Quanto ci è costata ItsArt, la Netflix italiana (che non esiste)

Luna Luciano

24 Giugno 2022 - 23:01

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ItsArt si è rivelata essere una pessima idea: la piattaforma streaming definita la Netflix Italiana chiude in perdita. Ecco quanto è ci è costata.

Quanto ci è costata ItsArt, la Netflix italiana (che non esiste)

Una chimera. Tale si è rivelata essere la piattaforma digitale ItsArt, proposta e sostenuta dal ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini. Pubblicizzata come la “Netflix italiana”, la piattaforma avrebbe dovuto essere il mezzo per promuover ad arte la “cultura italiana”.

Peccato che in realtà ItsArt si sia rivelata un vero e proprio vicolo cieco. A dar prova del fallimento sono i dati di bilancio dell’anno 2021, chiuso in perdita: la piattaforma avrebbe perso infatti circa la metà della liquidità di cui disponeva. Un terribile remake del flop di Verybello, il portale web ideato per promuovere nel mondo e specialmente sui mercati del turismo gli eventi culturali organizzati durante Expo, un binario morto anche quello, specialmente a causa dei numerosi errori strategici come la sola presenza della lingua italiana.

La piattaforma non solo chiude in perdita ma ha avuto ricavi irrisori. Di fatto è come se ItsArt non esistesse. Davanti all’ennesimo fallimento nella promozione della cultura italiana, è naturale quindi che gli utenti si domandino quali siano le criticità e quanto ItsArt sia costata agli italiani. Ecco tutto quello che c’è da sapere.

ItsArt, cos’è e perché ha fallito la “Netflix italiana”

Che ItsArt si sia rivelata una chimera non c’è ormai alcun dubbio. Dopo la crisi del settore della Cultura a causa del lockdown, l’idea del ministro Franceschini era quella di creare una piattaforma digitale pubblica, a pagamento, la quale potesse offrire a tutta Italia e a tutto il mondo l’offerta culturale del nostro paese. La Netflix Italiana - come l’ha spesso chiamata il ministro Franceschini - si è rivelata una vera delusione. Lo dimostrano i dati del bilancio del 2021, primo anno di attività della piattaforma digitale: circa la metà della liquidità della piattaforma è andata persa, e i ricavi sono stati irrisori. È opportuno cercare di comprendere perché la piattaforma si sia rivelata un altro flop dei progetti del ministro Dario Franceschini.

L’idea ambiziosa si è dimostrata fin da subito poco solida, come dimostrato dall’avvicendarsi di ben tre amministratori delegati in un anno, ultimo designato Andrea Castellari. Eppure ciò che è mancato a ItsArt è stata una chiara strategia industriale. Al di là delle difficoltà nel capire chi avrebbe dovuto finanziare la crescita, più complicato è cercare di capire quale fosse il modello e quale fosse l’offerta.

Oltre a questi errori strutturali bisogna infine considerare il livello dei prezzi, decisamente fuori mercato, rispetto la concorrenza delle piattaforme streaming. Basti pensare che i costi mensili di una piattaforma streaming - per un catalogo ricco e variegato - sono equivalenti al prezzo di un paio di contenuti di ItsArt. Infatti il solo spettacolo Le divine donne di Dante di Neri Marcorè costa 4,99 euro, se lo si vuole noleggiare per 28 giorni, con 48 ore di tempo per terminare la visione una volta iniziata, mentre il piano standard di Netflix costa 7,99 euro al mese.

ItsArt in perdita: quanto è costata agli italiani?

I numeri dei conti e dei dati di bilancio non mentono: ItsArt si è rivelato un vero flop, l’ennesimo collezionato dal ministro Franceschini.

Il bilancio del 2021 di ItsArt, controllata da Cassa depositi e prestiti e dalla piattaforma Chili, ha registrato la perdita di 7,5 milioni di euro nel corso del primo anno, dimezzando di fatto la propria liquidità. L’impresa è infatti decollata con circa 15 milioni di euro. ItsArt, società co-fondata da Stefano Parisi, che prima del 2020 aveva registrato otto bilanci consecutivi in rosso, ha quindi chiuso l’anno in perdita.

In una chiusura disastrosa pesano i costi di produzione pari a 7,7 milioni di euro, impiegati per i servizi (5 milioni), per i beni (1 milione) e per il personale (900mila euro). Il vero problema però sono i ricavi: irrisori. Di fatto ItsArt come se non esistesse: i ricavi sono stati di 245mila euro in otto mesi di attività. Ricavi che - come spiegato da il Foglio - sono divisi in:

  • 140mila euro, i soldi effettivamente spesi dagli utenti;
  • 105 mila euro ricavati dalle operazioni di “cambio merce” con altre aziende.

Eppure la società ha sottolineato come tale perdita “appaia compatibile con la fase di start-up che ha caratterizzato il primo anno di esercizio”. Parole che non giustificano comunque il tremendo flop, che ha avuto un costo per gli italiani. Oltre ai 6 milioni investiti dalla piattaforma Chili, ItsArt è costata agli italiani circa 16,5 milioni di euro: 6,5 milioni di euro versati da Cdp (Cassa Depositi e Prestiti) e altri 10 milioni dal ministero dei Beni culturali grazie al decreto Rilancio.

Soldi mal spesi a questo punto. E nonostante la società insista sulla necessità di investire in pubblicità e il marketing, è importante riconoscere che per tale operazione sono necessarie risorse che al momento non ci sono.

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