Patto di attivazione digitale, cos’è, chi deve farlo e come inviarlo

Simone Micocci

19 Dicembre 2023 - 14:52

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Patto di attivazione digitale (Pad), guida allo strumento che sblocca il pagamento dell’Assegno di inclusione (e del Supporto formazione lavoro). Ecco chi deve farlo, quando e cosa succede dopo.

 Patto di attivazione digitale, cos’è, chi deve farlo e come inviarlo

Il Patto di attivazione digitale (Pad) è quel passaggio obbligato tanto per il Supporto formazione lavoro (bonus 350 euro) quanto per il nuovo Assegno di inclusione (Adi).

Con il Patto di attivazione digitale la persona (nel caso del Sfl) e il nucleo familiare (per l’Adi) rendono note quelle informazioni necessarie ai fini di avviare il giusto percorso di accompagnamento al lavoro o di inclusione sociale.

A seconda dei casi, infatti, a seguito della sottoscrizione del Patto di attivazione digitale si può essere presi in carico o dal centro per l’impiego oppure dai servizi sociali del Comune.

In particolare in questi giorni, con l’avvio delle domande per il nuovo Assegno di inclusione che di fatto rappresenta il nuovo Reddito di cittadinanza, sono in molti a chiedersi chi deve sottoscrivere il Patto di attivazione digitale, quando e come fare, nonché cosa succede in seguito. Facciamo chiarezza a riguardo, anche perché è bene specificare che senza prima aver firmato il Patto di attivazione digitale l’Assegno di inclusione non viene pagato.

Chi deve sottoscrivere il Patto di attivazione digitale

Come specificato dalla circolare Inps n. 105 del 16 dicembre, ai fini del riconoscimento del beneficio economico dell’Assegno di inclusione il richiedente dopo aver presentato domanda (in autonomia dall’area MyInps o attraverso caf e patronati) deve effettuare l’iscrizione presso il SIISL - Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa - e sottoscrivere il Patto di attivazione digitale del nucleo familiare.

Possiamo quindi subito rispondere alla domanda su chi deve fare il Patto di attivazione digitale: a doversene occupare per tutta la famiglia è colui che fa domanda per l’Assegno di inclusione (anche nel caso in cui il beneficio venga individualizzato e pagato personalmente in base alla quota pro capite spettante).

Dove sottoscrivere il Patto di attivazione digitale

Come già specificato, il Patto di attivazione digitale va sottoscritto sulla piattaforma SIISL gestita dal ministero del Lavoro. Come prima cosa bisogna quindi inviare la domanda per il beneficio, dopodiché va effettuata la registrazione in piattaforma (accesso autorizzato con Spid o credenziali Cie) e compilato il patto con il quale il richiedente della prestazione:

  • fornisce e certifica i contatti (numero di telefono o mail) da utilizzare per la convocazione da parte dei servizi. Convocazione che arriva anche tramite la piattaforma;
  • autorizza la trasmissione dei dati relativi alla domanda, con riferimento ai componenti che risulteranno attivabili al lavoro, ai centri per l’impiego, alle agenzie per il lavoro e agli enti autorizzati all’attività di intermediazione, nonché ai soggetti accreditati ai servizi per il lavoro;
  • si impegna a presentarsi al primo appuntamento presso i servizi sociali entro 120 giorni dalla sottoscrizione del patto di attivazione digitale, al fine di identificare i bisogni del nucleo familiare nel suo complesso e dei singoli componenti.

Quando sottoscrivere il Patto di attivazione digitale

Il PAD può essere sottoscritto immediatamente al termine della procedura per l’invio della domanda di Assegno di inclusione (si viene direttamente reindirizzati sulla nuova piattaforma SIISL) oppure in un secondo momento.

Non c’è una scadenza: quel che è importante sapere è che l’eventuale sostegno economico dell’Assegno di inclusione decorre dal mese successivo a quello in cui è stato sottoscritto il PAD (e ovviamente inviata la domanda).

Cosa succede dopo la firma del Patto di attivazione digitale

Come anticipato, con il Patto di attivazione digitale i dati riferiti al nucleo familiare vengono inviati agli operatori che si occuperanno di affiancare i singoli componenti nel percorso di accompagnamento al lavoro o di inclusione sociale.

Il primo passaggio è quello che prevede la presa in carico del nucleo familiare da parte dei servizi sociali del Comune di residenza per l’analisi dei componenti con bisogni complessi. Ne seguirà l’attivazione di un percorso personalizzato di inclusione sociale e lavorativa per ogni singolo componente.

La comunicazione relativa all’appuntamento solitamente viene inviata entro 120 giorni dall’invio del PAD; in assenza di convocazione sarà invece la famiglia a doversi spontaneamente presentare, in caso contrario il beneficio è sospeso fino a quando non ci sarà l’effettiva presa in carico.

La valutazione, è bene sottolineare, riguarda tutti i componenti del nucleo, esclusi quelli occupabili di età compresa tra i 18 e i 59 anni in quanto sono esclusi dal parametro di scala e pertanto non sono da considerare beneficiari dell’Assegno di inclusione (questi possono comunque fare domanda per il Supporto per la formazione e il lavoro, sottoscrivendo così un Patto di attivazione digitale individuale).

Tra tutti gli altri, invece, bisognerà distinguere tra i componenti del nucleo familiare maggiorenni che esercitano la responsabilità genitoriale, non già occupati e non frequentanti un regolare corso di studi, e che non abbiano carichi di cura, i quali sono tenuti all’obbligo di adesione e alla partecipazione attiva a tutte le attività formative, di lavoro, nonché alle misure di politica attiva individuate nel progetto di inclusione sociale e lavorativa. In tal caso, quindi, vanno rispettati tanto gli obblighi del Patto di inclusione sociale quanto quelli previsti dal percorso di attivazione lavorativa avviato in affiancamento con il centro per l’impiego.

Sono invece esclusi dagli obblighi relativi alle politiche attive, ai quali comunque possono aderire volontariamente, ma non dagli obblighi indicati dal Patto di inclusione:

  • i beneficiari dell’Adi titolari di pensione diretta o che hanno compiuto i 60 anni;
  • i componenti con disabilità;
  • i componenti affetti da patologie oncologiche;
  • i componenti con carichi di cura, valutati con riferimento alla presenza di soggetti minori di 3 anni di età di 3 o più figli minori di età, ovvero di componenti il nucleo familiare con disabilità o non autosufficienza;
  • componenti inseriti nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere e le donne vittime di violenza, con o senza figli, prese in carico da centri antiviolenza riconosciuti dalle regioni o dai servizi sociali nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere.

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