L’inflazione esploderà grazie alla Cina? Cosa può davvero accadere

Violetta Silvestri

16 Febbraio 2023 - 12:52

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La Cina, con la sua riapertura dopo il Covid, farà esplodere i prezzi globali? Con una inflazione già elevata ci si chiede se la domanda del dragone spingerà ancora i prezzi. I fattori da osservare.

L’inflazione esploderà grazie alla Cina? Cosa può davvero accadere

L’inflazione a livello globale riceverà un’ulteriore spinta dalla Cina?

La domanda si inserisce nell’attuale contesto economico mondiale, nel quale i prezzi al consumo hanno registrato un’impennata dal dopo-Covid in poi, con la guerra in Ucraina ad aggravare il peso inflazionistico a causa della rivoluzione energetica in corso.

Con il dragone in piena riapertura dopo le severe restrizioni per fermare i contagi della pandemia, il dubbio è se la domanda e i consumi in ripresa nella potente e popolosa nazione asiatica possano muovere verso l’alto i prezzi di materie prime e beni. Il ragionamento è che con una offerta - energetica soprattutto - limitata e una domanda che cresce, il divario si può trasformare in una esplosione dei prezzi.

L’allarme è stato lanciato, per esempio, dalla governatrice Bce Lagarde. Tuttavia, non tutti gli analisti concordano su questo ruolo di Pechino. Cosa aspettarsi, allora, sull’inflazione globale?

Effetto Cina sull’inflazione? L’analisi

Tra i tanti aspetti da valutare in questo delicato e complesso momento per l’economia globale c’è anche quello sull’impatto che può avere la Cina sull’inflazione globale. Perché preoccuparsi del rapporto dragone-prezzi in aumento?

Il punto è che, come sottolineato in una analisi su Reuters, la fabbrica più grande del mondo e la nazione più popolosa hanno riaperto completamente dopo tre anni, provocando un’impennata della domanda e timori su aggiunte alle pressioni inflazionistiche globali.

Il rapido smantellamento da parte della Cina di una politica zero-Covid molto severa è arrivato mentre le banche centrali globali affermano che gli aumenti dei tassi più rapidi di una generazione dovranno andare oltre per frenare l’aumento dei prezzi, alimentando le preoccupazioni che la domanda repressa cinese scatenerà un’altra ondata di inflazione.

Tuttavia, alcuni economisti non vedono alcuna sfida allarmante per i prezzi globali, indicando invece il nuovo progetto del presidente cinese Xi Jinping per l’autosufficienza, una prosperità più ampia e un’ideologia socialista come fattori di controllo su domanda e acquisti.

“Non credo che la ripresa o la riapertura della Cina causeranno un’inflazione globale significativa”, ha affermato Chi Lo, senior market strategist per l’Asia Pacifico presso BNP Paribas Asset Management.

È probabile che una ripresa sia focalizzata verso l’interno ed è improbabile che aumenti sostanzialmente lo yuan, riducendo le possibilità di spingere verso l’alto i prezzi all’esportazione o di aumentare i prezzi altrove, ha aggiunto.

Le preoccupazioni che la domanda cinese possa costringere la Federal Reserve americana e altre banche centrali ad aumentare ulteriormente i tassi “sono esagerate”, ha detto Lo. I gestori di portafoglio di BNP, per esempio, si stanno preparando per il rimbalzo della Cina nello stimolare il turismo regionale, ma non per l’aumento dei prezzi all’esportazione dei manufatti.

Il nodo materie prime: prezzi in rialzo con spinta cinese?

Anche nei mercati delle materie prime, dove la Cina è determinante per esempio per le quotazioni del minerale di ferro e del petrolio, visto che è il secondo maggiore consumatore mondiale, sono improbabili ulteriori forti aumenti dei prezzi dovuti alla riapertura.

I mercati dei metalli hanno già scontato una nuova domanda, con i futures sul rame che il mese scorso hanno superato il livello di $9.000 per tonnellata per la prima volta da giugno.

La vecchia spesa per le infrastrutture, fondamentalmente strade, ponti, aeroporti e porti ci sarà ancora in Cina, ma quel tipo di spesa non sarà una priorità nel prossimo decennio, ha detto Lo, che prevede solo un marginale vantaggio per le materie prime.

Si prevedono maggiori investimenti nella tecnologia, che sono meno intensi in termini di materie prime impiegate, ha aggiunto Lo.

La Cina ha anche beneficiato delle importazioni di petrolio russo a buon mercato e ha accumulato scorte, frenando la domanda di greggio come fonte di inflazione.

In generale, c’è quindi un cauto ottimismo sull’effetto dragone sui prezzi globali. Anche se, nell’ultimo bollettino Bce, la banca centrale è tornata a elencare la domanda cinese come un potenziale driver dei prezzi. Il tema è l’energia, con il mercato del Gnl, per esempio, più pressato dopo lo stop europeo al gas russo.

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