Dopo anni di silenzio, sono oltre 150 i Paesi hanno riconosciuto la Palestina. Chi ha preso posizione e chi continua a rimanere fermo davanti al genocidio in corso? Ecco la mappa.
Dopo Portogallo e Regno Unito anche la Francia ha deciso di riconoscere formalmente lo Stato della Palestina. Dopo due anni di massacri, mentre Israele continua con il suo piano di pulizia etnica, infrangendo leggi internazionali, colpendo gli aiuti umanitari e oltre 30mila bambini uccisi nel genocidio palestinese, l’Occidente e il resto del mondo ha deciso di infrangere il silenzio, prendendo posizione.
Una decisione arrivata con due anni di ritardo (se non 75 anni) e con un peso più che altro simbolico: nessun Paese sta aiutando la resistenza palestinese. Il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte di oltre 152 Paesi delle Nazioni Unite non è un gesto di poco conto. È un atto politico che punta a isolare il governo israeliano guidato da Benjamin Netanyahu e a riaffermare la legittimità di un popolo che da decenni lotta per il diritto all’autodeterminazione.
Tuttavia, il valore è perlopiù simbolico: la Palestina rischia di scomparire, si è stimato che ci vorranno solo 15 anni per rimuovere tutte le macerie da Gaza. In questo scenario, la comunità internazionale si muove tra aperture diplomatiche e resistenze, mentre la distanza tra governi e opinione pubblica si fa sempre più evidente, come in Italia. Ma quali sono i Paesi che riconoscono lo Stato della Palestina e perché è così importante? Ecco tutto quello che c’è da sapere a riguardo.
Perché è importante riconoscere lo Stato di Palestina
Il riconoscimento internazionale di uno Stato ha un significato che va oltre i confini geopolitici. Nel caso palestinese, si tratta di affermare un principio di giustizia storica: un popolo che da oltre settant’anni vive sotto occupazione e che ha visto negati i propri diritti fondamentali. Concedere il riconoscimento significa riconoscere l’esistenza di un’entità politica legittima, un soggetto titolare di diritti e doveri all’interno della comunità internazionale.
Israele ha sempre rifiutato l’idea di uno Stato palestinese, preferendo imporre un controllo militare e coloniale su territori che la stessa ONU definisce “occupati illegalmente”. In questo contesto, ogni riconoscimento è un atto di pressione: aumenta l’isolamento diplomatico di Tel Aviv, riduce la sua capacità di rivendicare il monopolio sul processo negoziale e rende più difficile ignorare le violazioni dei diritti umani commesse quotidianamente.
Va ricordato che il diritto internazionale, a partire dalle Convenzioni di Ginevra e dalle risoluzioni ONU, stabilisce la necessità di una soluzione basata su “due popoli – due Stati”, benché esperti e scrittori come Ilan Pappè ritengono che la soluzione a due Stati è “come un cadavere tirato fuori di tanto in tanto dall’obitorio”. Tuttavia, le colonie israeliane in Cisgiordania e la distruzione sistematica di Gaza rendono questa soluzione sempre più difficile da praticare.
Il riconoscimento è anche un messaggio ai palestinesi: la loro lotta non è invisibile. Non basta, certo, a fermare le bombe o a garantire libertà di movimento, ma segnala che la loro causa non è stata dimenticata. Un gesto potente ma che rimane simbolico, mentre la resistenza palestinese continua da sola la sua lotta.
Quali Paesi riconoscono lo Stato palestinese: ecco l’elenco?
Ad oggi sono oltre 150 i Paesi membri delle Nazioni Unite che hanno riconosciuto formalmente lo Stato di Palestina. Con un fronte compatto formato da Asia, Africa, America Latina e Paesi arabi. Un elenco completo sarebbe veramente lungo, ma possiamo riassumere per tappe la lunga strada che ha portato oltre 150 Paesi a riconoscere o Stato di Palestina.
Dal 1988 al 2011: i primi riconoscimenti
Il 15 novembre 1988 Yasser Arafat proclamò lo Stato indipendente di Palestina. L’Algeria fu il primo Paese a riconoscerlo, seguita da gran parte del mondo arabo, India, Turchia, Cina, Russia (all’epoca URSS), e poi molti Paesi africani. Tra il 2010 e il 2011, una nuova ondata arrivò dal Sud America: Argentina, Brasile, Cile e altri Stati risposero all’appello palestinese.
Dal 2014 al 2024: l’Europa e i primi passi
Nel 2014 la Svezia divenne il primo Paese dell’Europa occidentale a riconoscere lo Stato di Palestina. Nel 2024 hanno seguito questa strada Irlanda, Spagna, Slovenia e Norvegia, rompendo con la tradizione di subordinare il riconoscimento a un accordo negoziato con Israele.
2025, gli ultimi Paesi che hanno riconosciuto la Palestina
Tra luglio e settembre 2025, dieci Paesi europei e occidentali hanno annunciato ufficialmente il riconoscimento:
- Francia;
- Regno Unito;
- Portogallo;
- Belgio;
- Lussemburgo;
- Malta;
- Andorra;
- San Marino;
- Canada;
- Australia.
Per la prima volta il cuore del blocco occidentale e del G7 ha voluto riconoscere il diritto a esistere dello Stato palestinese. La mappa aggiornata mostra chiaramente come la Palestina goda ormai di un sostegno internazionale ampio e diffuso, nonostante le resistenze di pochi alleati di Israele.

Stato di Palestina, dove si colloca l’Italia
L’Italia non ha ancora riconosciuto lo Stato di Palestina. La posizione ufficiale del governo Meloni è che il riconoscimento sarebbe “prematuro” e “controproducente” finché è in corso la guerra. Una linea che ricalca fedelmente quella di Washington e, in particolare, del presidente Donald Trump, con cui Roma sembra voler mantenere un allineamento strategico e che tradisce la storica vicinanza tra l’Italia e i palestinesi.
Questa scelta, però, contrasta con la voce della piazza. Il 22 settembre studenti, lavoratori e associazioni hanno animato uno sciopero nazionale contro il genocidio palestinese. Cortei in numerose città hanno chiesto al governo di fermare le forniture militari a Israele e di riconoscere il diritto del popolo palestinese all’autodeterminazione. Una mobilitazione che ha messo in luce il divario profondo tra volontà popolare e decisioni politiche.
Ai posteri, l’Italia e gli altri Paesi che hanno scelto un silenzio omertoso dovranno spiegare perché hanno voltato le spalle a un popolo vittima di un genocidio, preferendo l’obbedienza geopolitica alla giustizia.
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