5s hanno espresso la loro conferma nei confronti di Luigi Di Maio. Sono stati 44.849 a dare fiducia all’attuale vicepremier del governo gialloverde, contro gli 11.278 che hanno invece votato contro; si tratta di una riconferma schiacciante: l’80% del Movimento è con Di Maio.

Dal canto suo, il ministro del Lavoro si è detto estremamente contento per i consensi ottenuti, annunciando le urne digitali di oggi come “il primo passo per avviare una profonda organizzazione del M5S, per renderlo più vicino ai cittadini e per rimarcare la nostra identità”.

I 56.127 votanti odierni segnano un record assoluto in fatto di partecipazione per la piattaforma Rousseau, elemento che lo stesso Di Maio non ha mancato di evidenziare, parlando di “votazione con maggior partecipazione dell’intera storia di Rousseau, ma anche la più partecipata di sempre a livello mondiale in fatto di democrazia digitale”.

L’appuntamento di stasera, tutto interno al Movimento 5 Stelle, era considerato cruciale nella definizione del futuro politico di Luigi Di Maio a capo dei pentastellati.

Dalle ore 10:00 fino ore 20:00 gli attivisti certificati si sono espressi tramite la celebre e contestatissima piattaforma Rousseau, sul quesito: “Confermi Luigi Di Maio come capo politico del Movimento 5 Stelle?”.

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Un voto questo che è scaturito dopo le polemiche a seguito della disfatta alle elezioni europee, dove i grillini non sono andati oltre un deludente 17% a fronte di una Lega invece schizzata al 34%.

Più di un esponente di spicco aveva infatti chiesto il passo indietro di Di Maio dal ruolo di capo politico del Movimento, visti i tanti incarichi di governo ricoperti, anche se la gran parte dei big 5 Stelle ha subito fatto quadrato intorno al proprio leader.

L’ultima parola degli attivisti ha però decisamente garantito una robusta corazza in favore di Luigi Di Maio, che nel post-voto ha immediatamente annunciato diversi cambiamenti interni al Movimento, che sanno molto di una ridefinizione dei ruoli in grado di variare in maniera significativa l’assetto attuale.

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Cosa vuol dire la vittoria del Sì

Il quesito sottoposto al voto era abbastanza chiaro: votando Sì gli attivisti certificati si sono dichiarati favorevoli alla permanenza di Luigi Di Maio come capo politico del Movimento 5 Stelle.

Dopo la riforma dello Statuto effettuata prima delle politiche del 2018 e l’uscita di scena di Beppe Grillo, il capo politico è senza dubbio la figura più importante all’interno dei pentastellati, con una grande responsabilità decisionale.

Soprattutto è colui che lo scorso anno ha deciso i nomi di tutti i candidati 5 Stelle nei collegi uninominali, oltre ad aver indicato i cinque capilista alle recenti europee anche se l’ultima parola, in quest’ultimo caso, è spettata sempre a Rousseau.

Ora però sembra essere in arrivo una rivoluzione all’interno del Movimento 5 stelle.

Già prima del voto, nel post sul Blog delle Stelle, il vice premier aveva scritto che “se c’è qualcosa da cambiare nel MoVimento lo faremo, se ci sono strutture o luoghi decisionali da creare lo faremo”.

Negli ultimi giorni a riguardo si parla molto della possibile creazione di un nuovo direttorio, che andrebbe ad affiancare il capo politico nelle decisioni, dove a farne parte ci sarebbero alcuni dei big pentastellati come Alessandro Di Battista, Roberto Fico e Chiara Appendino.

Cosa sarebbe potuto succedere se avesse vinto il No

Nel caso in cui in questo voto su Rousseau avesse vinto il No, Luigi Di Maio non sarebbe più stato il capo politico del Movimento 5 Stelle, mantenendo però tutti i suoi attuali incarichi di governo.

Proprio questa è l’accusa di fondo che i grillini più critici hanno rivolto a Di Maio: visti i tanti ruoli ricoperti (ben quattro: capo politico, vice premier, ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico) Luigi non può occuparsi di tutto.

Se quindi nel referendum avesse prevalso il No, si sarebbe riattivata tutta la procedura di voto del nuovo capo politico: una scelta che, ca va sans dire, sarebbe stata sempre presa tramite Rousseau.

Ora, passato l’affaire Di Maio, resta ancora «sotto accusa» - specie da parte dei cosiddetti “ortodossi” - l’attuale staff del capo politico, con Rocco Casalino in testa; l’accusa è quella di avere troppo potere per essere in fondo solo dei “dipendenti dei portavoce”.

L’annuncio di cambiamenti fatto da Di Maio potrebbe avere a che fare proprio con alcune di queste figure?

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