Israele ha colpito l’Iran. Il contrattacco è già in corso. È solo l’inizio di un conflitto regionale o l’alba di una nuova guerra mondiale?
Israele ha scelto la guerra: con il suo attacco all’Iran ha aperto un nuovo pericoloso capitolo della storia del Medio Oriente.
All’alba di venerdì 13 giugno 2025, con una massiccia operazione militare contro diversi impianti nucleari iraniani, Israele ha scatenato una crisi che rischia di far esplodere definitivamente il già fragile equilibrio regionale.
Fordow, Natanz, Isfahan, Qom: luoghi simbolo del programma atomico di Teheran sono stati colpiti con una violenza che non lascia spazio a fraintendimenti. L’azione israeliana, a lungo ventilata, è stata improvvisa e devastante: almeno 78 morti, tra cui alti ufficiali delle forze armate iraniane, e una dichiarazione d’intenti precisa da parte del premier Netanyahu: fermare a ogni costo l’Iran.
Teheran non ha tardato a rispondere: tre ondate di missili e droni si sono abbattute su Israele, colpendo Tel Aviv, Haifa, Gerusalemme e il Golan. Almeno 15 feriti e una popolazione nuovamente costretta nei rifugi. Anche caccia americani sono intervenuti per supportare la difesa aerea israeliana.
La situazione si è ulteriormente aggravata per il contesto geopolitico: l’attacco è avvenuto alla vigilia di un delicato negoziato sul nucleare tra Iran e Stati Uniti. Ora il rischio di escalation è concreto e preoccupante: stiamo assistendo a una guerra aperta o all’inizio di una possibile terza guerra mondiale?
E questa volta l’Occidente resterà fermo a guardare, come ha fatto con il genocidio palestinese ancora in corso, oppure proverà a fermare Israele che sta violando qualsiasi norma internazionale e dei diritti umanitari? Ecco di seguito tutto quello che serve sapere a riguardo.
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L’attacco di Israele all’Iran: ecco perché e cosa sta accadendo
L’operazione militare israeliana, ribattezzata Rising Lion (il sorgere del leone), è iniziata con due ondate di bombardamenti mirati a colpire infrastrutture nucleari e militari strategiche dell’Iran. Fordow, uno degli impianti più protetti, è stato tra i principali bersagli. Secondo fonti israeliane, sono stati colpiti oltre 200 obiettivi, inclusi sistemi di difesa russi e basi militari come quella di Parchin. L’operazione è il frutto di una pianificazione iniziata mesi fa, subito dopo l’uccisione del leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, ma è stata posticipata fino al momento attuale per ragioni non rese pubbliche.
Netanyahu ha motivato l’azione con la necessità di fermare il presunto programma nucleare militare iraniano, ritenuto una minaccia esistenziale per Israele. Secondo Tel Aviv, il programma nucleare iraniano è ben oltre le soglie di un uso civile e l’obiettivo dichiarato è impedire all’Iran di dotarsi dell’arma atomica. “Saremo ricordati come la generazione che ha agito in tempo”, ha affermato il premier, lanciando anche un appello diretto al popolo iraniano contro il proprio governo.
La risposta iraniana è stata rapida e massiccia. Dopo un primo lancio di droni, Teheran ha sferrato due ondate di missili balistici, alcuni dei quali hanno colpito aree urbane israeliane. Le difese aeree israeliane e i caccia statunitensi sono riusciti a neutralizzare molti vettori, ma non tutti. Il bilancio provvisorio è di almeno 15 feriti in Israele, oltre ai 78 morti in Iran. La guida suprema Khamenei ha promesso vendetta, mentre fonti di Teheran parlano anche dell’abbattimento di due jet israeliani, notizia smentita da Tel Aviv. L’attacco ha avuto luogo alla vigilia di un incontro negoziale tra Iran e USA sul nucleare a Omar, ora annullato, alimentando i sospetti che possa essere stata una mossa calcolata anche per sabotare la diplomazia.
Attacco di Israele all’Iran: rischiamo la terza guerra mondiale?
L’attacco israeliano e il contrattacco iraniano rappresentano più di un semplice episodio militare: sono l’inizio di una potenziale escalation con conseguenze imprevedibili. Per la prima volta, si registra un confronto diretto e aperto tra due nemici storici, con il coinvolgimento attivo degli Stati Uniti e il rischio concreto che altri attori regionali — come Hezbollah, Hamas, gli Houthi — possano rientrare in gioco, oppure che si aprano nuovi fronti.
Il quadro internazionale è altrettanto preoccupante. La Russia e la Cina, alleati strategici dell’Iran, hanno già espresso condanna verso l’azione israeliana. I paesi del Golfo, pur ostili a Teheran, si sono detti contrari all’uso della forza e preoccupati per la stabilità regionale, temendo ripercussioni economiche e di sicurezza. L’Europa appare divisa e indebolita, mentre Washington, guidata da Donald Trump, sembra aver dato quantomeno il via libera implicito all’operazione, facendo saltare il tavolo negoziale con Teheran.
L’Iran, sentendosi accerchiato e umiliato, potrebbe considerare la via più estrema: uscire dal Trattato di Non Proliferazione (TNP) e procedere allo sviluppo di un’arma nucleare militare. Una simile decisione cambierebbe radicalmente gli equilibri strategici, generando una corsa agli armamenti nella regione e moltiplicando il rischio di un conflitto nucleare. Israele, nel frattempo, potrebbe non fermarsi: ha dichiarato che questa è solo la prima fase dell’operazione.
In questo contesto, parlare di “terza guerra mondiale” non è più solo retorica, ma un rischio concreto. Se il conflitto dovesse allargarsi e coinvolgere attori globali, lo scenario diventerebbe drammaticamente simile a quelli che hanno portato ai grandi conflitti del passato. E in tutto questo non resta che osservare cosa farà l’Occidente: rimarrà fermo e bloccato nel suo immobilismo, come ha fatto con il genocidio palestinese, oppure proverà a fermare Israele che, da decenni, ma in particolare dal 7 ottobre 2023, sta violando qualsiasi legge internazionale e diritto umanitario, affondando e bloccando gli aiuti umanitari alla Striscia di Gaza.
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