Chi prende l’indennità di accompagnamento può lavorare?

Claudio Garau

31 Gennaio 2023 - 12:27

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L’indennità di accompagnamento è assegnata se ricorrono requisiti sanitari ad hoc, ma di fatto beneficiarne significa dover rinunciare ad una possibile occasione di lavoro? Facciamo chiarezza.

Chi prende l’indennità di accompagnamento può lavorare?

Proprio come già le prestazioni a sostegno della famiglia, pensiamo ad es. all’assegno di natalità e alle detrazioni fiscali ad hoc, le quali sono state assorbite nel nuovo assegno unico ed universale figli a carico, anche l’indennità di accompagnamento sarà in futuro rivoluzionata. All’orizzonte abbiamo infatti l’assegno unico universale per gli anziani invalidi, vale a dire una prestazione ’unica’ che avrà la funzione di assorbire le varie agevolazioni valevoli oggi verso questa categoria di persone non autosufficienti, inclusa l’indennità di accompagnamento. Proprio per questo motivo sarà denominato anch’esso ’unico e universale’. Detto nuovo assegno è infatti previsto dal disegno di legge approvato dal Consiglio dei Ministri del 19 gennaio scorso.

Si tratta di un obiettivo compreso nel piano del PNRR e detta misura, oltre a razionalizzare il quadro delle prestazioni economiche, avrà lo scopo di spostare almeno parte dell’assistenza degli anziani disabili verso la dimensione domiciliare, in modo da alleggerire in qualche modo il carico sulle strutture del sistema sanitario nazionale.

Nel frattempo però l’indennità di accompagnamento continua ad essere applicata con le sue attuali regole, ben dettagliate nel sito web ufficiale dell’istituto di previdenza, l’ente che di fatto eroga la prestazione agli aventi diritto. Di seguito coglieremo l’occasione per ricapitolare i tratti salienti dell’indennità, ma soprattutto risponderemo ad una domanda che non poche persone si fanno: chi percepisce detta prestazione economica di sostegno contro l’invalidità, può lavorare? Oppure il solo fatto di essere beneficiari dell’accompagnamento impedisce di svolgere attività lavorative e di percepire dunque il correlato reddito? Scopriamolo insieme nel corso di questo articolo.

Indennità di accompagnamento: tratti essenziali e contesto di riferimento

Prima di rispondere al quesito posto in apertura, ricordiamo in breve i tratti essenziali dell’indennità di accompagnamento, così come indicati sul sito web dell’Inps. Ebbene, detta prestazione economica viene versata su iniziativa dell’interessato ed avente diritto, vale a dire il soggetto mutilato o invalido totale per cui è stata acclarata da una apposita commissione medica l’impossibilità di deambulare senza il supporto di un accompagnatore, oppure l’incapacità di svolgere gli atti quotidiani della vita.

Altro aspetto chiave dell’indennità di accompagnamento è che essa spetta ed è rivolta a favore di tutti i cittadini con i requisiti sanitari residenti in forma stabile nel nostro paese, al di là del reddito personale annuo e dall’età.

Inoltre, la prestazione economica in oggetto è pagata per 12 mensilità a partire dal primo giorno del mese posteriore alla presentazione della domanda o, in via eccezionale, dalla data specificata dalle commissioni sanitarie nel verbale di riconoscimento dell’invalidità civile. Come abbiamo accennato, infatti, lo stato di disabilità deve essere opportunamente verificato con una visita in cui vi è anche un medico Inps. Non dimentichiamo altresì che il pagamento dell’indennità viene sospeso in ipotesi di ricovero a totale carico dello Stato per un periodo maggiore di 29 giorni. D’altronde verrebbe meno la finalità ’assistenzialistica’ della misura, perché di fatto sarebbe la struttura sanitaria a sostituirsi a chi garantisce appunto l’accompagnamento.

Lo rimarchiamo perché è un punto importante: a differenza di altri aiuti assistenziali, in questo caso non servirà rientrare in un range reddituale o provare degli introiti massimi annui con il modello ISEE. Piuttosto, onde ottenere la prestazione è sempre obbligatorio che la minorazione sia stata individuata nel verbale emesso dall’apposita commissione medico legale alla fine dell’accertamento sanitario.

