Perché è stato respinto il Referendum sull’Articolo 18? Aspettando le motivazioni dei giudici della Consulta, ci si interroga su quali possono esser stati gli errori della Cgil.
Perché è stato respinto dalla Consulta il Referendum sull’Articolo 18?
All’indomani della decisione da parte dei giudici della Corte Costituzionale, aumentano i dubbi sulla gestione del Referendum e immancabili divampano le polemiche.
Dei tre quesiti del Referendum Jobs Act 2017 promosso dalla Cgil, quelli riguardanti i voucher e il controllo sugli appalti sono stati ammessi, mentre quello sull’Articolo 18 è stato clamorosamente respinto.
Il no della Consulta al Referendum sull’Articolo 18
Perché dunque, sono stati ammessi i primi due mentre è stato respinto il Referendum sull’Articolo 18? Al momento, non si hanno certezze sulle motivazioni effettive che hanno spinto i giudici delle Consulta a cestinare il quesito referendario.
Quando nelle prossime settimane, ma in questi casi i tempi potrebbero essere anche più lunghi, verranno pubblicate dai giudici della Consulta le motivazioni, sicuramente ne sapremo di più.
Nel frattempo, a finire sotto accusa sono la Cgil e la sua segretaria generale Susanna Camusso, che sono stati i promotori dei tre quesiti referendari. Il fatto che quello più atteso, senza nulla togliere agli altri due, sia stato respinto, apre naturalmente un dibattito su quali possono essere stati gli errori commessi dal sindacato.
Referendum sull’Articolo 18 respinto, sbagliato il quesito?
Dopo la bocciatura del Referendum sull’Articolo 18, non sono pochi quelli che hanno puntato il dito contro la Cgil. Il probabile motivo della non ammissione, secondo molti potrebbe essere l’erronea formulazione del testo del quesito proposto, che avrebbe determinato lo stop della Consulta.
Tra i tre quesiti per modificare parti del Jobs Act, questo è il testo di quello in merito all’Articolo 18:
Reintroduzione della reintegra in caso di licenziamento senza giusta causa e la sua estensione alle imprese sopra i 5 addetti - Articolo 18.
Il problema sorgerebbe nella seconda parte del testo. Aggiungere anche l’estensione alle imprese sopra i 5 addetti, renderebbe infatti il quesito propositivo e, di conseguenza, non ammissibile. Il fatto poi che, in altre circostanze, la Consulta comunque avrebbe accettato quesiti in parte propositivi, è completamente un altro discorso.
Per la Camusso nessun errore nel Referendum dell’Articolo 18
Subito dopo l’arrivo della notizia del no della Consulta, diversi sono stati gli attacchi piovuti sulla Cgil. Secondo la segretaria Susanna Camusso, però, non sono stati commessi errori, rilanciando che la battaglia sull’Articolo 18 andrà avanti.
Il referendum sull’articolo 18 bocciato dalla Corte per colpa del quesito? Vedo che le tesi di Ichino fanno scuola, ma non è così. Noi abbiamo rispettato le norme. Aspettiamo di poter leggere le motivazioni, poi daremo la nostra valutazione. Possibile un ricorso alla Corte europea.
Per la Camusso la Cgil avrebbe rispettato le norme nel formulare il testo del quesito. I motivi della non ammissione allora quali sarebbero? Per Matteo Salvini la decisione della Consulta è stata una sentenza politica e gradita ai poteri forti. Aspettando le motivazioni c’è una doverosa considerazione però da fare nel merito della vicenda.
Più di 3 milioni di firme raccolte per il Referendum
La notizia di un Referendum sull’Articolo 18, fin da subito è stata accolta con gran soddisfazione da parte dei lavoratori. Il fatto che la Cgil, a fronte di un numero di 500.000 firme necessarie per indire un Referendum abrogativo, ne abbia invece raccolte 3,3 milioni, fa capire quanto l’argomento fosse sentito dagli italiani.
Dando per scontato che la Cgil e la Camusso conoscessero perfettamente le regole referendarie, è inconcepibile che sia stato formulato un quesito che potesse avere al suo interno anche solo dei minimi presupposti di non ammissibilità.
Sarebbe stato molto più logico fare un quesito solo per l’abolizione della norma facente parte del Jobs Act, proponendo poi in un secondo momento l’estensione agli altri lavoratori.
Gettare al vento tempo e milioni di firme raccolte per un quesito posto male, come potrebbe esser successo, è un errore che un grande sindacato come la Cgil non può permettersi, soprattutto quando di mezzo c’è il futuro dei lavoratori.
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