Ratei e risconti, cosa sono, definizione ed esempi pratici

Veronica Caliandro

11 Giugno 2025 - 09:25

Che cosa sono, come si calcolano e qual è la differenza tra ratei e risconti? Entriamo nei dettagli e vediamo di cosa si tratta.

Ratei e risconti, cosa sono, definizione ed esempi pratici

Gestire un’azienda non è di certo facile. Diversi sono i fattori da prendere in considerazione, tra cui ad esempio le spese da sostenere per avere a propria disposizione le risorse necessarie a svolgere la propria attività. Onde evitare di incorrere in spiacevoli situazione e avere una visione chiara dello stato di salute della propria azienda è possibile usare degli strumenti ad hoc, come lo stato patrimoniale e il conto economico.

Quest’ultimi, infatti, consentono di avere una fotografia chiara ed immediata della situazione patrimoniale e finanziaria della propria attività, il tutto a patto di fare correttamente i vari conti. Proprio in tale ambito entrano in gioco i ratei e i risconti, ovvero due strumenti essenziali per rispettare il principio della competenza economica e redigere bilanci precisi e affidabili. Ma di cosa si tratta e come si calcolano? Scopriamo tutto quello che c’è da sapere in merito.

Ratei e risconti, cosa sono? Definizione e spiegazione

Nel mondo della contabilità, garantire che i ricavi e i costi vengano attribuiti correttamente al periodo di competenza è fondamentale per una corretta rappresentazione della situazione economica e finanziaria dell’azienda. A tal fine si rivelano essere essenziali due strumenti contabili, ovvero i ratei e i risconti. Ma di cosa si tratta?

Ebbene, i ratei rappresentano le quote di costi o di ricavi che sono già maturate nell’esercizio in corso, ma il cui pagamento o incasso avrà luogo in un momento successivo. Per questo motivo vengono registrati come un’anticipazione di costi o ricavi che verranno contabilizzati in seguito. Entrando nei dettagli, è possibile distinguere:

  • ratei attivi, indicano quote di ricavo di competenza dell’esercizio corrente, ma non ancora incassati. Ad esempio si cita il caso di un servizio fornito a dicembre e il cui pagamento verrà effettuato l’anno seguente;
  • ratei passivi, indicano costi sostenuti nell’esercizio in corso, ma non ancora pagati. Ne sono un chiaro esempio eventuali interessi su un prestito che si riferiscono all’esercizio in corso, ma che saranno corrisposti in futuro.

Dall’altra parte i risconti fanno riferimento a quote di costi o ricavi che invece sono stati già registrati nell’esercizio in corso, ma la cui competenza economica fa riferimento ad esercizi futuri. Ciò significa che l’azienda ha già sostenuto una spesa o incassato un ricavo anticipatamente, e quindi deve «spostare» la quota non di sua competenza al periodo successivo. Anche in questo caso, possiamo operare una distinzione tra:

  • risconti attivi, ossia costi che sono stati pagati anticipatamente ma che competono a esercizi futuri. Ne è un esempio il pagamento in anticipo dell’assicurazione annuale;
  • risconti passivi, indicano ricavi incassati in anticipo ma di competenza di esercizi successivi. Basti pensare ad un canone di locazione ricevuto in anticipo per un periodo che supera la fine dell’esercizio.

Questi strumenti si rivelano essere indispensabili per mantenere una rappresentazione economica e finanziaria fedele e trasparente, evitando distorsioni che potrebbero derivare dal semplice criterio di cassa.

La differenza tra ratei e risconti

I ratei e risconti sono fondamentali in tutti quei settori dove costi e ricavi si distribuiscono su più esercizi, come ad esempio le aziende con modelli basati su abbonamenti, quali servizi di streaming e software cloud, oppure le imprese di servizi e gestione di contratti pluriennali, come nell’ambito delle costruzioni e delle consulenze a lungo termine. Stesso discorso nel settore assicurativo, dove si deve fare i conti con la gestione dei premi assicurativi su base annuale o pluriennale.

La principale differenza tra ratei e risconti è da rinvenire nel loro ruolo nelle scritture contabili. I ratei, infatti, sono scritture di integrazione, che aggiungono componenti di reddito non ancora rilevati. In particolare fanno riferimento a costi o ricavi che devono ancora essere pagati o incassati, quindi con manifestazione finanziaria futura, ma la cui competenza economica riguarda l’esercizio in corso.

I risconti, invece, sono scritture di rettifica, che servono a spostare componenti di reddito già rilevati ma di competenza di un esercizio successivo. Ovvero riguardano costi o ricavi che sono già stati pagati o incassati, quindi con manifestazione finanziaria anticipata, ma la cui competenza economica si estende a periodi futuri.

Come si calcolano ratei e risconti?

Una volta visto cosa sono, è bene sapere come si calcolano. Ebbene, per sapere a quanto ammontano i ratei è necessario determinare la parte di costo o ricavo maturata fino alla data di chiusura dell’esercizio. Ad esempio, se un’azienda deve ricevere un pagamento di 1.200 euro per un servizio reso a partire da novembre per un contratto di dodici mesi, allora il rateo attivo per l’anno corrente sarà pari a 200 euro, ovvero la quota corrispondente ai due mesi di servizio già maturati

Per calcolare i risconti, invece, bisogna individuare la parte di costo o ricavo anticipata che non appartiene all’esercizio corrente e trasferirlo all’esercizio successivo. Ad esempio, se un’azienda riceve in anticipo un pagamento di 2.400 euro per un servizio che avrà luogo su due anni, alla chiusura dell’esercizio bisognerà registrare un risconto passivo per la parte di competenza dell’anno successivo.

Ratei e risconti, esempi pratici per capire

Per la versione «più facile a dirsi che a farsi», di seguito proporremo alcuni esempi pratici per capire come funzionano e calcolare ratei e risconti.

Esempio di rateo attivo

  • Un’azienda eroga un servizio a novembre per un valore pari a 1.200 euro e contratto di 12 mesi. Il relativo pagamento avrà luogo a gennaio. Ebbene, alla fine dell’esercizio si deve registrare un rateo attivo di 200 euro, corrispondente ai due mesi di servizio già forniti.

Esempio di rateo passivo

  • Un’azienda deve pagare 300 euro di interessi passivi per il periodo novembre-dicembre, ma il pagamento avrà luogo nel mese di gennaio. Alla fine dell’esercizio si deve registrare un rateo passivo di 300 euro.

Esempio di risconto attivo

  • Un’azienda ha pagato 2.400 euro per un canone di locazione annuale in data 1 luglio. Ebbene. al 31 dicembre si deve registrare un risconto attivo pari a 1.200 euro, in riferimento ai sei mesi di competenza dell’anno seguente.

Esempio di risconto passivo

  • Un’azienda riceve un pagamento anticipato di 10.000 euro per un affitto di 12 mesi. Al 31 dicembre tre mesi di affitto sono già stati utilizzati, pertanto nove mesi sono di competenza dell’esercizio successivo. Facendo 10.000 * (9/12) si ottiene l’importo del risconto passivo, pari a 7.500 euro.

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