Sono più di 140.000 i posti di lavoro a rischio a causa del record di fallimenti nel 2025, proprio nella principale economia europea.
L’Unione europea sta affrontando sfide geopolitiche senza precedenti, arrancando nella ripresa economica, che ancora soffre gli strascichi della pandemia e della crisi energetica. Le difficoltà dei Paesi membri contribuiscono all’instabilità e alla frammentazione, impedendo all’Ue di rafforzare la propria posizione globale senza una strategia mirata. Se però anche gli Stati più solidi da questo punto di vista non riescono a risollevarsi è evidente che il problema è esteso e strutturale. La Germania, la nazione economicamente più forte d’Europa, sta faticando più del previsto a risalire. Quella che doveva essere una difficoltà economica (e politica) temporanea si è rivelata essere una crisi prolungata e la situazione non accenna a migliorare.
Berlino ha una certa responsabilità nella macchina europea, ragion per cui queste criticità appaiono ancora più gravi. La principale economia dell’Ue ha registrato un record di fallimenti, cosa si possono aspettare i Paesi in coda alla classifica? Soltanto per questo primo semestre del 2025 i posti di lavoro a rischio sono ben 141.000, colpiti dall’insolvenza.
Record di fallimenti nella principale economia Ue
L’agenzia tedesca di credito Creditreform ha rilevato che il numero di istanze di fallimento per la prima metà dell’anno è circa 11.900, con un aumento del 9,4% rispetto allo stesso periodo del 2024, vale a dire il semestre da gennaio a giugno. L’aumento della bancarotta è comunque rallentato nell’ultimo anno, visto che nel 2024 era del 28,5% in più rispetto all’anno precedente, ma è un calo ancora insoddisfacente. Basti pensare che il numero di aziende tedesche fallite nel 2025 ha raggiunto il livello più alto dal 2015.
Dieci anni fa, infatti, hanno presentato istanza di fallimento 11.530 aziende tedesche (sempre prendendo come riferimento il primo semestre dell’anno). Secondo il responsabile della ricerca economica presso l’agenzia, Patrick-Ludwig Hanch, l’industria sta subendo principalmente l’aumento dei costi delle materie prime e soprattutto dell’energia. Nell’ambito della vendita al dettaglio, invece, pesa di più la minore domanda dei consumatori, influenzata dalle crisi internazionali. Il numero di cittadini che preferisce gli acquisti online, inoltre, è in costante aumento.
Guardando più nel dettaglio la situazione si evince inoltre che alcuni settori stanno accusando il colpo con maggiori difficoltà degli altri. Ha fallito addirittura il 17,5% delle imprese nel settore manifatturiero, mentre nel commercio al dettaglio la percentuale scende al 13,8%, a fronte di un numero molto più elevato di attività. Complessivamente, invece, la quota più elevata di istanze di fallimento riguarda il settore dei servizi. Si tratta di quasi 7.000 aziende in difficoltà.
Ovviamente, è cresciuto di pari passo anche il danno economico, che in questo primo semestre dell’anno ammonta a 33,4 miliardi di euro, contro i 29,7 miliardi di euro dello stesso periodo nel 2024. Allora, si è registrata la perdita 133.000 posti di lavoro, mentre a oggi i dipendenti tedeschi a rischio sono ben 141.000.
E in Italia? Un problema condiviso
L’aumento generale dei costi, la crisi energetica e l’instabilità globale stanno mettendo a dura prova la Germania, costretta a dar fondo alle riserve finanziarie. Per gli altri Paesi europei, tuttavia, la situazione è tutt’altro che migliore. Anzi, anche l’Italia ha oltrepassato un record decennale, superando i fallimenti del 2014 nel 2024. Nel Belpaese le procedure fallimentari hanno avuto un aumento del 112% rispetto all’anno precedente, riprendendo improvvisamente dopo un progressivo e continuo calo. Anche in Italia la situazione nazionale è disomogenea, sia territorialmente che per quanto riguarda i settori. In particolare, tra luglio 2024 e gennaio 2025 InfoCamere ha registrato le seguenti procedure fallimentari più elevate:
- 665 nei servizi;
- 459 nell’industria;
- 443 nelle costruzioni.
I numeri sembrano più bassi di quelli tedeschi, ma dopotutto il confronto parte da due condizioni di base completamente opposte, soprattutto per quanto riguarda il numero di aziende attive nel territorio. Nonostante ciò, le condizioni complessive sono molto simili, come accade in molti altri Paesi Ue. La necessità di interventi coordinati e unificati è sempre più urgente.
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