Accordo con l’Agenzia delle Entrate: 175 milioni di euro per chiudere il contenzioso fiscale sull’eredità di Marella Agnelli. L’intesa non implica ammissioni di colpa, ma l’inchiesta penale prosegue.
La dinastia Agnelli torna al centro delle cronache finanziarie e giudiziarie italiane. I fratelli John, Lapo e Ginevra Elkann, eredi diretti della storica famiglia torinese, hanno raggiunto un accordo con l’Agenzia delle Entrate per il pagamento di 175 milioni di euro. La somma, che comprende imposte non versate, sanzioni e interessi, chiude una lunga e complessa vicenda tributaria legata all’eredità di Marella Agnelli, vedova dell’Avvocato Gianni Agnelli, scomparsa nel 2019.
La definizione con il Fisco arriva dopo mesi di indagini e accese dispute legali che hanno coinvolto non solo i tre fratelli, ma anche professionisti di fiducia e membri della famiglia allargata. L’accordo, secondo quanto comunicato da un portavoce della famiglia, è stato raggiunto “senza alcuna ammissione neppure tacita o parziale della fondatezza delle contestazioni inizialmente ipotizzate” e risponde all’esigenza di “chiudere rapidamente e definitivamente una vicenda dolorosa sul piano personale e familiare”.
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L’inchiesta della Procura di Torino sull’eredità degli Agnelli
L’eredità di Marella Agnelli, figura centrale nella storia dello storico gruppo Fiat, ha rappresentato uno degli snodi più delicati nella gestione del patrimonio della famiglia. Alla sua morte, infatti, la suddivisione dei beni ha dato origine a una serie di controversie, sia tra gli eredi sia con le autorità fiscali italiane. Al centro dell’inchiesta della Procura di Torino vi è la presunta creazione di una residenza fittizia in Svizzera finalizzata, secondo l’accusa, a sottrarre all’imposizione fiscale italiana beni di grande valore.
La Procura ha ipotizzato che, attraverso una serie di “artifizi e raggiri”, i tre fratelli Elkann avrebbero cercato di evitare il pagamento della tassa di successione in Italia, spostando parte dell’eredità all’estero tramite trust offshore e altri strumenti finanziari sofisticati. Le indagini hanno portato, nel settembre 2024, al sequestro di beni per un totale di 74,8 milioni di euro, tra cui rendite vitalizie e quote societarie. Coinvolti nell’inchiesta anche il commercialista Gianluca Ferrero e un notaio svizzero, oltre agli stessi Elkann.
Gli avvocati della famiglia hanno sempre sostenuto la legittimità delle operazioni patrimoniali e la regolare dichiarazione dei beni ereditati, contestando la linea della Procura e negando l’esistenza di un “patrimonio occulto”.
L’accordo degli Elkann con l’Agenzia delle Entrate
Il cuore della questione riguarda le imposte di successione non versate sull’eredità di Marella Agnelli. Secondo quanto ricostruito dalle autorità, la presunta evasione sarebbe avvenuta attraverso la dichiarazione di una residenza all’estero, che avrebbe consentito di evitare la tassazione italiana su beni di grande valore. La cifra complessiva contestata, 175 milioni di euro, include non solo le imposte dovute ma anche le sanzioni e gli interessi maturati nel tempo.
Il pagamento di questa somma rappresenta una delle più alte transazioni mai registrate in Italia per un contenzioso di natura successoria. Fonti vicine agli Elkann sottolineano come l’accordo con l’Agenzia delle Entrate non costituisca una rinuncia a difendersi, ma sia stato scelto per “evitare un lungo contenzioso e restituire serenità alla famiglia”.
Secondo le dichiarazioni ufficiali, oltre 110 milioni erano già stati versati nei mesi scorsi, grazie anche alle garanzie offerte da istituti bancari nazionali ed esteri, mentre il saldo finale sarà corrisposto nelle prossime settimane.
175 milioni di euro per ottenere la messa in prova?
L’intesa raggiunta con il Fisco rappresenta certamente un punto di svolta nella vicenda, ma non chiude tutti i fronti aperti. L’inchiesta penale della Procura di Torino per presunta frode fiscale e truffa ai danni dello Stato resta infatti in corso. In particolare, la magistratura contesta agli Elkann e ai professionisti coinvolti la costruzione della falsa residenza svizzera e l’occultamento di patrimoni attraverso strumenti finanziari internazionali.
Con il pagamento dei 175 milioni, per John Elkann si apre ora la possibilità di richiedere la “messa in prova”, una misura alternativa al processo prevista dall’ordinamento penale italiano per alcuni reati tributari. Se accolta dal giudice, questa soluzione potrebbe prevedere lo svolgimento di lavori socialmente utili e, in caso di esito positivo, l’estinzione dei reati contestati senza ripercussioni sulle cariche aziendali dei protagonisti.
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