Il divorzio estingue il diritto alla proprietà altrui? Ecco la verità

Ilena D’Errico

16/06/2025

Cosa succede alle proprietà dei coniugi dopo il divorzio? Ecco cosa c’è da sapere.

Il divorzio estingue il diritto alla proprietà altrui? Ecco la verità

Durante il matrimonio è comune accantonare una serie di beni di comune proprietà tra i coniugi. Può trattarsi di beni che cadono in comunione, di acquisti a cui hanno partecipato entrambi o semplicemente oggetti che vengono considerati della famiglia pur appartenendo alla moglie o al marito. Dopo il divorzio tutto cambia, perché non c’è più un progetto comune di vita e gli ex coniugi devono dividersi i beni. Un’operazione non sempre facile, ma necessaria, anche perché lo scioglimento delle nozze implica anche quello della comunione dei beni. Nonostante ciò, non sempre il divorzio estingue il diritto alla proprietà altrui.

Cosa succede ai beni in comunione dopo il divorzio

La comunione dei beni si scioglie definitivamente con il divorzio, che di fatto conferma l’automatico scioglimento che avviene già con la separazione. Non c’è però un’automatica divisione dei beni tra i coniugi, bensì si passa dalla comunione legale a quella ordinaria.

La comunione legale è quella comproprietà che caratterizza il matrimonio, in modo indivisibile. Non esistono vere e proprie quote, per quanto ogni coniuge sia idealmente titolare del 50% dei beni in comunione (o altre percentuali stabilite d’accordo tra le parti). La comunione dei beni, infatti, può essere sciolta soltanto con il divorzio o con il passaggio al regime patrimoniale di separazione. Durante il matrimonio, inoltre, i coniugi non possono vendere o cedere la propria quota ad altri. Si tratta per l’appunto di una quota ideale, che non permette a ciascun titolare di agire in maniera indipendente dall’altro.

Passando alla comunione ordinaria, invece, la proprietà di ogni coniuge corrisponde precisamente al 50% dei beni. Questo significa che le quote possono essere vendute o cedute, ma anche che è possibile operare una divisione. In particolare, è possibile dividere materialmente i beni se le circostanze lo consentono e gli ex coniugi trovano un accordo, oppure dividere il ricavato della loro vendita.

Ognuno ha diritto a chiedere la divisione dei beni, potendo instaurare una causa se l’altro proprietario si oppone. In linea generale, la vendita del bene rappresenta l’ultima soluzione da percorrere, poiché avvenendo con una procedura giudiziale in mancanza di accordo comporta un notevole deprezzamento. Di regola è preferibile dividere i beni in natura oppure che un ex coniuge venda le proprie quote all’altro. Quest’ultimo diventa unico proprietario, mentre l’altro ottiene un compenso pari al valore della propria quota.

Ciò riguarda tutti i beni che confluiscono nella comunione matrimoniale, quindi:

  • gli acquisti fatti durante il matrimonio;
  • i risparmi sui conti correnti indipendentemente dalla provenienza, la cosiddetta comunione de residuo;
  • i frutti dei beni comuni o di un solo coniuge e i proventi non consumati.

Di conseguenza, il divorzio implica la fine di ogni diritto sulla proprietà dell’altro soltanto per quanto riguarda i beni in comunione, per i quali sarà peraltro necessaria la divisione.

Beni che non vengono divisi con il divorzio

Di solito la divisione dei beni viene pattuita già in sede di separazione e divorzio, ma accade che i coniugi non riescano a rispettare gli accordi iniziali dovendo ricorrere nuovamente al tribunale. In ogni caso, non ci sono effetti automatici sui beni che non entrano in comunione, cioè:

  • quelli acquistati prima del matrimonio;
  • quelli strettamente personali;
  • quelli ricevuti per donazione o eredità, salvo che sia espressamente previsto diversamente;
  • beni necessari all’attività professionale;
  • somme ottenute a titolo di risarcimento danni;
  • beni acquistati con attraverso altri beni personali (per esempio con il prezzo della loro vendita) se questa circostanza viene dichiarata.

Allo stesso tempo, ci sono beni su cui i coniugi sono entrambi titolari indipendentemente dalla comunione dei beni. Ciò accade indipendentemente dal regime patrimoniale, quando viene fatto un acquisto in comune. Lo scioglimento del matrimonio non comporta anche la divisione di questi beni, che deve avvenire come passaggio ulteriore. Restano per esempio, anche in caso di separazione, da risolvere le controversie su conti correnti cointestati e acquisti effettuati con denaro comune. In quest’ultimo caso, potrebbero essere avanzate delle pretese anche se la proprietà appartiene ufficialmente soltanto a un coniuge. In caso di comunione dei beni, invece, non si tiene conto della partecipazione all’acquisto.

Diritti che rimangono dopo il divorzio

Nonostante il divorzio, ammesso che sia anche avvenuta una procedura di divisione dei beni comuni, i coniugi potrebbero conservare diritti sulle proprietà altrui. Si tratta in particolare del diritto di abitazione e all’assegno divorzile pattuiti dal giudice. L’ex coniuge divorziato avrà inoltre diritto a una quota del Tfr maturato dall’altro fino allo scioglimento del matrimonio. Tutti gli altri diritti si estinguono, compreso quello successorio, a meno che vi sia un testamento che preveda diversamente.

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