Ecco quanti soldi guadagna un detenuto in carcere in Italia nel 2024, quanti detenuti lavorano e quali sono le mansioni più diffuse.
Anche se si parla di scontare una pena, la detenzione negli istituti penitenziari in Italia è motivata principalmente dal fine di rieducare chi ha commesso un reato. L’obiettivo è reintrodurre il detenuto nella società, affinché ne faccia parte nell’interesse proprio e della collettività, rispettando la legge e contribuendo anche allo sviluppo economico. Per questo motivo, nelle carceri italiane ai detenuti può essere concesso di lavorare, compatibilmente con le esigenze della detenzione.
Il lavoro per i detenuti assolve anche a una seconda importante funzione, ossia permettere loro di far fronte alle spese quotidiane per la permanenza in carcere. Non si parla soltanto delle necessità extra, ma anche della quota addebitata a ogni detenuto per “alimenti e corredo”. Per queste ragioni far lavorare i detenuti è, quando possibile, fondamentale in un istituto penitenziario.
Ma vi siete mai chiesti quanti soldi guadagna un detenuto in carcere in Italia nel 2024? Il compenso non è arbitrario, è fissato con precisione dalla legge. Anticipiamo che la remunerazione dei lavoranti non ha nulla a che vedere con il lavoro di pubblica utilità, che è a titolo volontario e gratuito e, solo in certi casi, ammette un contenuto rimborso spese.
Quanto guadagnano i detenuti in carcere in Italia
La legge sull’ordinamento penitenziario (legge n. 354/1975) interviene anche per quanto riguarda la retribuzione dei detenuti che prestano attività lavorativa e prevede due diversi parametri di valutazione. Quando il detenuto lavora direttamente per conto dell’amministrazione penitenziaria (il carcere è il datore di lavoro) la remunerazione deve essere pari a due terzi di quanto stabilito dalla contrattazione collettiva, in base al tipo di lavoro e all’orario svolto.
Facciamo un esempio, supponendo che l’amministrazione penitenziaria si affidi per la stessa mansione a un lavoratore esterno e a un detenuto, con il presupposto che entrambi svolgano le medesime ore di lavoro. Se al primo sono riconosciuti 1.000 euro al mese, il detenuto ne percepisce poco meno di 670.
In questo modo si crea una disparità tra i lavoratori esterni e quelli reclusi, ma non si tratta di una discriminazione o di un effetto involontario, bensì di una scelta voluta. Così, infatti, l’amministrazione penitenziaria è incentivata ad assumere i detenuti in virtù del costo minore, con i relativi risvolti positivi. Pur non mancando le polemiche sullo sfruttamento del lavoro dei detenuti, è considerato un interesse prioritario che siano produttivi, poiché questo permette loro di partecipare attivamente al percorso di rieducazione e fronteggiare le spese, oltre a poter accedere più facilmente (ma sempre al rispetto di determinati requisiti) a misure alternative.
Non a caso, se il detenuto viene assunto da un datore di lavoro terzo deve percepire la stessa remunerazione (al pari di ore di lavoro, mansione e quant’altro) di un cittadino libero. Le aziende esterne, sia pubbliche che private, non subiscono comunque gli stessi costi rispetto all’assunzione di un lavoratore libero, poiché usufruiscono di alcuni sconti contributivi e fiscali.
I benefici, estesi per un periodo variabile dopo la scarcerazione a seconda dei casi, hanno nuovamente lo scopo di promuovere l’assunzione dei detenuti, ma in questo caso soprattutto quello di favorirne l’inserimento nella società (allontanandoli dalla criminalità) una volta fuori dal carcere.
Un altro parametro utile per capire quanto può percepire un detenuto in Italia - e anche perché il lavoro è tanto importante - riguarda le spese trattenute dallo stipendio: spese processuali, risarcimenti dovuti alle vittime o all’istituto di pena per eventuali danni e così via. Dallo stipendio viene sottratta anche la spesa di mantenimento: 108,60 euro al mese (112,22 euro per i mesi di 31 giorni).
Quanti detenuti lavorano (e che lavoro fanno)
Secondo i dati del ministero della Giustizia i detenuti in Italia svolgono principalmente queste mansioni all’interno delle strutture penitenziarie:
- lavoro domestico, ossia gestione dell’istituto (facchinaggio, pulizie, consegna dei pasti, manutenzione e similari);
- lavoro industriale necessario al fabbisogno degli istituti nazionali (sarti, falegnami, fabbri e tipografi ad esempio);
- lavoro agricolo, quando il carcere ha colonie o tenimenti agricoli, per specializzazioni come l’apicoltura, la mungitura e così via.
Ovviamente, il presupposto di partenza è quello di favorire la produzione destinata all’autoconsumo e in particolare al sostentamento dell’istituto penitenziario stesso. Tenendo conto anche delle tipologie di impiego, la retribuzione massima a cui può ambire un detenuto è di circa 600 euro al mese nella migliore delle ipotesi, a cui sottrarre le spese sopracitate.
Quanto al numero di detenuti impiegati, un rapporto relativo al 2022 parla del 29,2% della popolazione detenuta, di cui il 4% impiegato presso aziende esterne.
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