Campari e quel sequestro delle azioni. Cosa rischia ora il titolo

Laura Naka Antonelli

3 Novembre 2025 - 17:41

Azioni Campari maglia nera di Piazza Affari dopo la notizia che ha riempito le pagine dei giornali e che vede nei guai l’azionista di controllo Lagfin.

Campari e quel sequestro delle azioni. Cosa rischia ora il titolo

La precisazione di Campari, a seguito della notizia bomba relativa al sequestro delle azioni da oltre 1,2 miliardi di euro disposto dalla Guardia di Finanza di Milano nei confronti di Lagfin SCA, azionista di controllo del gruppo, è arrivata subito.

D’altronde, la domanda è inevitabile: fino a che punto i guai del suo maggiore azionista - e si sta parlando di un azionista che detiene l’80% dei diritti di voto del gruppo - può avere ripercussioni sulle azioni dell’azienda italiana?

Pronte le rassicurazioni sulla solidità del Gruppo Campari dall’azienda e da Lagfin

Campari non ci ha pensato due volte e ha diramato prontamente un comunicato stampa nella giornata di venerdì scorso, 31 ottobre 2025, lo stesso giorno in cui diversi articoli hanno parlato della vicenda che ha colpito Lagfin come di un vero e proprio terremoto esploso nel mondo della finanza.

Così il colosso tra i principali player a livello globale nel settore degli spirits:

“In relazione agli articoli di stampa relativi al contenzioso tra Lagfin e l’amministrazione finanziaria, il Gruppo Campari precisa che la disputa non riguarda Davide Campari-Milano N.V. né il gruppo Campari. Ergo, non vi è alcuna conseguenza né per Davide Campari- Milano N.V. né per il Gruppo Campari”.

Una rassicurazione è stata data dallo stesso azionista di controllo del Gruppo Campari colpito dalla vicenda, ovvero da Lagfin:

“In relazione agli articoli di stampa relativi al sequestro conservativo delle azioni Campari per un controvalore di 1,2 miliardi di euro, Lagfin precisa che la questione attiene un contenzioso fiscale in essere da circa due anni e che non ha mai riguardato in alcun modo il gruppo Campari. Lagfin è certa di aver sempre operato nel pieno rispetto di tutte le norme, incluse quelle fiscali italiane e si difenderà vigorosamente con sereno vigore in tutte le sedi deputate. Poiché Lagfin detiene oltre l’80% dei diritti di voto di Campari, la misura non è assolutamente in grado di intaccare la partecipazione di controllo di Lagfin in Campari”.

Azioni Campari maglia nera del Ftse Mib di Piazza Affari, ma nessun tracollo dopo -4,5%

Un qualche effetto queste rassicurazioni lo hanno avuto visto che le azioni Campari hanno ridotto le perdite nel proseguio della giornata di contrattazioni di Piazza Affari di oggi, lunedì 3 novembre 2025.

Dopo aver aperto in calo fino a -4,5%, il titolo Campari registra infatti una perdita all’incirca del 2%, a quota 5,918 euro.

Nessun tracollo dunque di Borsa, anche se le azioni si confermano maglia nera del Ftse Mib di Piazza Affari, in una sessione in cui l’indice benchmark della borsa di Milano registra un timido rialzo.

In evidenza la performance delle azioni Campari, reduci da un rialzo di oltre il 4% negli ultimi cinque giorni di contrattazioni e di oltre il 5% sul Ftse Mib nell’ultimo mese.

Negli ultimi tre mesi il titolo ha tuttavia perso più dell’8%.

YTD, ovvero dall’inizio del 2025, la performance è di una flessione che oscilla attorno a -1,7% mentre, su base annua, il trend è di un calo del 4,6%.

Da segnalare il rally recente delle azioni a seguito della pubblicazione della trimestrale.

Ecco cosa è successo. All’origine di tutto la fusione per incorporazione della controllata di Lagfin

La pessima notizia per il Gruppo Campari è arrivata per l’appunto venerdì scorso, 31 ottobre, quando dalle agenzie di stampa si è appreso che, su ordine della Procura di Monza, la Guardia di Finanza di Milano ha eseguito un sequestro preventivo da oltre 1,2 miliardi di euro nei confronti dell’azionista di controllo del Gruppo Campari, ovvero della holding lussemburghese Lagfin SCA.

Il sequestro è stato disposto nella serata di venerdì, a seguito della chiusura delle contrattazioni di Piazza Affari.

Alla base del sequestro, il sospetto sull’ipotesi di reato “ dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici”, che sarebbe stato commesso da Lagfin e che ha dato il via già da due anni a una inchiesta del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Gdf di Milano, coordinata dal PMI Michele Trianni.

L’indagine è scattata a seguito di una verifica da parte del fisco lanciata tra gli anni 2023 e 2024 sulla filiale italiana di Lagfin.

Se Lagfin ha assunto il controllo del gruppo, è stato infatti grazie a una operazione straordinaria, con cui la holding lussemburghese ha assorbito la propria controllata italiana, che deteneva la maggioranza delle azioni Campari.

Nel 2018, di fatto, Lagfin procedette alla fusione per incorporazione della sua controllata italiana Alicros, che a quei tempi aveva in mano il controllo del gruppo produttore dello storico omonimo aperitivo.

Così facendo, la holding trasferì il pacchetto di Campari dall’Italia a Lussemburgo: operazione che, secondo la normativa fiscale, avrebbe dovuto tradursi nel versamento di una exit tax sulla plusvalenza di circa € 5,3 miliardi, che sarebbe stata realizzata dall’azienda senza essere stata però dichiarata al fisco italiano.

