Il prezzo del petrolio si riporta sopra i 50 dollari e il prezzo della benzina lo segue a ruota. Cosa devono aspettarsi i consumatori adesso?
Il prezzo del petrolio si è riportato sopra l’agognata soglia dei 50 dollari a barile e i recenti rialzi fanno temere nuovi rincari per i consumatori.
Molto spesso, soprattutto quando si parla di aumento, il prezzo della benzina viaggia di pari passo con il prezzo del petrolio. All’aumentare dell’uno, insomma, sale anche l’altro.
La stessa relazione è meno evidente quando parliamo invece di un calo del prezzo del petrolio, al quale non sempre corrisponde una discesa della benzina a causa delle accise previste dalla legge italiana. Ciò significa che il rapporto tra greggio e benzina non è puro e sempre rintracciabile.
Ora che il prezzo del petrolio si è riportato sopra i 50 dollari, ora che la crisi in Venezuela rischia di spingere ancor più in alto la quotazione, quali saranno le conseguenze dei rialzi per i consumatori?
L’andamento attuale del petrolio
Nel momento in cui si scrive il prezzo del petrolio sta frenando rispetto al rally intrapreso nei giorni scorsi. Mentre il Brent sta scendendo dello 0,62% mantenendosi però sempre su quota 51,56 dollari, il WTI (-0,71%) è tornato poco sopra i 48 dollari a barile (aggiornamento ore 09:15).
Il nuovo calo del petrolio è stato determinato dagli ultimi dati sulle scorte di greggio statunitensi pubblicati ieri dall’API. Dopo gli inaspettati crolli della scorsa settimana, le giacenze hanno deluso le attese degli analisti (a -2,9 milioni) evidenziando un aumento di 1,779 milioni di barili al 28 luglio.
Tutti gli occhi saranno puntati oggi sui dati EIA che nel pomeriggio forniranno nuove indicazioni sulle giacenze e potrebbero anche determinare rinnovate pressioni sul prezzo del petrolio.
I livelli tecnici da monitorare sul WTI
Sul fronte rialzista, la soglia psicologica dei 50 dollari continua a identificarsi come una resistenza critica da abbattere, oltre la quale si aprirebbe la porta prima a $51,01 e poi a $52 (massimo del 25 maggio 2017).
Sul fronte ribassista, invece, i prossimi livelli di supporto per il prezzo del petrolio sono posizionati a $47,85, $46,40 e infine a $45 (soglia psicologica).
Cosa aspettarsi? Il sondaggio CNBC
Secondo un recente sondaggio compiuto dalla CNBC su un gruppo di 21 strategist, economisti e trader, il prezzo del petrolio continuerà a mantenersi al di sotto dei 50 dollari al barile durante l’attuale trimestre.
Questo perché gli sforzi OPEC volti a riequilibrare il mercato continueranno ad essere messi in discussione dall’onnipresente produzione di shale americano. C’è comunque da sottolineare come lo stesso Cartello stenti molto spesso ad osservare lo storico accordo di Vienna di novembre (a luglio la produzione è aumentata).
“Gli sforzi per riportare in alto il prezzo del petrolio hanno incoraggiato i produttori USA a pompare ancor più greggio in un mercato già caratterizzato da un eccesso di offerta.
I bulls del mercato sono convinti che la tendenza sia in fase di cambiamento dato che la produzione americana sta mostrando segni di livellamento. Il prezzo medio del Brent sarà di $50 al barile nel trimestre luglio-settembre”.
È quanto emerso dalla già citata indagine della CNBC.
4 previsioni sul petrolio
Le previsioni degli esperti in merito al futuro andamento del prezzo del petrolio continuano ancora oggi a non mostrarsi concordi. Per alcuni il greggio riuscirà a guadagnare ampio terreno entro la fine dell’anno, mentre per altri le importanti soglie di $60 e $70 non saranno più raggiungibili. Cosa aspettarsi?
#1 - Ubs
Per i suddetti analisti, il prezzo tornerà a salire nei prossimi mesi in virtù di un aumento della domanda che supererà di gran lunga anche la produzione (e dunque l’offerta). Da Ubs vedono un Brent a $60 nei prossimi 6 mesi nello scenario base. In quello più negativo lo vedono a 35-40 dollari, e in quello più ottimale a 65-70 dollari al barile.
#2 - Morgan Stanley
Produzione libico-nigeriana in crescita e prime crepe interne all’OPEC: sono questi due elementi a spingere gli analisti a prevedere un petrolio sui 46-50 dollari fino alla metà del prossimo anno.
