"Non ho più bisogno di lavorare”. Così alcune persone riescono ad andare in pensione prima dei 40 anni

Ilena D’Errico

16 Luglio 2025 - 21:15

Ecco come fanno a smettere di lavorare prima dei 40 anni e perché non tutti ci riescono.

Per alcuni lavoratori la pensione sembra non arrivare mai, mentre altri non vogliono rinunciare al lavoro per nulla al mondo e continuano a lavorare finché possono. C’è poi un’altra categoria, formata da persone che riescono ad andare in pensione prima dei 40 anni. Un obiettivo che molti condividono, ma solo in pochi riescono a raggiungere. Probabilmente sono ancor meno quelli disposti a fare gli stessi sacrifici, che spesso vanno ben oltre l’immaginabile.

Di fatto, i lavoratori che riescono in quest’impresa ambiziosa possono essere divisi in due categorie molto diverse tra loro. C’è chi punta a guadagni elevati e rendite passive, appartenendo così a una cerchia ristretta di cittadini che riescono a ottenere risultati tanto eccezionali da non avere più bisogno di lavorare in giovane età. Altri, con cui è in qualche modo più facile fare il paragone per le persone comuni, si basano principalmente sul risparmio.

Tuttavia, non si tratta di un risparmio ordinario, ma di una vera e propria limitazione completa delle spese quotidiane, che è perenne. Si risparmia il più possibile lavorando per mettere via la parte principale del proprio reddito e poi si continua a rispettare un budget rigoroso affinché il gruzzoletto sia sufficiente. Questa strategia viene da un vero e proprio movimento, il frugalismo, che dagli Stati Uniti si è allargato in Germania e ancor di più in Francia. Non si tratta di una novità, ma i sostenitori di questo stile di vita sono cresciuti esponenzialmente dopo la pandemia e oggi, nel pieno del dibattito pensionistico, attirano ancora più attenzione.

Come fanno ad andare in pensione prima dei 40 anni

Negli ultimi giorni in Francia non si parla d’altro, decine e decine di cittadini che smettono di lavorare prima dei 40 anni ritenendo di non averne più bisogno. Buona parte di queste persone riesce a raggiungere questa sorta di pensione anticipata (che ovviamente non dà accesso ad alcun trattamento, il sostentamento viene unicamente dai risparmi dei cittadini) dedicandosi interamente a una vita frugale. Il dibattito, infatti, si concentra principalmente sul danno economico per la nazione, fortunatamente limitato per il momento.

I “frugalisti” arrivano infatti a risparmiare anche dal 40% all’80% del proprio reddito da lavoro per poi ritirarsi appena ne hanno l’occasione o, per meglio dire, quando raggiungono la somma prefissata. Quest’ultima è comunque molto lontana dalla spesa media di un cittadino, anche escludendo qualsiasi forma di lusso o costo accessorio. Queste persone si trasferiscono di solito in campagna, cercano di procurarsi le provviste alimentari con l’agricoltura e abbandonando grande parte della vita moderna. Pochi vestiti, da riutilizzare e rammendare, tutto dosato e calibrato accuratamente, perfino le saponette, per non sforare dal budget.

Davvero non hanno più bisogno di lavorare?

Una vita più semplice e genuina, ma mortificante sotto più punti di vista e, a prescindere dalla soddisfazione personale, deleteria per la crescita della società. Limita il danno proprio il numero relativamente basso di persone disposte a tale scelta, mentre molti altri si dedicano ad alternative più produttive. Investimenti e rendite immobiliari sono i canali di preferenza per chi punta a un pensionamento precoce, per quanto la loro gestione non implichi mai un effettivo stop a 360 gradi.

Ci sono poi molti cittadini che si tengono a un livello intermedio, semplificando la propria vita con qualche guadagno extra e una gestione più parsimoniosa del denaro, senza però poter rinunciare del tutto al lavoro. Tra i pensionamenti precoci qualcuno annovera anche gli b e gli autori/artisti, ma per queste persone il lavoro è tutt’altro che finito, seppur non convenzionali. Il fenomeno del frugalismo, invece, comporta un rigido distacco dal lavoro e dalla collettività, evidenziando un profondo malessere. Il lavoro è visto come un impedimento, una fonte di stress e sacrificio continui, deumanizzanti e immotivati. È la spia di un problema sociale, prima ancora di quello economico, che viene aggravato dagli ambienti e dalle condizioni di lavoro.

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