Gas e luce, dal tetto “limitato” ai prezzi al Recovery Fund 2.0: il nuovo piano Ue contro il caro-bollette

Giacomo Andreoli

05/10/2022

05/10/2022 - 16:11

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Dopo il no di alcuni Stati europei a un price cap generalizzato la Commissione europea propone un tetto limitato al gas che serve per produrre energia elettrica e nuovi fondi comuni anti-crisi.

Gas e luce, dal tetto “limitato” ai prezzi al Recovery Fund 2.0: il nuovo piano Ue contro il caro-bollette

Un tetto al prezzo del gas, ma limitato. Viste le divisioni in Europa, la Commissione Ue fa marcia indietro rispetto a un mese fa, quando Ursula von der Leyen aveva annunciato che era venuto il momento del price cap. Ora, per venire incontro al pressing dei Paesi del Sud, senza scontentare troppo Germania e falchi del Nord, la presidente propone quindi una via di mezzo: un tetto al prezzo del gas utilizzato per generare elettricità o «un cap sull’energia scambiata in Europa fino alla riforma dell’indice Ttf».

La formula potrebbe essere quella della soglia massima entro cui gli operatori europei possono acquistare il gas utilizzato per produrre luce o di un tetto-forchetta a tempo (cioè un’oscillazione tra un minimo e un massimo per qualche mese). In questo modo si farebbe una sorta di disaccoppiamento de facto tra energia elettrica e metano, con il prezzo del primo che oggi è ancora legato ai rialzi del secondo.

Secondo la presidente della Commissione questo sarebbe un un primo passo verso una riforma strutturale del mercato dell’elettricità, a cui abbinare un potenziamento del RePower EU (il piano per azzerare la dipendenza energetica europea dalla Russia e rafforzare la transizione ecologica). In pratica mettere “nuovi fondi comuni”, trasformando il pacchetto in una sorta di rinnovato Recovery Fund.

Tetto al prezzo del gas? “Soluzione temporanea”

Von der Leyen, intervenendo alla plenaria del Parlamento Europeo, ha ribadito che l’Europa è impegnata ad affrontare la crisi e in particolare a “limitare l’impatto inflazionistico del gas sull’elettricità che c’è ovunque” nel Vecchio Continente.

La nuova proposta di tetto servirebbe quindi a “garantire la sicurezza dell’approvvigionamento” e sarebbe una “soluzione temporanea per far fronte al fatto che l’indice Ttf di Amsterdam, il nostro principale parametro di riferimento per i prezzi, non è più rappresentativo del nostro mercato, che oggi comprende più Gnl”.

Proprio sul Ttf è in arrivo la proposta italiana e di altri Paesi Ue, che dice di sganciarsi da quel riferimento e puntare su altri indici (come il Brent americano), anche se, come segnalato a Money.it dal docente della Bocconi Michele Polo, è praticamente impossibile cambiare in maniera unilaterale i contratti di fornitura con la società russa Gazprom e le altre compagnie internazionali, che legano il prezzo al Ttf.

Il potenziamento del piano RePower EU

Anche la proposta di nuovi fondi comuni da mettere sul RePower EU sembra una mediazione tra posizioni opposte. Ieri i commissari Gentiloni e Breton avevano chiesto in una lettera pubblica di creare un nuovo strumento simile a Sure (il fondo da 100 miliardi finanziato con eurobond per la cassa integrazione europea in epoca Covid) per ristorare famiglie e imprese. A quest’idea, che sarà comunque presentata domani al Consiglio Ue di Praga, si erano però opposti diversi commissari, rappresentativi dei paesi del Centro-Nord.

Von der Leyen, quindi, chiede ora di mettere fondi comuni per accelerare gli investimenti necessari a diversificare le fonti di approvvigionamento e potenziare le rinnovabili. Difficilmente si potrà usare questo strumento per ristori europei diretti a famiglie e imprese.

La possibile estensione del Pnrr

In ogni caso la presidente rassicura gli europei sul fatto che il consumo di gas è diminuito del 10%, così come le forniture di metano russo sono passate dal 40% al 7,5% di oggi. Nel frattempo Mosca ha ripreso a fornire gas all’Italia, dopo l’interruzione resa nota da Eni lo scorso sabato. La società Gazprom avrebbe infatti trovato la soluzione tecnica per riprendere a inviare gas al nostro Paese tramite l’Austria.

I cittadini italiani, anche senza un tetto generalizzato al prezzo del gas e un nuovo fondo Sure, potrebbe comunque ottenere effetti positivi dalle possibili decisioni europee. I nuovi fondi del RePower Eu potrebbero essere inseriti in un capitolo aggiuntivo al Pnrr, secondo un primo accordo trovato tra i ministri delle Finanze europei.

Questo, assieme al pacchetto di misure approvato dai ministri dell’Energia (tetto ai ricavi delle imprese che producono elettricità da fonti rinnovabili, risparmi energetici obbligatori e un contributo di solidarietà a carico delle imprese di petrolio e gas) potrebbe portare in dote all’Italia fino a 13 miliardi di euro. Ci sarebbero infatti circa 10 miliardi in più dai produttori di energia da rinnovabili, da utilizzare per ristori a famiglie e imprese, più altri 2,7 di prestiti per finanziare maggiormente la transizione green.

L’embargo e il price cap sul petrolio

Tutto questo nel giorno in cui dai 27 Paesi Ue arriva il primo via libera all’ottavo pacchetto di sanzioni contro la Russia. I rappresentanti degli Stati membri, riuniti nel Coreper, hanno infatti dato il loro ok a tutte le misure, compreso il price cap sul petrolio russo, su cui tuttavia erano emerse le riserve di Malta, Cipro e Grecia (che hanno petroliere che in questi mesi hanno continuato a trasportare greggio di Mosca).

Il meccanismo riprende quanto deciso dal G7 a settembre e non riguarda direttamente l’Occidente, che in ogni caso ha varato l’embargo al petrolio russo (entrerà in vigore a fine anno, tranne alcune esenzioni come per l’Ungheria).

In pratica si imporrebbe un’oscillazione massima dei prezzi di acquisto (forse tra i 48 e 55 dollari, la metà delle attuali quotazioni del Brent e sotto il prezzo medio del russo Urals). Questa varrebbe per le compagnie di assicurazione e di servizi finanziari dei grandi Paesi occidentali, che coprono il 95% del trasporto navale del petrolio russo nel mondo.

L’idea è di ridurre fortemente le entrate con cui il Cremlino finanzia la guerra in Ucraina (per Mosca il petrolio frutta più del gas), creando risparmi per una serie di economie emergenti in Africa e Asia. Tuttavia la Russia ha annunciato che non venderà greggio ai paesi che imporranno il price cap, mentre Cina, India e Turchia (i principali acquirenti del petrolio russo) non vogliono aderire al tetto massimo. Il rischio, quindi, è di indebolire poco la Russia e contemporaneamente arrivare a strozzare l’offerta globale di petrolio, già colpita dalla decisione dell’Opec+ di tagliare la produzione per sostenere i prezzi.

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