Debutto da 7,8 miliardi per il titolo che farà impazzire il mercato azionario nel 2026

Claudia Cervi

8 Dicembre 2025 - 16:00

Scorporo da Unilever e debutto da 7,8 miliardi: perché il nuovo titolo potrebbe riservare sorprese importanti nel 2026, secondo gli analisti.

Debutto da 7,8 miliardi per il titolo che farà impazzire il mercato azionario nel 2026

La nuova quotazione che sta agitando i desk finanziari europei non è solo un debutto in Borsa: è un test, una scommessa e forse una delle opportunità più sottovalutate di fine 2025. La nuova società, scorporata da un gigante storico, è arrivata contemporaneamente sui listini di Amsterdam, Londra e New York con una valutazione da 7,8 miliardi di euro. Una cifra importante, certo, ma più bassa delle attese. E quando il mercato si aspetta di più e riceve di meno, spesso crea occasioni.

Il titolo ha subito un avvio prudente, oscillando intorno ai 12,8 euro. Un andamento che potrebbe sembrare tiepido, ma che in realtà nasconde una dinamica molto precisa: l’uscita tecnica dei fondi indicizzati, impossibilitati a comprare una matricola che non entra subito nei grandi indici globali. Non è debolezza, è meccanica di mercato. E in passato proprio queste fasi iniziali hanno regalato margini sorprendenti a chi ha saputo leggere tra le righe.

Perché qui, tra le righe, si parla dell’ingresso in Borsa del più grande player indipendente al mondo nel settore dei gelati, Magnum, con una quota del 21% in un mercato da 87 miliardi di dollari. Una potenza industriale che arriva sui listini nel momento più delicato possibile: consumatori che cambiano abitudini, farmaci GLP-1 che riscrivono le diete, regolatori che stringono, la narrativa “Make America Healthy Again” che guadagna terreno.

In un contesto così teso, il mercato potrebbe sorprendere già nel 2026. E chi conosce le dinamiche dei rimbalzi post spin-off sa che, a volte, le storie più interessanti nascono proprio da debutti sotto tono.

Perché Magnum ha un potenziale non prezzato

Il debutto di Magnum racconta una storia diversa da quella che appare nei grafici delle prime ore. La valutazione da 7,8 miliardi di euro ha sorpreso gli analisti perché inferiore alle stime più diffuse, molte delle quali indicavano un range tra 10,1 e 10,8 miliardi. Ma questo scostamento non nasce da un problema di fondamentali: è l’effetto diretto di uno spin-off che il mercato sta ancora assorbendo. La mancata inclusione immediata nei grandi indici globali ha infatti generato vendite automatiche da parte dei fondi indicizzati, un passaggio tecnico che pesa all’inizio ma tende a dissolversi con rapidità.

Il vero dato che sta facendo riflettere gli investitori più attenti è lo sconto espresso dal titolo. Con un EV/EBITDA pari a 8 volte, Magnum viene valutata il 41% in meno rispetto ai colossi alimentari con cui compete sul mercato globale. Una forbice così ampia, in un settore da 87 miliardi di dollari e con una quota del 21%, difficilmente resta aperta a lungo. È qui che si gioca la parte più interessante della quotazione: Magnum non sta scontando né la forza dei suoi marchi né il potenziale della nuova indipendenza operativa, due elementi che in passato hanno permesso ad altri spin-off di recuperare terreno molto velocemente.

Il mercato guarda il breve termine, ma la storia industriale di Magnum suggerisce che il pricing attuale potrebbe essere solo una fase transitoria. E proprio questo gap tra valore percepito e valore potenziale alimenta l’idea che il titolo abbia ancora margini da colmare, soprattutto quando la volatilità iniziale si sarà assestata.

Le vere sfide che Magnum deve superare nel 2026

Il percorso di Magnum come società indipendente parte in salita. L’assenza di dividendi, i costi della separazione da Unilever e le vendite tecniche degli ex azionisti stanno creando una pressione naturale sul titolo. È la fase più delicata per ogni spin-off: il mercato deve liberarsi degli investitori “obbligati” prima che arrivino quelli realmente interessati alla nuova storia industriale.

È proprio dopo questa pulizia che si capisce la direzione di un titolo. Magnum conta su un vantaggio immediato: ora può muoversi più velocemente, investire dove crede e costruire una strategia senza dover competere con decine di brand interni. L’indipendenza, se gestita bene, può diventare un acceleratore che il mercato non sta ancora prezzando.

Resta però un nodo strategico: Ben & Jerry’s. Il marchio genera il 14% dei ricavi, ma porta con sé una governance complessa e frizioni ereditate dall’era Unilever. Sistemare questo dossier sarà fondamentale per dare solidità al nuovo corso nei prossimi mesi.

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