Contratto a tempo determinato, dopo quanto si trasforma in indeterminato?

Simone Micocci

15 Maggio 2025 - 13:08

Durata, rinnovi e proroghe del contratto a termine. Ecco dopo quanto il contratto a tempo determinato passa a indeterminato.

Contratto a tempo determinato, dopo quanto si trasforma in indeterminato?

Il contratto a tempo determinato è conveniente per le aziende che hanno una necessità limitata nel tempo, ma non deve diventare un pretesto per aggirare i diritti del personale.

Per questo motivo la legge impone regole molte severe, che potrebbero essere inasprite ulteriormente con il referendum alle porte, sulla durata, sul numero massimo di rinnovi e sulle proroghe del contratto a termine.

Il mancato rispetto di queste regole concretizza nella maggior parte dei casi il passaggio a tempo indeterminato, con le conseguenti diverse disposizioni.

Si precisa che la contrattazione collettiva può prevedere deroghe ed eccezioni alle regole generali, che comunque non riguardano i lavoratori stagionali, sottoposti a una differente disciplina. Vediamo ora cosa prevede la legge sul contratto a tempo determinato e dopo quanto tempo passa a indeterminato.

La durata massima del contratto a tempo determinato

Chi assume un dipendente con contratto a tempo determinato deve far fronte a un’esigenza limitata e ben definita. In caso contrario, deve ricorrere al contratto a tempo indeterminato, con le maggiori tutele previste per i dipendenti.

La durata massima del contratto a tempo determinato viene fissata dalla legge per bilanciare gli interessi del datore di lavoro che ha necessità limitate temporalmente e i diritti dei lavoratori. Per questa ragione, il contratto a tempo determinato può avere una durata massima di 12 mesi, mentre in circostanze eccezionali, documentate con le opportune causali, è ammessa la proroga di un contratto a tempo determinato che può così avere una durata massima complessiva di 24 mesi.

Le causali per il rinnovo del contratto a tempo determinato

Come anticipato, per prorogare un contratto a tempo determinato oltre i 12 mesi - ma entro le 24 mensilità - è necessario che il rinnovo abbia le seguenti causali:

  • esigenze temporanee e oggettive non riguardanti l’attività ordinaria;
  • sostituzione di altri lavoratori;
  • significativo aumento dell’attività con carattere temporaneo e non programmabile.

Il dipendente che ha già lavorato per l’azienda resta infatti una risorsa preziosa e più conveniente rispetto a un nuovo lavoratore che non ha esperienza diretta con il datore.

Di conseguenza, in caso di necessità è utile che possa proseguire il rapporto di lavoro, per esempio sostituendo una collega in maternità o aiutando a gestire un improvviso flusso di clienti turisti.

Scrivere la causale nel rinnovo (o nella proroga), ovviamente, non è sufficiente: il motivo indicato deve corrispondere al vero ed essere verificabile.

La durata complessiva del rapporto di lavoro a termine non può comunque superare i 24 mesi. Altrimenti, significa che c’è necessità di un lavoratore a tempo indeterminato, indipendentemente dal più gravoso onere per l’azienda.

Per quante volte può essere rinnovato il contratto a tempo determinato

La legge impone una durata massima per il contratto a tempo determinato, ma non affronta il tema della durata minima. La condizione è che il contratto a termine non superi la durata di 12 mesi o di 24 se ci sono le causali previste dalla legge. Pertanto, entro questo limite il contratto a tempo determinato può essere rinnovato un numero indefinito di volte.

Ricordiamo che si intende per “rinnovo” la sottoscrizione di un nuovo contratto a tempo determinato esattamente identico a uno precedente tra lo stesso dipendente e datore di lavoro.

Non cambiano le mansioni, la categoria legale e il livello di inquadramento.

Il contratto a tempo determinato può anche essere semplicemente prorogato, senza sottoscrivere un nuovo contratto ma semplicemente spostando il termine inizialmente previsto. In questo caso, non c’è interruzione tra un periodo e l’altro, pertanto la proroga è ammessa fino a 4 volte nell’arco di 24 mesi. Quest’ultimo resta comunque il limite complessivo del rapporto di lavoro a tempo determinato, anche in caso di rinnovi distanziati nel tempo, per uguali mansioni, livello e categoria legale.

Tanto il rinnovo quanto la proroga che fanno superare il periodo di 12 mesi, inoltre, devono avere le causali previste dalla legge.

Come si conta la durata

Eventuali periodi di interruzione del lavoro, per esempio prima che il contratto a termine sia rinnovato, non incidono sulla durata.

Quest’ultima coincide infatti con la durata complessiva dei rapporti di lavoro tra lo stesso datore e lo stesso dipendente senza variazione di mansioni, livello e categoria legale. Naturalmente, eventuali variazioni non possono essere pretestuose, ma devono corrispondere all’effettivo rapporto di lavoro.

Dopo quanto tempo passa a indeterminato

Per rinnovare o prorogare un contratto a tempo determinato serve l’accordo tra dipendente e datore di lavoro. Ciò vale anche per il passaggio a un contratto a tempo indeterminato, che comunque può essere sottoscritto fin da subito.

Essendovi però dei limiti alla durata del contratto a termine, il passaggio a indeterminato avviene in automatico quando le regole non vengono rispettate. In caso di durata superiore a 24 mesi il rapporto diventa a tempo indeterminato dal primo giorno di superamento del termine e lo stesso accade oltre i 12 mesi in assenza di causali a norma di legge. Indipendentemente dalla durata, poi, il contratto passa a indeterminato quando viene prorogato 5 o più volte nell’arco di 2 anni.

Dal lato pratico, lavoratore e datore di lavoro possono anche non prendere atto del passaggio, che comunque offre un’importante tutela al dipendente. Quest’ultimo, per esempio, può agire in giudizio contro un licenziamento illegittimo alla presunta scadenza del contratto che supera la durata di 24 mesi. Trattandosi di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato, infatti, avrebbe avuto diritto a maggiori tutele, come il preavviso o una comprovata giusta causa.

Il referendum dell’8 e 9 giugno

La normativa in vigore potrebbe mutare con il referendum per cui si vota l’8 e il 9 giugno.

I cittadini potranno infatti esprimere il proprio consenso alla modifica delle regole, imponendo la causale per sottoscrivere ogni contratto a tempo determinato, anche se inferiore a 12 mesi.

Contestualmente, verrà chiesto se impedire l’uso di causali generiche concordate tra le parti. Questo è infatti il terzo quesito del referendum, che interroga anche sulle tutele previste per i lavoratori licenziati illegittimamente. Potrebbe così venire meno anche il tetto massimo al risarcimento in caso di licenziamento illegittimo da piccole aziende (fino a 15 dipendenti), come pure potrebbe tornare l’obbligo di reintegra per gli assunti dopo il 2015. Tutto dipende dall’esito del referendum.

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