Cina: obiettivo Pil al 5%. Petrolio e materie prime frenano

Violetta Silvestri

06/03/2023

06/03/2023 - 08:40

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Cina sotto i riflettori: l’annuncio di un target modesto di crescita nel 2023, con un +5%, ha depresso le materie prime, che molto dipendono dalla domanda del gigante asiatico.

Cina: obiettivo Pil al 5%. Petrolio e materie prime frenano

La Cina crescerà “solo” del 5% nel 2023: l’obiettivo valutato modesto sta spegnendo l’entusiasmo sull’entità della ripresa della potenza mondiale e i prezzi delle principali materie prime scambiate in Asia sono in frenata.

Il petrolio, soprattutto, è in calo dopo che la Cina ha fissato il suo target per il Pil ai livelli più bassi da decenni, mentre permangono timori per un’ulteriore stretta monetaria da parte della Federal Reserve.

Da evidenziare, che la Cina ha registrato un aumento del Prodotto interno lordo del 3% lo scorso anno, mancando, come raramente accade, il raggiungimento dell’obiettivo nazionale.

Il Paese aveva fissato un obiettivo di crescita di circa il 5,5% per il 2022. Ma i controlli Covid, compreso il blocco di due mesi di Shanghai, e la crisi immobiliare hanno frenato la crescita.

Le materie prime, strettamente legate alla domanda del gigante cinese, stanno soffrendo e i prezzi sono in calo. Anche del petrolio.

C’è un effetto Cina sulle materie prime: il dragone delude

I prezzi del petrolio sono in calo. I futures sul WTI scambiano a 79,12 dollari al barile, con un calo dello 0,70% e quelli sul Brent a 79,12 dollari, a -0,79% alle ore 8.24 circa.

La decisione della Cina di fissare un modesto obiettivo di crescita economica del 5% per il 2023 potrebbe mettere a repentaglio l’ottimismo dei mercati delle materie prime, che avevano anticipato un’impennata della domanda da parte del più grande acquirente mondiale di risorse naturali.

Il target sul Pil è stato fissato domenica quando la Cina ha dato il via alla sua sessione annuale del Congresso nazionale del popolo, con il premier uscente Li Keqiang che ha sottolineato la necessità di rafforzare la stabilità economica e aumentare i consumi.

Le prospettive, però, non sono così cupe. Refinitiv stima che la Cina abbia importato 11,85 milioni di barili al giorno (bpd) a febbraio, rispetto ai 10,98 milioni di barili al giorno di gennaio.

Se i numeri ufficiali sono in linea, febbraio sarà il mese più forte per le importazioni di greggio da luglio 2020. Il punto è se il consumo di greggio continuerà ai livelli elevati dei primi due mesi del 2023 o se si stabilizzerà man mano che la domanda iniziale di viaggi dopo la fine delle restrizioni sarà soddisfatta.

Molto dipenderà anche dal fatto che Pechino continui a incoraggiare le raffinerie a esportare carburanti come diesel e benzina, con i flussi di questi prodotti che sono aumentati negli ultimi mesi, mentre la Cina ha cercato di rilanciare l’attività economica e di consentire alle sue raffinerie di catturare alcuni degli alti margini di profitto nei mercati mondiali dei carburanti.

Per quanto riguarda le altre materie prime, dal minerale di ferro al rame, sono tutte diminuite all’annuncio del target cinese.

Il minerale di ferro è sceso dell’1% a 124,10 dollari la tonnellata a Singapore. Il rame è diminuito dello 0,7% a 8.917 dollari la tonnellata sul London Metal Exchange, lo zinco ha perso l’1,3% e l’alluminio è sceso dello 0,6%.

“Il messaggio è che il governo cinese mira solo a sostenere e stabilizzare l’economia, invece di emettere massicci stimoli”, ha affermato Jiang Hang, capo del trading presso Yonggang Resources Co. Gli investitori esteri sono stati eccessivamente ottimisti riguardo al potenziale per ulteriori sostegni e i rialzisti hanno scommesso “troppo pesantemente su metalli come il rame”, ha detto l’analista.

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