Pause lavoro, quando spettano per legge e durata

Simone Micocci

29 Febbraio 2024 - 11:43

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Quante pause lavoro spettano in una giornata di 8 ore? E di pausa pranzo? Ecco cosa dice la legge a riguardo e quando la pausa va retribuita.

Pause lavoro, quando spettano per legge e durata

Le pause lavoro sono l’intervallo di tempo che intercorre durante l’orario di lavoro in cui il dipendente sospende le attività al fine di recuperare energie. Pause che è bene sottolineare non sono generalmente retribuite, salvo diverse disposizioni indicate dal contratto collettivo di riferimento.

Il riconoscimento delle pause lavoro può dipendere da una serie di fattori:

  • dall’orario di lavoro, ad esempio per chi lavora 8 ore al giorno;
  • dalle mansioni svolte, ad esempio nel caso dei videoterminalisti, ossia di chi lavora al computer per gran parte della giornata.

Anche le fonti normative possono variare. La legge, infatti, indica una durata minima della pausa lavoro, stabilendo i casi in cui deve essere riconosciuta; tuttavia anche i contratti collettivi possono intervenire a riguardo, riconoscendo un trattamento di maggior favore al dipendente.

Fatte le dovute premesse, possiamo vedere quando, o ogni quanto, spettano le cosiddette pause, da quella comunemente conosciuta come pausa caffè o quella per il consumo dei pasti, nonché qual è la durata.

Ogni quanto spetta la pausa lavoro

Come anticipato, concorrono alla disciplina delle pause da una parte la legge nazionale, in attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE, dall’altra i Ccnl di categoria. Secondo il decreto legislativo 66/2003, ogni lavoratore, se la sua giornata lavorativa eccede le 6 ore, ha diritto a beneficiare:

“Di un intervallo per pausa, le cui modalità e la cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro, ai fini del recupero delle energie psicofisiche e dell’eventuale consumazione del pasto anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo.”

Spetta quindi una pausa per chi lavora 6 ore, così come per chi ne lavora di più (ad esempio 8 ore al giorno).

Generalmente la durata della pausa è di 10 minuti continuativi, ma i contratti collettivi, come pure gli accordi individuali, possono intervenire per ampliare, e mai ridurre, tale periodo. Quindi, la pausa può essere più lunga di 10 minuti e mai più corta.

I periodi di pausa - cioè di astensione dal lavoro - non sono retribuiti dal datore di lavoro (a norma dell’articolo 8 del decreto legislativo 66/2003) a differenza delle soste di forza maggiore, ad esempio quelle legate ai bisogni fisiologici.

Durata della pausa caffè

Quanto detto significa che la classica “pausa caffè” tra colleghi non potrebbe avere una durata superiore ai 10 minuti continuativi, salvo se diversamente previsto dal contratto. Ciò non toglie che sul posto di lavoro potrebbero essere applicate consuetudini “più permissive”, con il datore di lavoro che tacitamente acconsente a pause un po’ più lunghe.

Durata della pausa pranzo

Il decreto 66/2003 non fa esplicito riferimento alla pausa pranzo che, al contrario, potrebbe essere prevista e normata nei Ccnl o - più comunemente - dai contratti individuali.

In genere, dura un’ora e serve a “spezzare” la giornata lavorativa in due: mattina e pomeriggio. In alcuni casi, la pausa pranzo dura anche 2 ore, ma questo dipende da come siano distribuite le 6 o le 8 ore di lavoro giornaliero. Spetta al datore di lavoro dare indicazioni sulla fascia oraria in cui è possibile fruire della pausa pranzo (generalmente non prima delle 13 e dopo le 15).

La pausa pranzo è un diritto dei lavoratori e, in nessun caso, può essere eliminata, nemmeno dietro un aumento salariale o altri benefit concordati con il dipendente.

Tale principio è ribadito nella circolare n. 8/2005 del Ministero del Lavoro.

La pausa dei videoterminalisti

Merita una trattazione a parte la pausa dei videoterminalisti, cioè coloro che svolgono la propria attività usando un’attrezzatura con videoterminale per 20 ore o più alla settimana.

A essi spetta una pausa di 15 minuti ogni 120 minuti trascorsi davanti al computer (si veda l’articolo 175 del Dlgs 81/2008).

Secondo costante orientamento della Corte di cassazione, i 15 minuti non devono per forza sussistere in astensione totale dal lavoro ma si possono svolgere altre mansioni che non prevedono l’utilizzo del videoterminale, ove presenti. Le attività “alternative” spesso sono indicate direttamente nei Ccnl e, se mancano, possono essere stabilite dal datore di lavoro.

Se non ci sono mansioni diverse dall’utilizzo del computer, i 15 minuti ogni 2 ore dovranno essere di pausa totale dal lavoro.

Questo periodo, però, non è da considerarsi espressamente come di riposo: si può trattare anche di un semplice cambio di attività, che consente quindi al lavoratore di allontanarsi momentaneamente dal videoterminale.

Quando le pause devono essere retribuite

Come visto sopra, generalmente la pausa lavoro non è retribuita rientrano nell’ambito del periodo di riposo (non ricompreso nell’orario di lavoro). Come spiegato dalla Corte di Giustizia Ue, infatti, i due periodi si escludono reciprocamente:

  • come orario di lavoro va inteso il periodo in cui il lavoratore svolge le proprie mansioni restando a disposizione del datore;
  • il periodo di riposo è quello in cui il lavoratore non si trova nella suddetta situazione.

Per rientrare nel periodo di riposo, e non essere retribuita, durante la pausa lavoro il dipendente deve gestire liberamente le proprie attività, senza essere vincolato alle decisioni del datore di lavoro.

Diversamente, come spiegato nella sentenza n. C-107/19 del 9 settembre 2021, laddove durante la pausa il dipendente deve essere pronto a intervenire, restando di fatto a disposizione del datore di lavoro, questa va considerata come orario di lavoro e come tale retribuita.

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