La nuova legge di Bilancio azzera in pratica ogni possibilità di pensionamento anticipato. Le donne sono le più penalizzate.
La legge di Bilancio 2025 di fatto smantella le misure per il pensionamento anticipato, come Opzione Donna e Quota 103. A denunciarlo è la CGIL, che sottolinea come i più penalizzati saranno donne, lavoratrici con figli e chi ha carriere discontinue. A rivelare questo graduale smantellamento sono i numeri, che parlano chiaro e mostrano un arretramento del sistema previdenziale.
Se nel 2023 erano state 36.012 le persone che avevano potuto accedere alla pensione anticipata grazie a Opzione Donna e Quota 103 (all’epoca ancora 102), oggi, con la legge di Bilancio attuale, la possibilità è praticamente azzerata.
Il 2023 è stato l’anno migliore che ha offerto una via d’uscita anticipata dal lavoro a chi lo desiderava. Negli anni successivi, però, i requisiti sono stati progressivamente ristretti, rendendo sempre più difficile lasciare il lavoro prima dell’età di vecchiaia, anche per chi aveva accumulato decenni di contributi.
Secondo i dati della CGIL, la misura Opzione Donna ha registrato un crollo delle domande del 75,29% tra il 2023 e il 2025: erano 12.763 nel 2023, oggi sono appena 2.900.
Sebbene molte delle pensioni liquidate nel 2024 e nel 2025 derivino ancora dai requisiti precedenti, dal 2026 l’azzeramento sarà pressoché totale, sancendo la fine di una misura che aveva rappresentato una valvola di uscita importante per migliaia di lavoratrici.
Le cose non vanno meglio per Quota 103
Anche Quota 103 ha subito modifiche strutturali con l’introduzione del ricalcolo contributivo integrale.
Questo meccanismo ha ridotto l’importo mensile dell’assegno, rendendo di fatto poco conveniente l’uscita anticipata per la maggior parte dei lavoratori. I numeri confermano una tendenza al ribasso preoccupante e, secondo i sindacati, destinata a peggiorare.
Se nel 2023 le domande di pensione anticipata erano state 36.012, nel 2024 sono scese a 19.652, per poi calare ulteriormente nel 2025 a sole 8.900, secondo i dati previsionali di quest’anno.
Il taglio colpisce in modo particolare le donne, che nel 2023 rappresentavano quasi la metà delle uscite anticipate (48,5%), considerando sia Opzione Donna sia Quota 103.
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Per esempio, una donna nata nel 1964, che nel 2022 aveva già maturato 35 anni di contributi e avrebbe potuto accedere a Opzione Donna, dovrà ora lavorare almeno altri sette anni per ottenere la pensione anticipata (prevista con 42 anni e 3 mesi di contributi nel 2029), oppure attendere otto anni e cinque mesi per la pensione di vecchiaia, fissata a 67 anni e 5 mesi, in base all’aumento legato alla speranza di vita.
«Il governo ha cancellato del tutto Opzione Donna, l’unica misura, seppur parziale, che permetteva a molte lavoratrici di scegliere se lasciare il lavoro prima. Dopo averla già snaturata, alzando i requisiti e limitandola ai soli casi di fragilità o assistenza familiare, ora l’ha eliminata senza proporre alcuna alternativa», ha commentato Lara Ghiglione, segretaria confederale CGIL.
Per il sindacato servirebbe una riforma strutturale del sistema previdenziale che preveda:
- il riconoscimento del valore del lavoro di cura svolto dalle donne;
- la considerazione delle carriere discontinue e dei redditi più bassi;
- l’introduzione di nuove forme di flessibilità in uscita;
- la garanzia di equità, dignità e sostenibilità per tutte le lavoratrici e i lavoratori.
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