Il colosso cinese dell’e-commerce Temu vede i suoi profitti dimezzarsi nel primo trimestre 2025. Ecco cosa sta succedendo tra guerra commerciale, dazi USA e costi in aumento.
Arriva un duro colpo per Temu, la piattaforma di e-commerce controllata dal gruppo cinese PDD Holdings. I risultati finanziari del primo trimestre hanno evidenziato un crollo degli utili netti del 47% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, passando da circa 28 a 14,7 miliardi di yuan (da 3,4 a 1,8 miliardi di euro).
Nonostante una crescita dei ricavi del 10% su base annua, il rallentamento si è fatto sentire anche sul titolo in Borsa, con una perdita secca di quasi il 14% in una sola giornata e un clima di crescente sfiducia tra gli investitori.
Ma quali sono le cause di questa crisi improvvisa per uno dei player più aggressivi dell’e-commerce globale? Ecco i principali fattori che stanno mettendo alla prova il modello Temu.
Le cause principali del crollo Temu: dazi USA e guerra commerciale
Il principale fattore che ha eroso la redditività di Temu è il nuovo contesto internazionale, segnato dal riacutizzarsi delle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina. L’amministrazione Trump, tornata alla Casa Bianca, ha infatti imposto nuovi dazi sulle importazioni cinesi e, soprattutto, ha eliminato la cosiddetta “de minimis exemption”. Questa misura, fino a pochi mesi fa, permetteva ai colossi del fast fashion e dell’e-commerce come Temu di spedire milioni di pacchi di basso valore negli USA senza pagare dazi doganali. La sua abolizione ha avuto un impatto immediato e pesantissimo sui margini di profitto della piattaforma, costretta a rivedere la propria strategia di prezzi ultra-competitivi.
I dati, infatti, parlano chiaro: nel primo trimestre 2025, i ricavi di PDD Holdings (la holding di Temu) sono cresciuti solo del 10%, il ritmo più lento dal 2022, mentre l’utile operativo è crollato del 38% e quello netto addirittura del 47%. La società ha dovuto aumentare del 43% le spese di marketing e supporto ai merchant per cercare di mantenere la quota di mercato e sostenere i venditori colpiti dai nuovi dazi, ma questo ha ulteriormente compresso i margini operativi.
Il risultato è stato un brusco calo della redditività, con gli analisti che ora temono ulteriori ribassi se la situazione commerciale non dovesse migliorare nei prossimi mesi.
Un modello di business sotto pressione
Se la guerra commerciale rappresenta la miccia che ha fatto esplodere la crisi, le difficoltà di Temu affondano le radici anche in fattori strutturali, specie in un momento di rallentamento della domanda e aumento dei costi, in cui il modello di business, basato su prezzi bassissimi e volumi elevati, mostra tutti i suoi limiti.
In più la concorrenza nel settore del fast fashion e dell’e-commerce è sempre più agguerrita, con player come Shein e Amazon pronti a erodere quote di mercato, mentre la pressione regolamentare da parte di Europa e USA si fa sempre più stringente, soprattutto su temi come la trasparenza fiscale e la qualità dei prodotti.
A complicare il quadro, c’è anche il rallentamento dell’economia cinese, con consumi interni in calo e una crisi immobiliare che pesa sulla fiducia dei consumatori.
Gli analisti di JPMorgan, infatti, hanno recentemente tagliato le stime sugli utili futuri di PDD Holdings, avvertendo che la redditività potrebbe restare sotto pressione almeno per tutto il 2025, a meno di una svolta nei negoziati commerciali tra USA e Cina o di una rapida ripresa dei margini operativi.
La stessa dirigenza del gruppo ha ammesso che “i risultati finanziari continueranno a riflettere l’impatto degli investimenti sostenuti” per supportare merchant e consumatori, lasciando intendere che la fase di compressione dei profitti non è destinata a risolversi nel breve periodo.
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