Petrolio e oro potrebbero essere i vincitori di questa nuova crisi

Alessandro Nuzzo

21 Giugno 2025 - 15:30

In uno scenario instabile con le crescenti tensioni in Medio Oriente a vincere la partita potrebbero essere petrolio e oro, sempre più beni rifugio.

Petrolio e oro potrebbero essere i vincitori di questa nuova crisi

La situazione in Medio Oriente continua a essere incandescente. Dopo il conflitto in corso tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza, un nuovo fronte si è aperto con l’Iran, dopo che Tel Aviv ha attaccato Teheran, ritenuta colpevole di essersi spinta troppo oltre sul nucleare.

Il sospetto, anche in assenza di prove certe, è che l’Iran stia intensificando la ricerca nucleare per dotarsi di una bomba atomica: uno scenario considerato inaccettabile. Il risultato è una nuova guerra che si combatte nei cieli, con il reciproco lancio di missili e droni esplosivi diretti a colpire obiettivi sensibili. A farne le spese, però, è anche la popolazione civile, con decine di vittime, bambini compresi.

Una nuova guerra genera sempre instabilità anche sull’economia internazionale, soprattutto in una zona del pianeta dove l’esportazione di petrolio ha un ruolo dominante. La principale minaccia riguarda il blocco dello Stretto di Hormuz, attraverso cui transita circa un terzo del petrolio trasportato via mare a livello globale. Un’interruzione delle esportazioni potrebbe avere pesanti ripercussioni sui mercati internazionali di riferimento e, di conseguenza, causare un aumento del costo del greggio.

Alcuni giorni fa, l’esponente iraniano Ehsan Khandouzi ha scritto su X: «A partire da domani, per cento giorni, nessuna petroliera o nave gasiera potrà passare dallo Stretto (di Hormuz, ndr) senza l’approvazione dell’Iran».

Rischio petrolio a 100 dollari al barile

Un blocco prolungato dello Stretto di Hormuz avrebbe effetti immediati sui prezzi del petrolio e sui mercati azionari. Sebbene l’Iran esporti circa 1,6 milioni di barili al giorno, altri produttori come l’Arabia Saudita hanno la capacità di compensare parzialmente l’interruzione dell’offerta. Il rischio è che questa decisione possa far schizzare il prezzo del petrolio fino a 100 dollari al barile nel giro di pochi giorni.

Oltre al crollo delle esportazioni, pesa anche la speculazione finanziaria di chi approfitta del momento. Un dato certo è che ogni volta che si verifica una tensione internazionale, il mercato globale reagisce, influenzando il comportamento degli investitori. In questo contesto di instabilità, oro e petrolio si confermano sempre più come beni rifugio in cui trincerarsi per evitare perdite.

Il timore di un’impennata inflazionistica potrà essere contenuto solo dalle decisioni che le banche centrali prenderanno nelle prossime settimane.

La guerra mette in pericolo anche l’export italiano

Il conflitto nella regione del Golfo non comporta solo evidenti rischi energetici, ma rappresenta anche una minaccia più sottile e insidiosa per l’economia globale e, in particolare, per quella italiana. Il boom dell’export italiano verso i Paesi del Golfo, che nel 2024 ha registrato crescite record negli Emirati Arabi Uniti (+19%) e in Arabia Saudita (+30%), è stato fondamentale per bilanciare i forti cali in mercati chiave come Cina, Germania, Francia e Stati Uniti.

Senza la spinta dei petrodollari mediorientali, l’export italiano rischia un brusco rallentamento. Tuttavia, l’instabilità nello Stretto di Hormuz e nel Mar Rosso sta già compromettendo i traffici commerciali.

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