Claudio Descalzi, CEO di ENI, parla di sé e delle questioni che riguardano più da vicino la sua azienda: quella dei cambiamenti climatici. L’appunto non manca.
Claudio Descalzi è al comando della galassia ENI da 11 anni e di povertà, violenza e disperazione, nel corso della sua vita, ne ha viste tante, dopo avere trascorso 18 anni della sua vita principalmente in Africa.
Così come quando, alla fine degli anni ’90, si ritrovò a nascondersi sotto il letto con i suoi figli mentre era in Congo nel bel mezzo della guerra civile; o ancora prima, in Libia, nel 1986, quando gli Stati Uniti colpirono con attacchi aerei Tripoli e Benghazi.
Di storie da raccontare, il CEO di ENI ne ha tante. E quella che ha svelato al Financial Times, nell’intervista che ha rilasciato e che è stata pubblicata oggi, comprende la sua filosofia di vita, l’impegno profuso nel suo lavoro, il suo modo di vedere le cose, la sua visione di ENI, che guida da più di 10 anni.
ENI, Descalzi: “odio il politically correct. Cambiamenti climatici? Non si cerchi il nemico”
Intanto, la precisazione: “ Odio essere politically correct, perché lo vedo come un freno, come una barriera. E’ falso...odio il mainstream ”, rivela con enfasi al quotidiano della City, rimarcando il suo punto di vista: “Si dicono le stesse cose che dicono gli altri, e se non le dici, non sei nel club giusto. È un modo di rimanere stagnanti. È una scatola vuota, un concetto vuoto. Nella vita è necessario sfidare tutto ”.
Non manca così l’appunto contro chi continua a vedere nell’industria Big Oil il principale nemico da sconfiggere nella lotta ai cambiamenti climatici: “Credo che i cambiamenti climatici siano un grande problema che dobbiamo risolvere”, ammette il numero uno di ENI. “ Ma se lo si vuole risolvere e la prima cosa che si fa è cercare un nemico, non credo che si voglia davvero risolvere il problema. Si vuole trovare un nemico ”.
Andare al di là della dipendenza dei combustibili fossili, da cui dipende tuttora l’80% dell’energia mondiale?
Non si faccia ricadere questo obiettivo soltanto sulle spalle delle aziende energetiche, fa notare Descalzi, che ricorda che esistono anche i consumatori: “L’Europa crede che il mondo sia come l’Europa. (Ma) non è come l’Europa. (L’UE) rappresenta il 5% della popolazione mondiale”.
Tra l’altro, ai cambiamenti climatici Descalzi ci pensa seriamente da almeno 12 anni, dunque sia prima dell’Accordo di Parigi del 2015, che ha lanciato la battaglia contro il global warming, che prima di diventare amministratore delegato, ergo CEO di ENI.
Descalzi si racconta e racconta gli anni di ENI
D’altronde, lo sottolinea, l’industria petrolifera è un alternarsi di lunghi periodi di relativa stabilità e di shock improvvisi e lui, quando ha preso le redini di ENI, nel maggio del 2014, si ritrovò a gestire proprio un grande shock: quello della guerra per la conquista di quote di mercato tra Arabia Saudita e Stati Uniti, che fece collassare i prezzi del petrolio del 70% entro l’inizio del 2016. Un anno in cui la dipendenza di ENI dal petrolio e dal gas per i suoi profitti si dimostrò “superiore al 100%, forse pari al 110%, perché alcune delle altre divisioni avevano perso soldi”.
Ed è allora che il manager decise che era necessario che il gruppo iniziasse a diversificarsi.
D’altronde, ENI è un’azienda più piccola dei grandi nomi del mercato oil, come ExxonMobil, Chevron e Shell e la differenza si nota eccome: “ Loro hanno i soldi, i muscoli. Una forte presenza politica che noi non abbiamo. Ed è davvero necessario comprendere le proprie debolezze”, anche perchè poi, sfidarle rende più forti, come ha dimostrato il suo caso.
La transizione energetica, per esempio, è stata ed è tuttora “super utile”, visto che ha costretto la società a reimmaginarsi, a dimenticare le proprie radici e ad affrontare un futuro caratterizzato da un calo dei ricavi derivanti dalla vendita di petrolio e di gas.
