In Cina i consumi crescono in maniera consistente in nicchie emotive e accessibili, come tè, giocattoli e oro, non nei settori sperati da Pechino.
Sono anni, almeno un decennio, che la Cina vorrebbe rendere i consumi interni il cuore pulsante della propria economia. Non è ancora riuscita a farlo in maniera sufficiente al punto da poter relegare in secondo piano altri pilastri economici come il commercio – Pechino resta una potenza manifatturiera ed esportatrice – e le infrastrutture – costruire strade, ponti e aeroporti, tanto in patria quanto all’estero, ha aiutato il gigante asiatico ad accelerare.
Oggi, archiviata la stagione del boom alimentato dal settore immobiliare, ci sono altre molle che consentono al gigante asiatico di spiccare il volo: l’innovazione di qualità, e quindi il comparto hi-tech - che comprende semiconduttori, intelligenza artificiale, veicoli elettrici, telecomunicazioni - le energie rinnovabili e le tecnologie legate al green. Non, appunto, i consumi interni.
La situazione oltre la Muraglia, come ha notato il Wall Street Journal, è però a dir poco paradossale. Già, perché se da un lato le difficoltà economiche hanno reso i consumatori cinesi restii a spendere, dall’altro lato gli abitanti del secondo Paese più popoloso del mondo non ci pensano due volte quando devono acquistare bambole Labubu, gioielli d’oro e bubble tea. Insomma, parliamo sempre di consumi che aumentano ma non proprio nei termini che avrebbe sperato il Partito Comunista Cinese. [...]
Accedi ai contenuti riservati
Navighi con pubblicità ridotta
Ottieni sconti su prodotti e servizi
Disdici quando vuoi
Sei già iscritto? Clicca qui
© RIPRODUZIONE RISERVATA