#3 - Société Générale
Più ottimisti, invece, gli analisti di Société Générale che hanno previsto nuovi aumenti del prezzo del petrolio derivanti dalla crisi in Venezuela e dal deprezzamento del dollaro, oltre che dal riequilibrio del mercato. Le previsioni sono di $50 nel terzo trimestre 2017, di $52,5 nel quarto e di $52 alla fine del 2017. Nel 2018 la quotazione salirà a 54 dollari.
#4 - Bofa-Merrill Lynch
La loro view è ribassista e si basa sulla lentezza nell’implementazione dell’accordo OPEC di Vienna oltre che sull’aumento della produzione americana. Per il terzo trimestre si prevede un Brent a 47 dollari, per il quarto si stimano 50 dollari e per la chiusura del 2017 ancora 50 dollari. Per il 2018 si prevedono invece 52 dollari al barile.
Il problema Venezuela
Ora che si è finalmente riportata sopra l’agognata soglia dei $50 al barile sono in molti a temere un nuovo tracollo della quotazione, ma sono sempre in molti ad aver individuato nel Venezuela una nuova fonte di guadagno per il prezzo del petrolio.
Che cosa sta succedendo e perché la situazione ha imposto un’azione immediata da parte degli Stati Uniti di Donald Trump? Le elezioni per l’Assemblea costituente venezuelana sono state fortemente volute dal presidente Nicolas Maduro, da sempre tacciato di voler instaurare un regime palesemente dittatoriale.
Quella che avrebbe dovuto svolgersi come un’accesa tornata elettorale si è presto trasformata in un bagno di sangue che ha spinto gli USA a comminare nuove sanzioni e a mettere in dubbio il futuro andamento dello stesso prezzo del petrolio.
Le proteste sono state represse con la violenza, il numero dei morti è cresciuto giorno dopo giorno e gli Stati Uniti hanno immediatamente minacciato nuove sanzioni, tramutatesi ora in realtà.
L’entità delle sanzioni al Venezuela
Le elezioni per la costituente venezuelana sono state considerate illegittime in più parti del mondo, specialmente negli USA, da dove il ministro del Tesoro Steven Mnuchin ha dichiarato:
“Le elezioni illegittime in Venezuela hanno confermato che Maduro è un dittatore che non ha alcun rispetto per la volontà del popolo.”
La conseguenza? Ogni asset, sia esso posseduto o venduto dal presidente venezuelano, sarà ufficialmente congelato.
Fino ad ora la strada intrapresa dal governo USA è stata quella delle sanzioni ad personam, contro Maduro e contro i funzionari dell’amministrazione venezuelana. Il problema è che sul tavolo delle discussioni a Washington ha fatto il suo ingresso anche il tema delle sanzioni energetiche che potrebbero portare ad un nuovo rally del prezzo del petrolio.
Gli USA hanno già minacciato di non comprare più il greggio del Venezuela, Paese seduto su alcune delle più grandi riserve di oro nero del mondo. Ogni giorno gli Stati Uniti comprano dal Paese di Maduro 740 mila barili di greggio e sono proprio queste cifre a far temere le possibili conseguenze di un embargo, non solo sul prezzo del petrolio ma sulla stessa popolazione venezuelana, ormai allo stremo delle forze.
Le conseguenze delle sanzioni
Secondo Goldman Sachs le suddette sanzioni al Venezuela avranno come conseguenza immediata una riorganizzazione sistematica dei flussi di greggio da e per il Paese. Tutto ciò, però, non dovrebbe andare a ripercuotersi in maniera evidente sul prezzo del petrolio che intanto si è stabilizzato e ha trovato sostegno sopra la soglia dei 50 dollari a barile.
L’impatto delle sanzioni USA sul Venezuela di Maduro dovrebbe pertanto essere limitato, il che significa che laddove non compariranno rinnovate pressioni ribassiste il prezzo del petrolio potrebbe continuare a salire, senza rally ma con ovvi rincari dal punto di vista dei consumatori.
Come abbiamo già avuto modo di osservare negli ultimi giorni, i rialzi che hanno riportato il greggio sopra quota $50 si sono già tradotti in un aumento del prezzo della benzina. Vale comunque la pena di ricordare ancora una volta che il rapporto tra petrolio e benzina non è sempre di proporzionalità diretta, soprattutto in Italia.
Le sanzioni al Venezuela hanno fatto prevedere limitazioni alla capacità di esportazione di greggio del Paese, il che si è andato a ripercuotere positivamente sulla quotazione di greggio.
Malgrado l’ottimismo iniziale, però, gli analisti sono convinti che l’impatto delle stesse sanzioni non sarà particolarmente evidente sul settore energetico in generale. In altre parole, non saranno il Venezuela e la sua crisi a determinare il futuro andamento del prezzo del petrolio.
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