Si stima che questo paese possa perdere altri 150 milionari quest’anno: colpa dell’imposta sul patrimonio.
La Norvegia, con l’inasprimento della sua imposta sul patrimonio, sta accelerando la fuga di capitali all’estero e quest’anno si stima che almeno altri 150 milionari trasferiranno i loro beni in altri Paesi. Il clima sta diventando sempre più inospitale per gli imprenditori, che denunciano una pressione fiscale ritenuta eccessiva rispetto al contesto europeo.
Attualmente l’imposta è pari all’1% sul patrimonio netto compreso tra 140.000 e 1,75 milioni di euro e all’1,1% oltre tale soglia. Nel 2023 l’hanno pagata circa il 12% dei cittadini, pari a oltre 670.000 persone. La residenza principale è valutata ai fini fiscali a un quarto del suo valore, mentre azioni e immobili commerciali all’80%. Anche i beni detenuti all’estero sono soggetti a tassazione, con i debiti considerati deducibili in misura significativa.
Ciò che non piace ai contribuenti più ricchi è anche la legge sulla trasparenza, che rende pubblici reddito e patrimonio di tutti i cittadini. La Norvegia sa bene che in questo modo inevitabilmente alcuni benestanti lasceranno il Paese, ma se la base imponibile resta ampia, il gettito fiscale rimane significativo e garantisce un modello sociale solido.
Costa però molto anche lasciare il Paese trasferendo il patrimonio all’estero. Sulle plusvalenze superiori a 253.000 euro si applica infatti un’imposta di uscita pari al 37,8%. Nonostante ciò, nel 2022 e nel 2023 oltre 500 persone facoltose hanno lasciato la Norvegia, più del doppio rispetto agli anni precedenti. Per quest’anno si stima che almeno 150 prenderanno la stessa decisione. Delle 400 persone più ricche del Paese, già 105 vivono all’estero o hanno trasferito il loro patrimonio a parenti residenti altrove, spesso in nazioni con regimi fiscali più favorevoli. Il dibattito interno è molto acceso e si divide tra chi sostiene l’imposta sul patrimonio e chi invece vorrebbe preservare la presenza dei contribuenti più abbienti.
Il dibattito interno è acceso
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Chi sostiene l’imposta la considera uno strumento di protezione sociale e riduzione delle diseguaglianze. La tassazione patrimoniale rende il sistema più progressivo rispetto alla sola imposta sul reddito. Gli studi mostrano che gli imprenditori dispongono di liquidità sufficiente per pagare le tasse e ritengono giusto che l’onere principale ricada sui più ricchi; la Norvegia è infatti uno dei Paesi più equi al mondo e vanta un welfare molto avanzato.
I critici, invece, credono che questo modello penalizzi l’imprenditorialità locale e indebolisca la competitività del Paese. Un recente sondaggio ha mostrato che il 49% è favorevole al mantenimento dell’imposta, il 23% ne auspica una riduzione e il 28% ne chiede l’abolizione. Finora nessun Paese europeo ha replicato integralmente il modello norvegese. Tuttavia, gli analisti sottolineano che esso è difficile da imitare altrove, poiché si basa su una combinazione unica di ricchezza nazionale, coesione sociale e fiducia nelle istituzioni pubbliche: senza una tassa sul patrimonio, la diseguaglianza aumenterebbe, ed è proprio su questo principio che si fonda la visione del Paese nordico.
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