Intelligenza artificiale, una rivoluzione iniziata con la voce

Dario Colombo

21/03/2023

24/04/2023 - 12:29

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Tutto è nato con la voce, perché vogliamo usare dispositivi che ci capiscano. Ma ora la rivoluzione dell’intelligenza artificiale va abbinata alla vera cultura del dato e all’utilizzo etico.

Intelligenza artificiale, una rivoluzione iniziata con la voce

La svolta definitiva, quella che oggi è la rivoluzione dell’intelligenza artificiale è iniziata con l’avvicinamento fra persone e tecnologia determinato dagli assistenti vocali e prima ancora dagli smartphone: è con la voce che le persone hanno capito di poter avere un rapporto con le macchine.
Ne è convinto Federico Neri, Director AI & Data di Deloitte, che abbiamo intervistato in previsione della AI Week 2023, a cui parteciperà come relatore.

Abbiamo parlato con lui di intelligenza artificiale consapevoli che il ruolo centrale dell’intelligenza artificiale per le attività di consulting e per i progetti risale senz’altro a prima del boom globale di ChatGPT, cercando di capire quali saranno i livelli successivi, quelli che seguiranno l’attuale fase dello stupore e che riguarderanno il modo di fare azienda e anche se avremo una strong AI, ossia una intelligenza artificiale che replica le funzioni umane come ragionamento, pianificazione e risoluzione dei problemi.

Il caso pratico dell’automated journalism è sul già sul tavolo, pronto a farci capire come cambia il lavoro.

Deloitte è intenta da tempo a sfruttare la potenza dell’analisi, dell’automazione e dell’intelligenza artificiale per gestire le relazioni fra enormi quantità di dati. La democratizzazione dell’AI generativa sta cambiando qualcosa?

ChatGPT e, prima di lui, gli assistenti virtuali come Google Assistant, Bixby, Siri o Alexa hanno avvicinato la tecnologia alle persone, hanno rotto la barriera che da sempre separa l’uomo dalle macchine.
Coinvolto nello sviluppo di applicazioni per l’analisi e comprensione automatica del linguaggio sin dai primi anni 90, ho sempre pensato che queste tecnologie potessero avere un impatto dirompente sul business, come nella vita pratica delle persone; che il mercato potesse esplodere da un momento all’altro.
Di anno in anno ho pensato, da inguaribile ottimista, che l’anno successivo sarebbe stato quello decisivo. Ma è solo con la diffusione degli smartphone e dei relativi assistenti vocali che si è avuta l’accelerazione necessaria.
Le persone hanno iniziato a usare la voce per interrogare i loro dispositivi o attivarne le diverse funzionalità. Si è iniziato con lo smartphone, si è proseguito poi con il tablet, lo smartwatch, con gli earbudds, il televisore o anche il frigorifero.
Così è nata la rivoluzione: le persone hanno iniziato a dare per scontato che i computer potessero interpretare il ragionamento dell’uomo. Hanno iniziato ad interrogare Google formulando le loro richieste in linguaggio naturale, rifiutandosi di piegarsi alla logica di funzionamento delle macchine, aborrendo l’uso di keyword combinate in logica booleana.
Quando poi Google e gli altri big player del settore hanno reso pubblici i loro modelli ed i loro approcci algoritmici, rendendoli liberamente accessibili in forma open source, si è avuta un’ulteriore accelerazione, con soluzioni di intelligenza artificiale possibili oggi disponibili a costi realmente democratici, sostenibili anche da piccole realtà aziendali o da singole persone.

Un’azienda italiana come può definire una strategia di intelligenza artificiale in termini di percorso di trasformazione di dati in insight, applicazione, misurabilità?