Si può lavorare pur percependo l’indennità di accompagnamento?

Veniamo al punto. Proprio l’Inps chiarisce qual è la risposta da dare al quesito che ci siamo posti in apertura e, nel proprio sito web, indica infatti che non vi è incompatibilità tra la situazione di chi prende l’indennità di accompagnamento e svolge un lavoro. Ovvero: una situazione non esclude l’altra e dunque per l’istituto di previdenza un percettore può essere al contempo anche lavoratore.

Attenzione però, nella domanda di avvio dell’iter per vedersi riconosciuta l’indennità, oltre ad essere immessi anche i dati socioeconomici, occorre in particolare indicare l’eventuale svolgimento di attività lavorativa, in modo da mettere comunque l’Inps al corrente della situazione.

Ma come abbiamo appena detto si può parlare di coesistenza delle situazioni, tanto che l’istituto nel proprio sito indica chiaramente che: “l’indennità di accompagnamento è compatibile con lo svolgimento di attività lavorativa, dipendente o autonoma, e con la titolarità di una patente speciale”. Perciò è ammesso ad es. anche il caso di chi, lavoratore e percettore dell’accompagnamento, si rechi sul luogo di lavoro con un mezzo di trasporto adeguatamente adattato al proprio status di disabile.

Ulteriori chiarimenti in tema di requisiti

Nonostante la rigida serie di requisiti che occorre possedere per accedere alla prestazione, l’indennità di accompagnamento non si contrappone allo svolgimento dell’attività lavorativa, ma - com’è ovvio - detti requisiti debbono pur sempre coesistere. Ci riferiamo in particolare agli aspetti di ambito sanitario, quali:

  • il riconoscimento dell’inabilità totale e permanente (100%);
  • il riconoscimento dell’impossibilità a compiere autonomamente gli atti quotidiani della vita senza un’assistenza continua;
  • il riconoscimento dell’impossibilità a deambulare in modo autonomo senza il supporto costante di un accompagnatore.

Ribadiamo che, onde conseguire l’indennità di accompagnamento, occorre comunque che la minorazione sia stata riconosciuta nel verbale emesso dalla commissione medico legale ad hoc, alla fine dell’accertamento sanitario.

Attenzione però, perché l’invalido che – nonostante l’invalidità al 100% e l’inabilità a compiere da solo le varie attività del quotidiano – è in grado comunque di svolgere un’attività lavorativa, sarà comunque tenuto ad iscriversi a delle liste speciali per il collocamento mirato presso il centro dell’impiego. Questo vuol dire che sarà assunto in virtù delle agevolazioni di cui alla legge 68/99, che tutela le categorie protette come quelle degli invalidi, e consente loro di essere assunti con alcune facilitazioni.

Conclusioni

Nel corso di questo articolo abbiamo visto che le persone con invalidità riconosciuta, ovvero alle quali è stata riscontrata una riduzione della capacità lavorativa da parte di una commissione medica ad hoc, oltre a percepire l’indennità di accompagnamento, non perdono il diritto di lavorare e di ottenerne dunque il relativo reddito. Questo perché secondo la legge essere non autosufficienti e invalidi al 100% non equivale ad essere impossibilitati in modo permanente ed assoluto a compiere qualsiasi attività di lavoro.

In altre parole, detta indennità dovuta ad invalidità non è per definizione incompatibile con lo svolgimento di un lavoro. D’altronde con la parola invalidità, infatti, si fa riferimento alla riduzione della capacità lavorativa. Questo vuol dire che, nella maggioranza dei casi, un’attività di lavoro può comunque essere esercitata - pur con un’attitudine al lavoro ridotta e con prescrizioni e limitazioni. Piuttosto l’impossibilità di lavorare vale solo se ricorre lo status di inabilità assoluta e permanente a compiere un’attività, ma è una distinta situazione rispetto a quella di chi ha i requisiti e percepisce l’indennità di accompagnamento.

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