Pensioni, taglio dell’assegno con il bonus busta paga: l’incentivo Quota 103 conviene?

Simone Micocci

25 Settembre 2023 - 09:28

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Pensioni, al via l’incentivo per chi resta al lavoro nonostante la possibilità di accedere a Quota 103. Ma in quali casi conviene?

Pensioni, taglio dell’assegno con il bonus busta paga: l’incentivo Quota 103 conviene?

L’Inps con la circolare n. 82 del 2023 ha fornito le istruzioni operative per godere del bonus busta paga che la legge di Bilancio 2023 riconosce a quei lavoratori che pur soddisfando i requisiti per l’accesso a Quota 103 decidono di restare al lavoro.

Un incentivo che pur meritando di attenzione potrebbe non essere conveniente come si potrebbe pensare visto che per chi gode del bonus in busta paga scatta una penalizzazione sulla pensione futura.

La ragione sta tutta nel funzionamento dell’incentivo che prevede un taglio dell’aliquota contributiva che grava sul lavoratore, la quale viene completamente azzerata. Un po’ come per lo sgravio contributivo che si applica nei confronti di chi ha una busta paga inferiore a 2.692 euro: la differenza è che in questo caso è l’Inps a farsi carico della parte di contributi mancanti mentre per l’incentivo legato a Quota 103 non è previsto l’accredito, con un taglio quindi del montante contributivo e ripercussioni sulla pensione futura.

Cos’è il bonus busta paga legato a Quota 103

Contestualmente all’introduzione di Quota 103 come misura alternativa di accesso alla pensione, il governo ha anche introdotto un incentivo per coloro che pur soddisfando i requisiti per poter smettere di lavorare in anticipo decidono di rimandare l’accesso alla pensione.

A tal proposito, ricordiamo che Quota 103 consente il pensionamento una volta che la somma di età anagrafica e dei contributi maturati dà come risultato 103. Esistono però dei minimi: l’età deve essere almeno di 62 anni, i contributi almeno 41 anni.

Ebbene, chi matura questi requisiti d’ora in avanti avrà davanti a sé tre diverse possibilità:

  • andare in pensione in anticipo;
  • continuare a lavorare versando contributi utili per incrementare la pensione futura;
  • continuare a lavorare percependo il bonus in busta paga riconosciuto dall’incentivo ma rinunciando a una parte di contributi utili alla pensione futura.

L’incentivo, infatti, prevede che l’aliquota contributiva che solitamente grava sul lavoratore dipendente venga completamente azzerata e l’importo equivalente dovrà essere riconosciuto dal datore di lavoro direttamente in busta paga.

Considerando quindi che su un’aliquota del 33% il 9,19% è a carico del lavoratore mentre il 23,81% del datore di lavoro, ne risulterà un sostanzioso risparmio in busta paga. Va detto che nel caso dei dipendenti pubblici il vantaggio in busta paga sarà più limitato, visto che per loro l’aliquota contributiva è pari all’8,80%.

Il bonus Quota 103 per chi ritarda la pensione conviene?

È sempre complicato rispondere alle domande sulla convenienza di uno strumento, visto che come più volte abbiamo spiegato ci sono notevoli variabili che possono incidere. Può succedere che una soluzione conveniente per un lavoratore non lo sia per un altro e viceversa.

Dovete essere voi a valutare quale delle tre ipotesi suddette è la migliore per voi: potreste avere bisogno di andare in pensione in anticipo e quindi in tal caso potreste sfruttare Quota 103, oppure di un aumento dello stipendio e quindi ricorrere all’incentivo. O ancora preferite garantirvi una pensione d’importo adeguato e per questo motivo non avete intenzione di ricorrere né all’una né all’altra misura.

Per prendere una decisione dovete però sapere che godendo dell’incentivo avrete sì un aumento immediato della busta paga ma dovrete anche rinunciare a una parte di pensione. Si potrebbe pensare a una sorta di “è meglio un uovo oggi che una gallina domani”, ma va detto che l’effetto sulla pensione futura non è così rilevante come si potrebbe credere.

Pensiamo ad esempio a uno stipendio annuo lordo di 40.000 euro, per il quale oggi il lavoratore, con aliquota del 9,19%, versa 3.676 euro di contributi (mentre degli altri 9.524 euro se ne fa carico il datore di lavoro).

Godendo dell’incentivo ne risulterebbe un risparmio mensile di 282,76 euro circa: il che non significa che l’intero importo si riversa sulla busta paga visto che bisognerà calcolare la maggiore Irpef dovuta, ma si tratta comunque di un aumento considerevole.

Allo stesso tempo, però, sul montante contributivo si versano 3.676 euro di contributi, il che comporterà una riduzione della pensione futura. Ma di quanto? Mettiamo che il lavoratore in questione vada in pensione a 67 anni, con un coefficiente di trasformazione quindi del 5,72%: per ogni anno in cui avrà goduto dell’incentivo andrà a perdere 210,26 euro di pensione, quindi appena 16 euro lordi ogni mese.

Letto così quindi l’incentivo resta comunque come molto conveniente, visto che il taglio della pensione è più basso rispetto all’incremento della busta paga: in questo caso, quindi, sarebbe più opportuno chiedersi se “è meglio una gallina oggi piuttosto che un uovo domani”. Una risposta che nella maggior parte dei casi dovrebbe far propendere per la prima soluzione, ma come anticipato molto dipende anche dalle proprie preferenze personali.

E per chi già gode dello sgravio contributivo?

Come anticipato, oggi per le buste paga inferiori a 2.692 euro - 35 mila euro l’anno - si applica uno sgravio contributivo che già va a ridurre l’aliquota contributiva che grava sul lavoratore.

Nel dettaglio, nel momento in cui scriviamo, lo sgravio è del 7% per chi ha una busta paga fino a 1.923 euro (25 mila euro l’anno in prospettiva) e del 6% per chi è nella fascia 1.924-2.692 euro.

In tal caso godendo dell’incentivo riconosciuto dalla Quota 103 ne risulterebbe:

  • un risparmio complessivo in busta paga comunque del 9,19%, ma con una differenza di appena il 2,19% o 3,19% (a seconda che si stia godendo dello gravio del 6 o del 7%) rispetto a quanto si sta già percependo grazie allo sgravio;
  • un mancato accredito nel montante contributivo del 2,19% o 3,19% (a seconda dei casi) della retribuzione lorda percepita;
  • un 6% o un 7% di contributi che in ogni caso viene accreditato dall’Inps.

In questo caso, quindi, il vantaggio in busta paga è più limitato, visto che ad esempio su un assegno di 30.000 euro ci sarebbe un incremento di appena 957 euro l’anno, 73 euro lordi mensili, così come comunque sarà limitato l’effetto sulla pensione futura.

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