In Deloitte proponiamo il modello della Insight Driven Organization (IDO) per accompagnare le aziende nella loro trasformazione digitale, perché possano valorizzare i loro dati nel processo decisionale attraverso l’intelligenza artificiale e le analitiche.
Nelle IDO l’analisi dei dati non è una attività spot, con una data di inizio ed una di fine, ma un processo integrato che supporta in ogni istante il processo decisionale delle differenti Business Unit.
Per trasformare le aziende in IDO, avviamo con loro un percorso graduale, che parte da un assessment iniziale basato su sei pillar: la strategia (che cosa significa per l’azienda diventare una IDO e qual è il miglior modello operativo per supportare i suoi obiettivi?); le persone, gli attori del cambiamento (in azienda, ci sono le persone giuste, nel posto giusto, al momento giusto, pronte a intraprendere le azioni giuste?); il processo (abbiamo progettato un processo end-to-end in cui possiamo identificare con precisione le attività?); la logica (abbiamo la capacità di sviluppare algoritmi giusti per supportare il processo decisionale?); i dati (abbiamo dato delle linee guida chiare per raccogliere i dati utili?); la tecnologia (abbiamo costruito un’infrastruttura tecnologica e un’architettura in grado di supportare una vision a lungo termine?).
L’assessment rappresenta il punto di partenza dell’IDO Lab, il laboratorio disegnato da Deloitte, facilitatore del cambiamento. Nel laboratorio si innesca la rivoluzione culturale in azienda: si lavora sugli aspetti in cui l’azienda è più debole, perseguendo l’interazione osmotica tra l’esperto di dominio e le persone coinvolte in azienda.
Usando metodi di insegnamento basati sulla collaborazione e sull’esperienza più che sulla lezione frontale, avviando sessioni di design thinking, generiamo idee e consenso al cambiamento. L’IDO Lab diventa il laboratorio e il promotore del cambiamento.
L’intelligenza artificiale e la cultura del dato vengono fatti propri, nel concreto, dall’azienda e dai suoi stakeholder.

L’idea di arrivare ad avere una strong AI, ossia una forma di intelligenza artificiale che replica le funzioni umane come ragionamento, pianificazione e risoluzione dei problemi fa ancora parte del contesto attuale?

Come Deloitte preferiamo il cambiamento per piccoli passi alla rivoluzione epocale. Siamo infatti convinti che sia necessario accompagnare le aziende in un processo d trasformazione graduale. Solo facendo misurare i reali benefici portati dall’intelligenza artificiale, liberando, ad esempio, le persone da task ripetitivi e gravosi, potendone così mettere in cui luce la professionalità, si genera il consenso necessario perché il cambiamento sia accettato in azienda da tutti gli stakeholder, dagli impiegati come dagli executive.

Deloitte è una società di consulting e quindi di talenti, di conoscenza, di saper fare dei suoi componenti. Quanto conta l’intelligenza artificiale sulle persone? Che effetto sta producendo e produrrà in futuro?

In altri contesti mi capitava spesso di proporre ai miei clienti soluzioni altamente innovative che facevo fatica a veicolare internamente alla mia azienda di riferimento. In Deloitte è diverso: proponiamo soluzioni adottate da noi in primis, noi sempre la prima referenza di quanto proponiamo sul mercato. Ad esempio, usiamo l’intelligenza artificiale per organizzare al meglio il materiale documentale, rendendo disponibili strumenti di ricerca dei contenuti su,base semantica cross-lingua: le persone possono ricercare in linguaggio naturale, nella propria lingua, e trovare quanto sia di loro interesse, anche se scritto in lingue diverse da quella di interrogazione.
E per un’azienda presente in oltre 150 paesi, il poter navigare efficacemente sulle informazioni in forma indipendente dalla lingua rappresenta uno straordinario asset competitivo: ogni persona può così risparmiare oltre il 20% del suo tempo nel non dover riscrivere cose già fatte da altri.
Con l’intelligenza artificiale prepariamo le risposte alle gare; supportiamo i processi HR nel cogliere i suggerimenti, le aspettative disilluse o il malcontento delle persone attraverso survey che l’azienda somministra periodicamente ai suoi dipendenti.
Oltre a rilevare le informazioni veicolate in forma esplicita nelle risposte, con l’intelligenza artificiale cogliamo in queste la polarità del commento o lo stato emozionale delle persone; o anche il loro modo di essere, perché il modo di parlare o di scrivere ci descrive agli altri anche in termini valoriali.
Ad esempio, il fatto che io usi un congiuntivo o un condizionale mi descrive come una persona accogliente, magari più aperta di chi, assertiva, usa forme linguistiche ultimative.
L’analisi valoriale ci permette di leggere tra le righe del testo, di cogliere il non detto. È importante dire che, in queste analisi, si valuta sempre l’insieme delle persone, mai il singolo: le risposte sono sempre rigidamente anonimizzate. In Deloitte attraverso l’intelligenza artificiale si previene l’attrition, si valuta l’efficacia dei programmi HR e si persegue il benessere delle persone.

