Il riconoscimento dell’Unesco premia un settore che genera 707 miliardi di euro, con 4 milioni di occupati e export in crescita verso i 100 miliardi.
L’inserimento della cucina italiana nella lista del Patrimonio Immateriale dell’Umanità dell’Unesco rappresenta un riconoscimento formale ma anche sostanziale di un comparto che ha un peso centrale nell’economia del Paese. La filiera agroalimentare allargata, che comprende produzione agricola, industria di trasformazione, ristorazione e distribuzione, genera infatti un fatturato complessivo di 707 miliardi di euro, arrivando a incidere per oltre il 30% del prodotto interno lordo nazionale (PIL).
Il settore poggia su una struttura ampia e diffusa: circa 700.000 imprese agricole, 70.000 industrie alimentari, 330.000 attività di ristorazione e 230.000 punti vendita al dettaglio, che complessivamente garantiscono lavoro a 4 milioni di persone. In questo contesto, l’Italia mantiene la leadership europea anche per valore aggiunto agricolo, con oltre 42 miliardi di euro nel 2024, e si distingue per una produttività di quasi 3.000 euro per ettaro, circa il doppio rispetto a quella francese.
Come ha sottolineato Ettore Prandini di Coldiretti, “il cibo è la prima ricchezza nazionale”: una definizione che trova riscontro concreto nei numeri e nella capacità del comparto di generare valore lungo tutta la filiera. [...]
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