Cosa significa il termine NEET e, soprattutto, perché in Italia si parla di un’emergenza: ecco chi sono e cosa c’è da sapere su questo fenomeno generazionale.
Chi sono i NEET? Negli ultimi tempi si sente parlare sempre più spesso di questo termine, ma in pochi conoscono a pieno il suo significato e perché, soprattutto in Italia, il loro numero così alto sta iniziando a essere un problema.
Per prima cosa allora occorre chiarire cosa significa NEET, anche se nel corso di questo articolo spiegheremo più nel dettaglio tutte le varie sfumature del significato di questo termine.
NEET è un acronimo che nella lingua inglese sta per Not in Education, Employment or Training, ovvero letteralmente in italiano Non impegnati in istruzione, lavoro o formazione.
Con questo termine generalmente si identificano quei giovani tra i 15 e i 34 anni che non studiano, non lavorano e non seguono alcun percorso formativo.
Un po’ come cantavano i CCCP qualche anno fa “Non studio non lavoro non guardo la tv, non vado al cinema non faccio sport”, i NEET non solo non studiano, ma non sarebbero anche interessati a trovare un lavoro a seguire un percorso formativo.
Cerchiamo allora di approfondire le radici di questo fenomeno, visto che l’Italia è il secondo paese Ue per incidenza dei NEET.
NEET: significato dell’acronimo e definizione
Acronimo della frase inglese Not in Education, Employment or Training, con il termine NEET si fa riferimento ai giovani che al momento non sono impegnati né in un percorso di studi o formazione e né in alcun tipo di lavoro. Entrando nei dettagli, come spiegato dalla Treccani, questo inglesismo fa riferimento alla:
«quota di popolazione di età compresa tra 15 e 29 anni che non è né occupata, né inserita in un percorso di istruzione o di formazione. Il riferimento è a qualsiasi tipo di educazione scolastica o universitaria e a qualsiasi genere di processo formativo [...] Il fenomeno NEET include al suo interno diverse componenti, come i disoccupati veri e propri, cioè i giovani alla ricerca attiva di occupazione che non lavorano ancora, gli inattivi, cioè i giovani che non cercano e non sono disponibili a lavorare, gli scoraggiati, vale a dire i giovani che hanno definitivamente rinunciato a cercare un’occupazione e sono usciti dal mercato del lavoro».
Il termine NEET, quindi, indica i giovani che hanno perso il treno dell’istruzione, che restano ai margini del mercato occupazionale e che rischiano di non contribuire al sistema previdenziale. Sono quei ragazzi rimasti esclusi sia dal mondo della formazione che da quello del lavoro: non studiano, non frequentano corsi di formazione e non riescono a trovare un impiego.
Il fatto che ultimamente si senta parlare con una certa frequenza di tale questione non è di certo una buona notizia. Vuol dire, infatti, che sempre più giovani non sono ancora riusciti a trovare il percorso da seguire per la propria vita.
Come nasce il termine NEET?
Neologismo introdotto dagli studiosi John Bynner e Samantha Parsons in un articolo scientifico dal titolo Social exclusion and the transition from school to work: the case of young people not in education, employment of training (NEET), tale acronimo è stato usato per la prima volta nel 2002. Secondo i due studiosi, tale fenomeno generazionale non è altro che una diretta conseguenza della mancata volontà dei soggetti interessati di responsabilizzarsi e delle difficoltà sociali riscontrate nel passaggio all’età adulta.
In particolare, a loro avviso, sono NEET i giovani che non compiono i seguenti cinque passi ritenuti fondamentali per diventare adulti:
- lasciare la casa dei genitori;
- completare il percorso scolastico e formativo;
- entrare nel mondo del lavoro;
- formare un nucleo familiare;
- assumere il senso di responsabilità verso i figli.
Nella realtà dei fatti si tratta di un fenomeno molto più complesso, risultato di motivi molto più profondi. Ovvero è la conseguenza delle difficoltà strutturali e sistemiche con cui i giovani devono fare i conti sia per quanto concerne i percorsi di studio e formazione che per il mercato del lavoro. Non è, inoltre, possibile definire un profilo a priori di un NEET. Questo perché si tratta di una categoria composta da persone provenienti da diversi contesti e situazioni.
Basti pensare ai giovani che hanno iniziato a lavorare a nero poco dopo aver terminato la scuola dell’obbligo. Ma non solo, rientrano in tale categoria anche molti giovani demotivati che hanno deciso di smettere di cercare un impiego a causa delle difficoltà riscontrate per l’ingresso nel mercato del lavoro, così come laureati che hanno appreso delle competenze che risultano obsolete per le richieste aziendali.
NEET: i dati in Italia
L’Italia è uno dei Paesi con la quota di NEET più alta in Europa; stando agli ultimi dati Eurostat che si riferiscono al 2023, siamo al secondo posto per incidenza tra gli Stati membri dell’UE: peggio di noi farebbe solo la Romania.
Stando all’analisi in Italia nella fascia 15-29 anni ci sarebbe un 16,1% di NEET, ben oltre la media dell’Unione europea che si attesta all’11,2%.
Entrando più nel dettaglio, i NEET sarebbero molti di più al Sud rispetto che al Nord: per esempio a Noto (Siracusa) la percentuale è del 39,2%, a Monreale (Palermo) del 38,8% e a Napoli del 37,3%.
Numeri non belli anche se in miglioramento rispetto al biennio della pandemia - 2020 e 2021, quando in Italia si è stimato che i NEET fossero più del 23% dei giovani, mentre nel 2022 il dato è stato del 19%.
Insomma in Italia il numero dei giovani che non studiano, non lavorano e non lo cercano, per i dati Eurostat sarebbe in continua diminuzione, ma c’è poco da festeggiare perché siamo sempre tra i peggiori nell’Ue.
Perché i NEET sono un problema
Essere un NEET è un problema non solo per sé stessi, ma anche per l’Italia. Per prima cosa questi giovani spesso perdono anni importanti per lo sviluppo di competenze professionali e personali.
Per l’Italia questo si traduce in:
- minore produttività;
- maggiori costi per sussidi, assistenza e servizi pubblici;
- minori entrate fiscali.
Inoltre più a lungo una persona resta fuori da studio e lavoro, più difficile è rientrare nel sistema per motivi psicologici, culturali o legati alle competenze.
In Italia l’alto numero di NEET spesso non è dovuto solo a svantaggiate situazioni economico-culturali, ma anche a un sistema familiare dove i giovani vengono spronati poco a trovare una propria strada preferendoli tenere a casa e facendoli vivere dei risparmi dei genitori.
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