“Nella vita se vuoi crescere devi soffrire. Devi cambiare pelle”
La verità, è la lezione di vita di Descalzi, è che “ nella vita, se vuoi crescere devi soffrire. Devi cambiare pelle, i tuoi muscoli, il tuo scheletro, le tue ossa. Devi continuare evolvere mentalmente per gestire te stesso, la tua gente e il futuro della sua azienda ”. Un aforisma che lui stesso mette in atto ogni giorno della sua vita: “Mi sveglio molto presto, alle 5-6 circa perchè voglio avere il tempo di riscaldarmi, e la prima cosa che facccio è leggere tutti i giornali, qualcosa che considero rilassante. Non leggo solo di questioni energetiche. Leggo tutto di geopolitica e di cosa accade nel mondo perché siamo presenti in molti Paesi, 60 circa...”.
Claudio Descalzi rivela di cercare di fare esercizio fisico ogni giorno, che sia a casa o fuori: pilates, quando riesce. E: “adoro camminare”.
La frequenza dei suoi viaggi di lavoro è in ogni caso diminuita, abbassandosi da 1.200 ore all’anno, a qualcosa come 600-700 ore.
Si tratta sempre di “distanze lunghe, verso Paesi come il Mozambico, l’Angola, l’Indonesia”. Ed è “importante andare e vedere se le cose sono davvero così come ti dicono che sono”.
Tornando al futuro di ENI, il Financial Times fa notare che, a fronte di alcune società rivali che hanno scelto la strada delle fusioni e delle acquisizioni, così come quella dei tagli aggressivi ai costi, Descalzi ha optato per una strategia diversa, puntando piuttosto sulla ricerca e sullo sviluppo, facendo affidamento su scienziati e ricercatori universitari, e commissionando anche un supercomputer potente: “Avevamo bisogno di una tecnologia brevettata per il futuro. Volevo avere tutti gli strumenti a mia disposizione per essere flessibile e per capire come allontanarmi dal petrolio e dal gas ”.
Confermato l’obiettivo di puntare sulla esplorazione, anche incrementando gli investimenti, mentre altre società hanno deciso di ridurla: “In generale, le società energetiche non amano l’esplorazione, perché il rischio è molto alto ”.
Ma la scarsa presenza di altre rivali è uno dei motivi per cui Descalzi segue una strada diversa: “ Mi piace andare dove c’è meno competizione ”.
ENI, tutte le grandi sfide superate. La risposta di Descalzi alla domanda su possibile addio
Ed è così che Descalzi è riuscito, sottolinea il quotidiano della City, a far sì che ENI superasse periodi di crolli dei prezzi del petrolio, di escalation delle tensioni tra Stati Uniti e Cina, resistendo alla pandemia Covid-19, all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, all’inflazione più alta; fino ad arrivare a oggi, al conflittto che sta sconvolgendo il Medio Oriente e che vede protagonista la guerra tra l’Iran e Israele, e l’intervento degli Stati Uniti di Donald Trump.
Occhio, a tal proposito, alle nuove previsioni per il trend dei prezzi del petrolio e alle possibili conseguenze della chiusura dello stretto di Hormuz da parte dell’Iran.
In tutto questo, ENI è riuscita a diversificare il proprio business, dando vita a divisioni attive nel mercato ESG che sfornano utili e che per questo hanno attratto interessi da parte di società di private equity come KKR a valutazioni superiori alle attese.
Ma cosa farà a questo punto Descalzi, visto che nel 2023 è stato confermato alla guida per altri tre anni e per un quarto mandato alla guida di ENI, destinato dunque a scadere il prossimo anno, nel 2026?
“Credo che sia troppo presto” pensarci, risponde il CEO: “Ci troviamo in una situazione volatile, e non è semplice cambiare (leader) molto spesso. Ma, chiaramente, un CEO non può durare per sempre ”. Detto questo, “l’energia arriva dalla motivazione. Puoi essere molto forte a 30 o a 40 anni, ma se non hai una motivazione e non vedi il futuro, non ti piacerà andare a lavorare”. La sua motivazione? “La mia motivazione è essere al di fuori del mainstream. E’ qualcosa che mi dà una motivazione estrema” .
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