Molti clienti indignati si lamentano perché negozi, bar e locali chiedono di pagare l’uso del bagno o almeno un servizio. Ecco cosa prevede la legge.
In Italia anche l’uso del bagno apre dibattiti e polemiche interminabili, semplicemente perché sempre più spesso tocca il portafoglio. È prassi comune usare il bagno di locali pubblici come bar e ristoranti dopo aver consumato, ma quasi tutti ritengono che si tratti di buona educazione più che di un obbligo. Così, quando si trovano davanti a un gestore che pretende un pagamento o limita l’accesso al bagno ai clienti paganti si indignano, talvolta supportati dalle associazioni per i consumatori.
Negozianti ed esercenti cercano così di limitare il transito indesiderato dalla toilette e di ottenere un corrispettivo per la concessione, visto che il bagno non è il vero e proprio servizio proposto. Il problema non riguarda soltanto l’Italia, dove comunque ci sono anche diversi bagni pubblici a pagamento, compresi quelli recentemente riaperti a Rieti per rivalutare il centro storico. In Cina, per esempio, sono arrivati dei bagni in cui l’uso è gratuito ma si paga per usufruire della carta igienica. In alternativa, si può guardare una pubblicità dal Qr code, proprio come i premi nei giochi per smartphone.
Nonostante la situazione sia meno distopica in Italia, però, i bagni a pagamento continuano a essere motivo di agitazione, paradossalmente non quando si tratta di servizi pubblici bensì quando riguardano locali come bar e ristoranti. Incomprensioni spesso motivo di liti, fino a causare l’intervento delle forze dell’ordine, quando basterebbe conoscere meglio i propri diritti e i doveri degli esercenti. Ecco cosa prevede la legge.
Quando è legale richiedere il pagamento per il bagno
I bagni posti all’interno degli esercizi pubblici non sono per questo accessibili a chiunque e il proprietario non è tenuto in alcun modo a renderli accessibili gratuitamente. Per maggiore chiarezza, bisogna fare riferimento al regolamento del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza. L’articolo 187 sancisce il divieto per gli esercenti di negare le prestazioni dell’esercizio, per lo meno in assenza di un legittimo motivo.
Le uniche eccezioni previste riguardano gli articoli 689 e 691 del Codice penale, ossia rispettivamente il divieto di somministrare alcolici ai minori o alle persone in evidente stato d’ebbrezza. In tute le altre casistiche il regolamento si traduce nell’obbligo dell’esercente di fornire tutti i servizi disponibili nel proprio locale, incluso il bagno, al cliente che:
- Ha domandato la prestazione.
- Ha corrisposto il prezzo.
Tornando quindi all’esempio del bar, perché è uno dei locali in cui i clienti fanno più confusione a riguardo, pagando per la propria consumazione si ha diritto ad accedere al bagno. Il proprietario può comunque consentire di utilizzare il bagno anche senza consumare, magari per cortesia, ma sarebbe equivalente a non far pagare un caffè.
Allo stesso modo l’esercente può rifiutarsi di far utilizzare il bagno presente all’interno del locale gratuitamente. Questo principio si applica a qualsiasi locale pubblico, dalla stazione dei treni ai bagni pubblici di per sé. In tutti questi casi è legale far pagare l’utilizzo del bagno, attraverso un biglietto o qualsiasi altro sistema.
Bisogna considerare che i servizi igienici prevedono comunque delle spese di manutenzione e di pulizia che devono essere coperte, da un pagamento diretto o rientrando nella pagamento per il servizio principale. Questo riguarda quindi i bagni presenti anche negli altri tipi di locali aperti al pubblico, come i supermercati o i negozi di vario genere. Si tratta infatti di luoghi privati in cui le persone possono accedere dietro alcune formalità, soggetti ad alcune linee guida in tutela della cittadinanza. Di pari passo anche i bagni pubblici possono essere a pagamento, nei limiti della costituzionalità.
La giurisprudenza stessa ritiene che obbligare i commercianti a garantire a tutti l’uso gratuito del bagno sarebbe troppo oneroso, e i regolamenti comunali che prevedono regole diverse vengono spesso spazzati via dai giudici amministrativi. Finché sono in vigore, però, devono essere rispettati, quindi potrebbe accadere che alcuni locali siano chiamati a quest’obbligo, almeno fino al ricorso.
L’esercente può negare l’utilizzo del bagno?
Ci sono dunque due differenti risvolti: per utilizzare il bagno è indispensabile pagare ma una volta pagato si ha diritto ad utilizzarlo. Non si tratta di retorica, ma di una vera e propria tutela per i clienti ai quali viene impedito l’utilizzo del bagno, nonostante il pagamento effettuato per le prestazioni.
Non è così raro, infatti, che gli esercenti impediscano l’utilizzo del bagno anche ai clienti paganti, magari per evitare che venga sporcato. In questo caso è bene sapere che il cliente può richiedere l’intervento della Polizia municipale. Quest’ultima si occuperà di accertare la presenza o meno di un legittimo motivo per impedire l’accesso al bagno.
Fra le circostanze valide ci sono sicuramente i malfunzionamenti, ma anche lo stato molesto del cliente o la sua ebbrezza sono motivi validi per impedire l’accesso al bagno. In assenza di una di queste ragioni verificabili, all’esercente può essere elevata una contravvenzione.
In generale questo meccanismo agisce con obiettivo principale la tutela del cliente di un’attività economica, anche considerando la destinazione d’uso del locale. Se, infatti, l’utilizzo del bagno da parte dei clienti è preventivabile, l’afflusso incontrollato dei passanti sarebbe ben poco gestibile.
Questa regola è stata peraltro confermata anche dal Tar Toscana, con esito positivo del ricorso contro il Comune di Firenze. Quest’ultimo aveva imposto infatti agli esercenti pubblici di lasciare utilizzare i bagni all’interno dei locali a chiunque lo richiedesse.
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