Allarme gas radon: il piano pensato 18 anni fa è scomparso. Ora la Campania legifera

Erasmo Venosi

16/10/2019

18/10/2019 - 07:28

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Il gas radon è la seconda causa di neoplasia nel Paese. Il piano elaborato quasi vent’anni fa è scomparso, ma la Campania sta legiferando

Allarme gas radon: il piano pensato 18 anni fa è scomparso. Ora la Campania legifera

Un ritardo di 18 anni ma alla fine la legge regionale della Campania porta il numero 13 è dell’8 luglio scorso e riguarda la misurazione obbligatoria di radon negli esercizi pubblici e privati ubicati a piano terra o interrati.

Correva l’anno 2001 e sulla G.U. numero 276 del 27 novembre 2001 (serie generale) veniva pubblicato il Piano Nazionale Radon, elaborato dal Ministero della Salute.

Si leggeva nel piano, che dal lontano 1988 l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro dell’OMS aveva iniziato a considerarlo come cancerogeno accertato. Si leggeva nel Piano che diverse agenzie nazionali ed internazionali attribuivano l radon una frazione rilevante di tumori polmonari.

In Italia erano stimati tra 1500 e 6000 casi l’anno su 30 mila attribuibili al radon. Di quel Piano non si è saputo più nulla! La legge regionale campana potrebbe rappresentare il detonatore per l’attuale Governo e soprattutto per il Ministro della Sanità e credo anche per quello dell’Ambiente.

Nel Piano di 18 anni fa si leggeva che molti paesi del Nord Europa e negli Stati Uniti già dagli anni 80 si erano adottate politiche sanitarie volte alla riduzione del rischio radon.

Esistono in natura varie forme di gas radon (isotopi ovvero elementi della stesa specie, che contengono più semini chiamati neutroni) circa 26 tipologie di radon indicate con il simbolo chimico del radon seguito dal numero, che esprime la massa atomica e variano tra Rn 199 e Rn 226.

Solamente tre di questi isotopi, si trovano in natura: il Radon 222 che deriva dall’uranio contenuto nella crosta terrestre, il toron 220 che deriva dal torio e l’attinon 219. Attinon e toron “vivono pochissimo” ovvero alcuni secondi mentre il radon “vive” alcuni giorni.

Quando un elemento radioattivo si trasforma spontaneamente in un altro elemento che ha minore energia parliamo di decadimento radioattivo o di radioattività. Questo decadimento avviene seguendo 4 modi diversi di “vomitare” energia, che dipende dalla “coabitazione” dentro il nucleo di “semini” chiamati neutroni e protoni.

Quando il rapporto tra protoni e neutroni è molto basso, il decadimento può avvenire con il rilascio di una particella, che è un nucleo di elio. In questo caso si parla di “decadimento alfa. Si possono avere anche decadimenti denominati “beta positivi”, cioè alcuni nuclei possono emettere il cosiddetto positrone o elettrone positivo utilissimo in radiologia quando si fanno le “tomografie a emissioni di positroni” (PET). Infine la quarta modalità di radiazione, che è l’emissione gamma ovvero “ vomito” di fotoni.

Un altro parametro da considerare quando si parla di radioattività è l’emivita o tempo di dimezzamento. Un esempio rende facile la comprensione: il torio ha un’emivita di 24,1 giorni e vuol dire che se misuro oggi la sua radioattività e faccio la stessa cosa dopo 24 giorni e alcuni minuti la radioattività sarà diventata la metà. Dopo altri 24 giorni sarà diventata la metà della metà e così via.

Tutti i fenomeni radioattivi seguono questa legge. L’unità di misura dell’attività di un elemento radioattivo è il becquerel (Bq), che corrisponde a una disintegrazione al secondo. In natura abbiamo tre famiglie o catene di decadimento naturale, che accade quando il prodotto del decadimento ovvero “ il figlio” è a sua volta radioattivo. Alla fine dei decadimenti radioattivi troviamo il piombo (in verità un suo isotopo, il Pb 208).

Il radon 222 di cui parliamo deriva dal decadimento dell’uranio (U 238) e ha un’emivita di quasi 4 gg (3,8 gg). La pericolosità del radon 222 deriva da tre fattori: 1) è un gas e quindi si può aspirare; 2) decade emettendo particelle alfa: 3) ha un’emivita di quasi 4 giorni.

Ma come interagisce con la materia questo radon? Nell’attraversare la materia, le particelle rilasciano energia e un fattore importante è la quantità di energia deposita. Effetti biologici e tipologia di difesa dipendono da questo parametro. Si usa anche far riferimento alla cosiddetta “dose assorbita” ovvero la quantità di energia depositata, per unità di massa misurata in gray.

In atmosfera una radiazione alfa può percorrere alcuni centimetri prima di perdere l’energia. Un elettrone beta invece può percorrere quasi 7 metri. La radiazione gamma costituita da fotoni percorre invece diversi chilometri prima di perdere l’energia. La protezione dalle radiazioni fa riferimento alla “dose equivalente”, che consente di misurare gli effetti delle radiazioni sugli organi o i tessuti insomma sul corpo umano.

La dose equivalente si misura in sievert (Sv), che rappresenta il danno biologico che prescinde dal tipo di radiazione. Infine bisogna tener conto di un altro parametro ovvero le sensibilità e il diverso assorbimento dei diversi organi. Evidente, che se la radiazione colpisce testicoli, fegato, cervello, ovaie produce effetti diversi rispetto a un piede, una mano.

L’esigenza di tenere conto di tali diversità di risposte e sensibilità di organo ha portato alla definizione di un altro parametro, che si chiama dose efficace, che corrisponde alla dose equivalente moltiplicato per un fattore che tiene conto della diversa sensibilità degli organi.

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