La grandezza dell’intelligenza artificiale sta nell’essere una metafora del secolare progresso umano, con la capacità che ha di mettere insieme temi tecnologici, economici, etici e normativi. Ne esiste uno che predomina? Qual è il suo pensiero al riguardo?

Negli ultimi anni, al centro dell’attenzione sono stati posti soprattutto gli aspetti tecnologici ed economici. Per Deloitte però l’aspetto etico non è mai stato secondario.
Per esempio, Deloitte ha disegnato e sviluppato la soluzione di Generative AI forse più disruptive degli ultimi anni.
È un sistema di automated journalism, in produzione ormai da più di un anno, adottato dall’agenzia di stampa più importante in Italia, quarta al mondo per influenza.
Prima di partire oltre due anni fa, ci siamo confrontati non solo con la governance aziendale, ma anche con la redazione giornalistica.
Sono state valutate le implicazioni etiche e l’impatto che il progetto avrebbe potuto avere sia sulla redazione, che sull’intera categoria dei giornalisti.
Ci siamo domandati che cosa sarebbe potuto accadere se fosse stato applicato in forma impropria.
Si è deciso di procedere per piccoli passi, in forma graduale, ponendo al centro comunque l’uomo. Oggi, con un algoritmo realmente innovativo, che migliora gli approcci descritti da Google, Facebook e OpenAI, ogni giorno produciamo più di 3.000 articoli giornalistici in automatico a partire da decine di migliaia di news prodotte in lingue diverse dalla nostra, clusterizzate in forma spontanea e descritte in forma riassuntiva astrattiva nella lingua e nel lessico della testata giornalistica.
La resa stilistica e contenutistica è davvero altissima, tanto che è difficile capire se l’articolo sia stato scritto da un giornalista o da un automa.
I giornalisti valutano poi se pubblicarlo, apportare alcune correzioni prima di procedere o cestinarlo perché non rilevante.
Il giornalista, quindi, rimane al centro del processo, con la sua capacità di raziocinio.
Il sistema AI lo supporta, proponendogli proposte di articolo per volumi di informazione che l’uomo semplicemente non sarebbe stato in grado di gestire.
È però chiaro che il settore debba essere normato, perché è impensabile che l’etica possa essere affidata alla sensibilità del singolo.
La Commissione Europea si è mossa quindi con l’AI Act, il primo testo legislativo che si propone di regolare una materia vastissima come l’intelligenza artificiale, già a partire dal 2021.
Dovremmo essere ora al capolinea di questo lungo iter legislativo.
Ed è per questo che Deloitte sta valutando le proprie soluzioni di intelligenza artificiale sul piano giuridico, sociale ed etico, in linea con quanto stabilito dall’AI Act, per poter poi effettuare questa valutazione anche sui propri clienti.
Spero che questo possa diventare uno standard anche per le altre aziende.

Federico Neri sarà speaker alla AI Week 2023 (dal 17 al 19 aprile online e il 20 e 21 aprile alla Fiera di Rimini).
Il business ticket costa 257 euro e il Vip ticket 397 euro, ma ci si può iscrivere e risparmiare il 20% sul pass utilizzando il codice sconto offerto da Money.it, MONEY20.

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