Questo può far crollare il BTP (di nuovo)

Tommaso Scarpellini

13 Agosto 2025 - 16:48

Un dato USA riaccende i timori di inflazione importata in Europa, minacciando i BTP e riaprendo lo spettro di un crollo come nel 2022. Il rischio è davvero concreto?

Questo può far crollare il BTP (di nuovo)

Ricordate il 2022? Quando, per un’improvvisa impennata inflazionistica generata soprattutto dall’aumento dei costi energetici, un fattore esterno e difficilmente controllabile, i prezzi dei BTP crollarono dopo che i rendimenti schizzarono verso l’alto? Bene, oggi un elemento potenzialmente simile sembra riaffacciarsi all’orizzonte.
Non è ancora un’evidenza concreta, ma le discussioni tra operatori e analisti stanno aumentando. Qual è questo nuovo rischio e cosa potrebbe accadere ai titoli di Stato italiani?

Un inizio settimana apparentemente tranquillo

La settimana era iniziata senza particolari scossoni. L’inflation rate italiano MoM (Final) di lunedì è passato da +0,2% a +0,4%: un lieve aumento che, in condizioni normali, non avrebbe dovuto preoccupare i mercati.

Il giorno seguente, la Germania ha pubblicato dati sull’inflazione YoY stabili al +2,0%, in linea con l’obiettivo della BCE. Eppure, l’asta dei titoli decennali ha registrato un aumento dei rendimenti. Nei giorni precedenti, anche all’asta dei BTP a 12 mesi, i rendimenti sono saliti. Anche questo, isolatamente, non avrebbe destato allarme.

Questa dissonanza tra dati macro relativamente benigni e movimenti di mercato più nervosi ha portato molti a chiedersi: da dove arriva questo nuovo rischio percepito?

Lo sguardo si sposta oltre l’Atlantico

La risposta potrebbe arrivare dagli Stati Uniti.
Mercoledì, oltreoceano, è stato pubblicato il dato di Core Inflation Rate YoY al +3,1%, ben al di sopra del target della Federal Reserve e superiore alle attese. Un’inflazione core persistente e strutturale, in parte attribuita all’effetto dei dazi commerciali introdotti dalla nuova amministrazione USA.

Il timore è che questa dinamica possa innescare una “esportazione dell’inflazione” verso l’Europa, come avvenne nel 2022 con l’inflazione energetica. Allora il fattore scatenante furono i prezzi del gas e del petrolio; oggi potrebbe essere il commercio internazionale a generare pressioni sui prezzi.

Il legame con il real yield

Per capire perché questo rischia di impattare sui BTP, occorre guardare al rapporto tra inflazione e real yield (rendimento reale, cioè rendimento nominale meno inflazione).
In Europa, i titoli di Stato presentano rendimenti nominali più bassi rispetto agli USA, anche per via di un contesto inflattivo meno aggressivo negli ultimi mesi. Se però l’inflazione dovesse aumentare, il real yield si comprimerebbe.

Italy 10Y Government Bond Yield Italy 10Y Government Bond Yield Grafico lineare degli Italy 10Y Government Bond Yield. Fonte: baha.com

Quando questo accade, il mercato, per mantenere un premio reale adeguato, chiede rendimenti nominali più alti. E come sappiamo, quando i rendimenti salgono, i prezzi delle obbligazioni già in circolazione scendono.

Nel caso dei BTP, il rischio è amplificato dal fatto che il GDP growth europeo è atteso in rallentamento (pur rimanendo positivo). Un mix di bassa crescita e inflazione importata non è mai gradito al mercato obbligazionario: aumenta il rischio di stagflazione e spinge gli investitori a pretendere un premio maggiore per detenere debito sovrano.

Perché questo scenario preoccupa

La memoria del 2022 è ancora fresca. Allora, il mercato fu colto di sorpresa: rendimenti schizzati, prezzi crollati, e portafogli obbligazionari che registrarono perdite anche a doppia cifra in pochi mesi.
Oggi, il contesto è diverso, ma il meccanismo di trasmissione del rischio, fattore esterno che porta inflazione, compressione real yiel, aumento rendimenti e calo prezzi, è lo stesso.

L’elemento nuovo è che la potenziale miccia non è interna, ma transatlantica: un’inflazione USA resistente che, per dinamiche commerciali e valutarie, potrebbe filtrare anche in Europa.

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