Storia di successo da oltre 150 anni, ma ora rischia di infrangersi contro i dazi di Trump. Ecco quanto ha fatturato Barilla nel 2024 e le previsioni di crescita.
Quanto vale il regno della pasta più famosa al mondo? Barilla è sinonimo di “Made in Italy” a tavola. Ma non è solo il marchio per eccellenza di spaghetti e sughi. È una vera e propria macchina da guerra del “Made in Italy”, capace di generare oltre 4,8 miliardi di euro di fatturato annuo, non solo per merito dei rigatoni.
Dietro il suo logo blu, familiare come la tovaglia a quadretti della nonna, c’è un impero industriale familiare che dura da quattro generazioni e da quasi 150 anni. Dal primo panificio aperto a Parma nel 1877 a oggi, Barilla è diventata una multinazionale da 8.700 dipendenti e 30 stabilimenti nel mondo, con una presenza in più di 100 Paesi. Numeri che fanno girare la testa, considerando che stiamo parlando (soprattutto) di farina, acqua e un po’ di sale.
Ma come fa un’azienda che produce pasta e biscotti a macinare miliardi e a crescere costantemente da anni? E come fa a restare competitiva in un mercato sempre più affollato, più attento alla sostenibilità e con l’incognita dei dazi di Trump?
Quanto fattura Barilla: numeri, strategie e prospettive
Il gruppo Barilla nel 2024 ha chiuso i conti con un fatturato di 4,883 miliardi di euro e un utile netto di 112 milioni, dimezzato rispetto ai 238 milioni del 2023. Ma attenzione: il calo non racconta una debolezza del business quanto piuttosto un incremento del carico fiscale, passato da 13 milioni di euro nel 2023 a un’imposizione effettiva di 131 milioni nel 2024. Questo cambio di passo è legato all’assenza di eventi fiscali straordinari favorevoli, presenti l’anno precedente, e agli oneri derivanti dalla complessa operazione di riorganizzazione societaria completata nel corso dell’anno.
Il risultato ante imposte, infatti, è rimasto stabile: i 273 milioni di euro confermano una redditività operativa ancora solida. L’Ebitda è salito a 537 milioni di euro (Ebitda Margin all’11%), un livello competitivo rispetto ai grandi gruppi internazionali del food. Anche la posizione finanziaria netta è migliorata sensibilmente, passando da un attivo di 57 milioni a 210 milioni di euro, a dimostrazione della capacità di Barilla di generare cassa e di autofinanziare i propri piani di sviluppo, senza ricorrere all’indebitamento.
A supporto di questa strategia, nel luglio 2024 il gruppo ha attivato una nuova linea di credito revolving da 500 milioni di euro (espandibile fino a 800 milioni), che al 31 dicembre risultava ancora inutilizzata.

La crescita del gruppo potrebbe tuttavia essere frenata dai dazi commerciali imposti dall’amministrazione Trump. Circa un quarto del fatturato arriva infatti dagli USA, dove i suoi marchi sono amatissimi. Nel 2024 i dazi doganali hanno pesato per 12.347 euro sul totale dei costi, meno dello 0,3%. Ma l’applicazione di dazi al 20% sui prodotti agroalimentari potrebbe ridurre i margini nel corso del 2025.
E a proposito di marchi, Barilla non è solo Barilla. Nella sua scuderia ci sono brand come Mulino Bianco, Gran Cereale, Harrys, Wasa, Filiz, Pasta Evangelists, Tolerant e Catelli. Pasta, ma anche pane, fette biscottate, cracker, biscotti e cereali da colazione. Un paniere che rende l’azienda un vero colosso del food globale.
© RIPRODUZIONE RISERVATA