Controlli fiscali, ecco come le chat di Whatsapp rappresentano prova di evasione

Patrizia Del Pidio

1 Maggio 2025 - 11:16

Il Fisco può utilizzare come prova, nei controlli fiscali, anche le chat di WhatsApp o un loro screen shot. Ecco a cosa fare attenzione.

Controlli fiscali, ecco come le chat di Whatsapp rappresentano prova di evasione

Nei controlli fiscali l’Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza possono usare anche le chat di WhatsApp o anche solo un loro screen shot. Ormai la lotta all’evasione fiscale è una delle priorità dell’esecutivo e per scovare i furbetti e gli evasori i mezzi che il Fisco può utilizzare si moltiplicano. Se un tempo una prova poteva essere rappresentata da un’intercettazione telefonica o da una lettera, oggi, con la tecnologia che ha trasformato radicalmente il modo in cui si comunica, anche le prove da utilizzare nei controlli fiscali si evolvono.

Basta una chat di WhatsApp da cui si evince che si sta evadendo il Fisco o non si stanno dichiarando tutti i redditi a rappresentare una prova documentale valida in caso di accertamento tributario. Le conversazioni e i messaggi inviati, quindi, potrebbero essere utilizzati dall’amministrazione tributaria per individuare l’evasione fiscale o i redditi non dichiarati.

Oggi WhatsApp è la piattaforma di messaggistica utilizzata di più in Italia, sia dagli utenti privati che dalle aziende, con gli account business. Proprio per questo sapere che le chat possono essere utilizzate come prova dall’Agenzia delle Entrate potrebbe allarmare non pochi utilizzatori, soprattutto se hanno inviato messaggi che fanno comprendere che il comportamento dal punto di vista fiscale non è proprio corretto.

La Corte di Cassazione, con la sentenza 1254 del 18 gennaio 2025 ha stabilito che, anche senza la disposizione di un controllo tramite intercettazione, le chat e le foto di WhatsApp possono costituire una prova legale anche durante un processo. Per evitarlo il soggetto interessato dovrebbe disconoscerne l’autenticità. Se i messaggi, però, sono inalterati e può esserne provata l’autenticità, costituiscono una prova legale.

WhatsApp un’arma per il Fisco

I messaggi di WhatsApp possono essere utilizzati come prova legale quando è possibile garantire che il dispositivo da cui provengono sia identificabile e che non sono stati alterati. Come prova possono essere utilizzati anche screenshot e la validità c’è anche se la conversazione originale è stata cancellata dal dispositivo (a patto che si possa dimostrare l’origine e l’autenticità del documento digitale).

Come tutto questo interessa il Fisco? Nel processo tributario fondamentale è la prova documentale e le eventuali ispezioni fiscali coinvolgono anche i dispositivi elettronici. La Guardia di Finanza con la circolare 1 del 2018, infatti, ha sottolineato che nelle ispezioni fiscali possono essere oggetto di controllo e verifica anche i dispositivi elettronici.

Il sequestro del cellulare, che è considerato un bene personale, comporta l’esigenza di poter bilanciare le indagini disposte dall’autorità tributaria e la privacy del cittadino. Ma con la sentenza 8376 del 2025 la Corte di Cassazione ha sottolineato che il cellulare può essere sequestrato insieme ai dati che contiene quando è in atto una indagine fiscale, a patto di rispettare precise condizioni.

Per sequestrare un cellulare è necessario che le autorità riescano a dimostrare che il dispositivo potrebbe contenere tracce di illeciti tributari. In ogni caso il sequestro deve essere disposto dal giudice e non basta il solo sospetto di evasione fiscale, è necessario che siano sospettati reati più gravi (frode fiscale, fatture false o redditi nascosti).

Dopo la sentenza in questione della Corte di Cassazione le chat di WhatsApp, al pari di documenti cartacei, libri contabili e altre prove documentali, possono essere utilizzate dal Fisco per ricercare l’evasione fiscale.

Anche se il giudice non dispone il sequestro dello smartphone , molto spesso WhatsApp viene utilizzato anche su dispositivi aziendali e sul computer (tramite WhatsApp web) e questo rende le conversazioni accessibili durante le perquisizioni.

I messaggi WhatsApp, al pari degli Sms, rappresentano una prova documentale dei fatti che rappresentano, a meno che la parte contro cui è prodotta non ne contesti l’alterazione (ovvero chat e foto non conformi alla realtà).

In quali casi le chat di WhatsApp valgono come prova?

Il valore di prova legale delle chat e di eventuali foto delle stesse, così come degli screen shot di WhatsApp, come abbiamo detto dipendono dall’integrità e dall’autenticità del contenuto, ma come si provano?

Si deve dimostrare che il messaggio o la foto di esso provengano da un dispositivo che può essere identificato e che l’invio e la conservazione non abbiano alterato il suo contenuto. Inoltre la prova deve essere integra e non alterata: per dimostrare questo si può essere supportato anche da strumenti tecnici e da perizie specializzate che possano attestare che il contenuto non è stato manipolato.

E se la controparte contesta l’autenticità, come si procede? Il rischio della contestazione può sempre esserci, soprattutto se la prova è fornita tramite screenshot. In questo caso per stabilire l’autenticità potrebbe essere richiesto o il dispositivo che contiene la chat originale o potrebbe essere richiesta una perizia forense per attestare l’autenticità delle immagini.
Nell’accertamento fiscale, se dai controlli emergesse una contabilità parallela o prove di reato di evasione fiscale le chat di WhatsApp o le eventuali foto delle stesso, potrebbero essere un elemento determinante per le indagini.

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