Perché la Fed (non il Medio Oriente) sta influenzando il prezzo del petrolio?

Violetta Silvestri

22/05/2024

La Fed sembra orientare il prezzo del petrolio più delle dinamiche del Medio Oriente in questo momento. Perché il greggio è in calo e cosa c’entra la banca centrale Usa?

Perché la Fed (non il Medio Oriente) sta influenzando il prezzo del petrolio?

Il prezzo del petrolio estende le perdite con un calo anche dell’1% negli scambi di mercoledì 22 maggio.

Per il terzo giorno consecutivo il greggio è arretrato, sulla scia delle aspettative che la Federal Reserve potrebbe mantenere i tassi di interesse statunitensi più alti per un periodo più lungo a causa dell’inflazione sostenuta, con un potenziale impatto sull’uso di carburante nel più grande consumatore mondiale.

Proprio le mosse della banca centrale Usa, con le dirette conseguenze su consumi, crescita economica e forza del dollaro, stanno influenzando le quotazioni dell’oro nero. Gli investitori che osservano con una certa apprensione il Medio Oriente, infatti, hanno visto che finora l’impatto della guerra Israele-Hamas e delle vicende interne iraniane è stato molto debole. Il rischio geopolitico sull’offerta di petrolio per adesso è piuttosto basso.

La Federal Reserve, invece, è al centro dell’attenzione del settore petrolifero e può impattare sul prezzo del greggio con le sue decisioni future.

C’è un effetto Fed sul prezzo del petrolio

La debolezza delle quotazioni Brent e WTI, che scambiano rispettivamente a 82 dollari al barile e a circa 78 dollari al barile, entrambe in calo alle ore 12.00 del 22 maggio, trova spiegazione più negli Usa che in Medio Oriente.

Innanzitutto occorre sottolineare che i prezzi del petrolio sono scivolati alla notizia dell’aumento delle scorte di petrolio greggio e benzina negli Stati Uniti la scorsa settimana, secondo fonti di mercato che citano martedì i dati dell’American Petroleum Institute (API). Gli analisti si aspettavano un calo.

I mercati fisici del greggio si sono indeboliti e, altro segno che la preoccupazione per una disponibilità limitata e tempestiva si sta attenuando, il premio del contratto del Brent del primo mese rispetto al secondo, noto come Backwardation, è vicino al livello più basso da gennaio. Nel gergo tecnico, quando un mercato è in Backwardation (condizione in cui i prezzi correnti (a pronti) di beni o di altre attività superano il valore atteso dei prezzi futuri) è più probabile che le aziende energetiche ritirino il petrolio dai depositi e lo utilizzino ora piuttosto che aspettare che i prezzi scendano in futuro.

Il greggio, dunque, risulta piuttosto indebolito. Ma non tanto dalle dinamiche mediorientali, finora piuttosto ininfluenti. In realtà, è la Fed che sta maggiormente orientando il mercato del petrolio.

Lunedì alcuni funzionari hanno dichiarato di attendere ulteriori segnali di calo dell’inflazione prima che la banca centrale possa iniziare a tagliare i tassi di interesse. Due alti funzionari della Fed hanno affermato di non essere ancora pronti a dire che le tendenze dell’inflazione si stanno nuovamente spostando in modo sostenibile verso l’obiettivo del 2% della banca centrale, riflettendo dopo che i dati della scorsa settimana hanno mostrato un allentamento delle pressioni sui prezzi al consumo in aprile.

Tassi di interesse più bassi ridurrebbero i costi di finanziamento per consumatori e imprese, il che potrebbe stimolare la crescita economica e la domanda di petrolio. Al contrario, costi di finanziamento più elevati possono rallentare la crescita economica ed esercitare pressioni sulla domanda di petrolio.

Gli investitori quindi attendono i verbali dell’ultimo incontro politico della Fed e, dopo i dati API, gli ultimi dati ufficiali sulle scorte petrolifere statunitensi forniti dalla Energy Information Administration (EIA) più tardi mercoledì.

“I verbali del Federal Open Market Committee (FOMC) saranno esaminati per la valutazione della Fed sull’inflazione irregolare del primo trimestre e per indizi sui tempi e sulla portata dei potenziali tagli dei tassi di interesse nel 2024”, hanno affermato gli analisti dell’ANZ in un rapporto.

Qualsiasi dettaglio offrirà anche prospettive al petrolio. Al contrario, al momento non sembrano esserci all’orizzonte driver decisivi dal Medio Oriente per il settore petrolifero. Il mercato appare sempre più insensibile agli sviluppi sul fronte geopolitico, probabilmente a causa della grande quantità di capacità inutilizzata su cui l’OPEC si trova secondo Warren Patterson, responsabile della strategia sulle materie prime presso ING.

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