I 10 Paesi con maggiori riserve di petrolio al mondo

Money.it Guide

6 Agosto 2025 - 16:01

Quali sono i Paesi con più petrolio al mondo? E i maggiori produttori? Ecco dove si collocano le maggiori riserve della materia prima.

I 10 Paesi con maggiori riserve di petrolio al mondo

In un mondo sempre più orientato verso la decarbonizzazione, il petrolio rimane ancora oggi una risorsa cruciale che plasma equilibri geopolitici e strategie energetiche globali. Conoscere i Paesi che detengono le maggiori riserve provate di petrolio significa comprendere meglio quali nazioni mantengono un ruolo chiave nel lungo termine, indipendentemente dalla capacità produttiva attuale.

Nel 2025, Venezuela guida la classifica mondiale con circa 303 miliardi di barili di riserve provate, seguito da Arabia Saudita con 267 miliardi e Iran con circa 209 miliardi, cifre che insieme rappresentano oltre il 50 % dei 1,5–1,6 trilioni di barili stimati globalmente.

Seguono nazione come Canada (tra 163 e 168 mld), Iraq ( 145 mld), Emirati Arabi Uniti ( 113 mld), Kuwait ( 101,5 mld), Russia ( 80 mld), Stati Uniti ( 68–74 mld) e Libia ( 48 mld).

È importante sottolineare che il possesso di grandi volumi di riserve non garantisce automaticamente una elevata produzione o potenza esportativa: ad esempio il Venezuela, nonostante le sue enormi riserve, producendone solo lo 0,8 % del totale globale nel 2023 a causa di crisi politiche e sanzioni, resta molto distante dai leader produttivi. Al contrario, gli Stati Uniti sono il più grande produttore mondiale, pur disponendo di riserve nettamente inferiori rispetto ai Paesi OPEC.

Questa distinzione tra riserve geologiche disponibili e capacità reale di estrazione rivela gli aspetti più complessi della geopolitica del petrolio, dove fattori tecnici, economici e politici concorrono a determinare la posizione effettiva dei Paesi nel panorama energetico globale.

I 10 Paesi con maggiori riserve di petrolio al mondo

La classifica delle riserve petrolifere accertate mostra con chiarezza come la ricchezza energetica sia concentrata in pochi Paesi, molti dei quali membri dell’OPEC, l’Organizzazione dei Paesi Esportatori di Petrolio. Stando ai dati Statista (e non solo) di fine 2023, i primi dieci Paesi al mondo per riserve di petrolio sono i seguenti.

  1. Il Venezuela con 303 miliardi di barili (membro OPEC) è il Paese con le maggiori riserve comprovate al mondo. Tuttavia, a causa della profonda crisi economica e delle sanzioni internazionali, la produzione venezuelana è in netto calo. Il settore petrolifero, che un tempo finanziava gran parte del bilancio statale, oggi fatica a sostenere l’economia nazionale.
  2. L’Arabia Saudita con 267 miliardi di barili (OPEC) è uno dei massimi produttori al mondo grazie anche a bassissimi costi di estrazione. Con oltre 11 milioni di barili al giorno pompati nel 2023, è un attore chiave nel mercato globale.
  3. L’Iran con 209 miliardi di barili (OPEC) risulta essere al terzo posto. Nonostante le sanzioni e gli attacchi di Israele e Usa, ha aumentato le esportazioni a 1,8 milioni di barili al giorno e una parte rilevante delle riserve globali.
  4. Il Canada con 163 miliardi di barili (non OPEC) possiede le sue riserve sotto forma di sabbie bituminose, il che richiede costose tecnologie estrattive.
  5. L’Iraq con 145 miliardi di barili (OPEC) nonostante decenni di guerre e instabilità politica, continua a essere un produttore importante nel panorama energetico mondiale.
  6. Gli Emirati Arabi Uniti, con 113 miliardi di barili (OPEC) e una politica energetica stabile e forti investimenti in tecnologia, consolidano la loro posizione tra i grandi esportatori di petrolio.
  7. Il Kuwait con 102 miliardi di barili (OPEC), pur essendo un piccolo Paese ha una presenza significativa nel mercato petrolifero, con infrastrutture ben sviluppate e una produzione costante.
  8. La Russia con 80 miliardi di barili (OPEC), nonostante le tensioni con l’Occidente e le sanzioni, resta una delle potenze energetiche mondiali, sia per il petrolio che per il gas.
  9. Stati Uniti con 74 miliardi di barili (non OPEC), grazie allo shale oil, sono diventati il maggior produttore mondiale, ma le riserve accertate restano inferiori rispetto ad altri giganti.
  10. Libia con 48 miliardi di barili (OPEC) presenta un potenziale enorme, ma la cronica instabilità politica frena la piena valorizzazione delle sue risorse.

