Esiste una tassa invisibile che grava sui lavoratori italiani e li rendi più poveri

Patrizia Del Pidio

13 Maggio 2025 - 10:39

Ai tagli dell’Irpef e agli aumenti degli stipendi si contrappone una classe lavoratrice sempre più povera grazie a una tassa nascosta che tutti pagano.

Esiste una tassa invisibile che grava sui lavoratori italiani e li rendi più poveri

C’è una tassa invisibile che grava sui lavoratori italiani e li rende sempre più poveri. Gli stipendi sono aumentati, anche se di poco, le tasse sono scese, ma il potere di acquisto dei lavoratori è sempre di meno e i conti non tornano. Sicuramente i salari in Italia sono bassi, o almeno sono più bassi rispetto a quelli percepiti in Francia o Germania e la motivazione va ricercata nel fatto che nelle imprese c’è poca innovazione.

Imprese e prodotti non sono al passo con il resto di Europa e questo dipende dal fatto che da noi si investe poco in ricerca e sviluppo. Non investendo in ricerca e sviluppo le imprese italiane rimangono costantemente subordinate a chi produce o estrae materie necessarie alla produzione. Questo si traduce in stipendi meno ricchi rispetto ad altri Paesi europei e alle economie importanti con la conseguenza di gettare le basi di un futuro ugualmente povero e con l’emigrazione della manodopera specializzata, che oltralpe è pagata meglio.

La cosa che non si riesce a comprendere a pieno, però, è perché se lo stipendio sale e le tasse scendono, i lavoratori sono sempre più poveri? La motivazione è presto detta: esiste una tassa nascosta che pesa sugli stipendi di cui non sempre si tiene conto.

L’anomalia italiana sul lavoro

Il governo italiano è impegnato a tenere i conti pubblici a posto e nel 2024 si è riusciti a far scendere il deficit dal 7,2 al 3,4% del Pil rispetto all’anno precedente. Tutto questo, tenendo il debito sotto controllo e avendo disposto un taglio delle tasse (ricordiamo, infatti, che nel 2024 l’Irpef è stata ridotta passando da quattro a tre scaglioni, prevedendo di rendere strutturale il taglio a partire dal 2025).

Nonostante la riduzione delle tasse, quindi, il governo è riuscito a tenere a posto i conti pubblici, ma come? Negli ultimi anni il numero di occupati è salito in Italia e si è registrata anche una crescita del volume totale delle buste paga. Allo stesso tempo, però, si è registrato anche un aumento del costo della vita (inflazione) e del gettito dell’imposta sui redditi delle persone fisiche.

I conti, come detto, non tornano. Il volume degli stipendi sta crescendo della metà rispetto all’atteso: si parla di un 11,5%, ma tra inflazione e aumento dell’occupazione quel dato dovrebbe crescere del 19,2%. Il perché dell’anomalia è presto spiegato: le persone che vanno in pensione hanno uno stipendio più alto rispetto a chi prenderà il loro posto (già per scatti di anzianità ed esperienza): di fatto, quindi, si pensionano lavoratori pagati meglio di quelli che saranno i nuovi assunti generando una deflazione dei salari che perdono, di fatto, in proporzione al costo della vita generando lavoratori più poveri.

Si paga più Irpef nonostante i tagli

Un altro dato che non torna è l’aumento del gettito Irpef che è del 18,85% (contro, ricordiamo, una crescita dei salari del 11,5%) nonostante i tagli. Come è possibile? Come fanno le tasse sugli stipendi ad aumentare di quasi il doppio rispetto ai salari se l’Irpef negli ultimi anni ha subito tagli? Si tratta della tassa invisibile di cui si parlava all’inizio.

L’Irpef è un’imposta proporzionale che nell’ultimo biennio (2024 e 2025) è restata invariata prevedendo gli stessi scaglioni di reddito e le stesse aliquote. Gli aumenti dei salari (11,5%) registrati, come abbiamo detto, non sono andati di pari passo con l’aumento del costo della vita e di fatto, quindi, sono solo apparenti. Ma hanno aumentato il reddito dei lavoratori e a volte lo hanno spinto nello scaglione di reddito successivo provocando l’applicazione dell’aliquota Irpef superiore. A tutto questo, poi, si deve aggiungere che l’aumento dello stipendio erode le detrazioni spettanti: reddito aumenta e detrazioni automatiche (da lavoro, pensione, per carichi di famiglia) diminuiscono portando il lavoratore a pagare più tasse a fronte di un aumento dello stipendio solo apparente, perché eroso completamente dall’aumento del costo della vita.

Nonostante le promesse del Governo di non aumentare le tasse, quindi, i lavoratori si sono trovati a pagare più Irpef e allo stesso tempo a non avere uno stipendio adeguato al costo della vita, con la conseguenza che i redditi medi e quelli bassi hanno registrato un impoverimento sostanziale.

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# Tasse

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