L’emblematico caso del Venezuela

Come si evince, quindi, il Venezuela ha le più grandi riserve di petrolio al mondo. Nel 2023, aveva riserve provate pari a oltre 303 miliardi di barili. La maggior parte di questa quantità era detenuta nei depositi rocciosi della Cintura dell’Orinoco sotto forma di sabbie bituminose.

Tuttavia, nonostante il suo grande potenziale, i disordini politici e le conseguenti sanzioni da parte del suo più importante importatore, gli Stati Uniti, hanno colpito l’industria petrolifera venezuelana. Le attuali esportazioni di petrolio in Venezuela sono solo un terzo di quelle del 2012.

Il potere dei Paesi OPEC

Statista fa notare che la maggior parte dei principali Paesi detentori di riserve di petrolio sono membri dell’OPEC. Ora composta da 13 stati membri, la quota OPEC delle riserve globali di petrolio greggio è di circa l’80%. La maggior parte dei membri del cartello si trova in Medio Oriente, che detiene circa la metà della quota globale. Per questo, resta una regione chiave per le dinamiche relative a questa materia prima.

I numeri appena elencati includono petrolio greggio, olio di scisto, sabbie bituminose e GNL (il contenuto liquido del gas naturale, dove viene recuperato separatamente), ma non combustibili liquidi da biomassa e derivati ​​del carbone.

Paesi con più produzione e consumo di petrolio

Considerando la produzione di petrolio in milioni di barili al giorno nel 2023, questa è la lista dei Paesi che ne hanno prodotto di più (dati da U.S. Energy Information Administration, International Energy Statistics, Total oil (petroleum and other liquids) production):

  • Stati Uniti: 21,91;
  • Arabia Saudita: 11,13;
  • Russia: 10,75;
  • Canada: 5,76;
  • Cina: 5,26;
  • Iraq: 4,42;
  • Brasile: 4,28;
  • Emirati Arabi Uniti: 4,16;
  • Iran: 3,99;
  • Kuwait: 2,91.

Infine, per quanto riguarda il consumo, se il Medio Oriente spicca per la più forte produzione, a consumare più combustibile sono Nord America e la zona dell’Asia Pacifico. Le ragioni sono quasi ovvie: più sviluppo e popolazione.

Gli Stati Uniti e la Cina sono i maggiori consumatori di petrolio al mondo, con un totale rispettivamente di 19 milioni e 16,6 milioni di barili al giorno.

Nell’ultimo decennio, la quota di consumo globale di petrolio da parte di Europa e Nord America ha iniziato a diminuire, mentre i livelli di consumo da parte di Asia Pacifico e altre regioni sono aumentati. Poiché altre fonti di energia diventano più convenienti e grazie all’importanza delle nuove tecnologie di trasporto, si prevede che il consumo di petrolio in tutto il mondo raggiungerà un picco nel prossimo futuro.

Tra i dati che emergono c’è anche l’esiguo utilizzo interno di petrolio dell’Africa e il ben poco rilevante livello di produzione europeo, che spiega la dipendenza dalle importazioni energetiche del nostro continente.

Petrolio e crisi geopolitiche: come oscilla il prezzo con le guerre

Il prezzo del petrolio è uno degli indicatori economici più sensibili agli eventi geopolitici. Conflitti, tensioni internazionali e sanzioni possono influenzare il mercato in tempi brevissimi, provocando oscillazioni che incidono sui costi energetici globali e, di conseguenza, su inflazione, trasporti e produzione industriale.

Un esempio recente è rappresentato dalle tensioni tra Iran-Israele e Stati Uniti. Dopo l’attacco israeliano, il prezzo del petrolio è schizzato verso l’alto per il timore di un’escalation nella regione del Golfo, da cui proviene circa un terzo della produzione globale. Tuttavia, il successivo attacco di rappresaglia iraniano contro basi statunitensi ha innescato un crollo dei prezzi, segno della forte volatilità del mercato.

Un altro scenario ad alto rischio guardando all’Iran è che il Paese decida di chiudere lo Stretto di Hormuz, punto di passaggio strategico attraverso cui transita circa il 20% del traffico petrolifero mondiale. Un’eventuale chiusura da parte dell’Iran potrebbe avere effetti devastanti sui prezzi, ma è considerata poco probabile da molti analisti, poiché rappresenterebbe una mossa estrema che priverebbe Teheran di una delle sue principali leve diplomatiche.

Le guerre e le crisi quindi non influiscono solo sui prezzi, ma anche sulle decisioni strategiche dei Paesi produttori, sulle scorte globali e sugli investimenti in fonti energetiche alternative. In un contesto sempre più instabile, il petrolio continua a essere un barometro cruciale per capire la direzione della politica internazionale, dimenticando che questo prodotto è altamente infiammabile, come la scacchiera geopolitica: basta poco per far sì che tutto bruci.

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