Di qui, il sospetto del reato di evasione fiscale a carico di Lagfin, con l’accusa per l’appunto di non aver pagato l’exit tax, o anche tassa di uscita.

Il sospetto sull’exit tax non versata dalla holding azionista di controllo di Campari

Ma cos’è l’exit tax? Si tratta di una tassazione che deve essere versata quando una attività viene trasferita fiscalmente all’estero e che va a colpire le plusvalenze maturate della società italiana incorporata.

Nel caso di Lagfin, a non essere state tassate sarebbero state per l’appunto plusvalenze per un valore di 5,3 miliardi di euro.

L’accusa, ha riportato l’Ansa, è che il gruppo societario, attraverso una serie di complesse operazioni, abbia “solo formalmente trasferito gli asset detenuti dalla società con sede in Italia a una branch domestica neo costituita, mentre le gestione effettiva del ramo d’azienda finanziario veniva esercitata a livello di casa madre estera”.

Di qui la decisione della Procura di Monza di intervenire venerdì scorso, facendo sequestrare alla Guardia di Finanza 1.291.758.703,34 di euro di azioni in possesso di Lagfin, il 16% circa del capitale del gruppo Campari. Si tratta di un valore corrispondente alla tassazione che Lagfin avrebbe evaso, dunque dell’imposta non versata secondo quanto statuito dalla exit tax.

La exit tax è stata infatti concepita per evitare che le società decidano di delocalizzare per non versare la tassazione sulle plusvalenze.

I reati contestati a Lagfin sono di “dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici”, per l’appunto, così come di “responsabilità amministrativa delle persone giuridiche”.

Cosa succede a questo punto? In una nota dedicata al caso gli analisti di Equita SIM hanno riassunto il dossier, facendo notare anche che, “a livello penale, la procura ha iscritto nel registro degli indagati Luca Garavoglia (cui fa capo
la holding Lagfin) e Giovanni Berto (già amministratore di Alicros) per dichiarazione fraudolenta
”.

La SIM ha ricordato che l’indagine era conosciuta già a giugno 2024, quando si era parlato del rischio che la holding lussemburghese venisse colpita da una multa all’incirca di € 1,2 miliardi.

Non si tratta dunque di una vera e propria notizia bomba, visto che, fanno notare gli analisti della SIM milanese, il sequestro “ conferma sostanzialmente l’ammontare della contestazione e il relativo cash-out potenziale per Lagfin, sebbene l’esito finale del contenzioso dipenderà nei tempi e nell’ammontare dalle ulteriori fasi del procedimento”.

Equita ha indicato anche che alcuni articoli di stampa pubblicati nel fine settimana hanno calcolato la cifra del sequestro in un ammontare di € 1,3 miliardi, “presumibilmente includendo gli interessi di mora ”, mentre va ribadito che era già da un anno circa che l’indagine aveva fatto scattare il dubbio che le azioni Campari avrebbero finito con il crollare.

Equita SIM, eventali risvolti negativi per le azioni con ipotesi piazzamento titoli Campari sul mercato

Detto questo, è stata la stessa SIM a sottolineare che, “benchè non vi sia un coinvolgimento diretto di Campari nell’indagine, eventuali risvolti negativi per il titolo sono relativi all’ipotesi che la holding Lagfin decida di ricorrere ad
un piazzamento sul mercato di titoli Campari per far fronte (in tutto o in parte) al pagamento della sanzione
”.

Langfin potrebbe decidere dunque di collocare titoli Campari per finanziare il pagamento di questa imposta dovuta.

Così ha spiegato la SIM:

“Questa eventualità è legata anche al fatto che il bond Lagfin convertibile in azioni Campari da €536 milioni (€429 milioni outstanding, dopo il buy-back per il 20% completato lo scorso marzo) prevede un covenant incurrence (impossibilità di accendere nuovi finanziamenti) per Lagfin in termini di Loan to Value al 30% (stimiamo circa 22% a fine 2025) e in termini di NFP a € 1,65 miliardi (stimiamo circa € 900 milioni a fine 2025E)”.

Va ricordato a tal proposito che il covenant rappresenta un tetto massimo al livello di indebitamento, in rapporto al valore delle azioni possedute.

In questo contesto, Equita ha calcolato che Lagfin potrebbe “ sostenere un esborso fino a circa € 350 milioni senza sforare il covenant di LTV (Loan to Value, ovvero il rapporto tra il debito e il valore dell’attivo o delle partecipazioni possedute) e, pertanto, ipotizzando una sanzione da € 1,3 miliardi, l’ammontare residuale da finanziare tramite eventuale piazzamento di azioni Campari sarebbe di circa € 950 milioni, che ai prezzi attuali corrisponderebbe a circa il 13% del capitale della società”.

In poche parole, per pagare una potenziale multa da 1,3 miliardi di euro, Lagfin potrebbe agire in queso modo.

  • Pagare non più di € 350 milioni senza violare il limite di indebitamento (LTV covenant).
  • Finanziare la parte restante della sanzione, pari a € 950 milioni, vendendo circa il 13% delle azioni Campari, ai prezzi di mercato attuali.

Ma la vendita, ovviamente, finirebbe con il deprimere le quotazioni del titolo Campari.

Con azioni Campari già depresse, aumento di capitale tra altre opzioni a disposizione di Lagfin

Equita fa notare anche un altro particolare, che rende più probabile un’altra opzione, partendo dalle “valutazioni attualmente depresse del titolo (18x PE2026E, vicino ai minimi degli ultimi 10 anni e vs. 29x di media storica)” e considerando anche le “prospettive di miglioramento dei risultati del gruppo (taglio costi, deleverage e nuovo piano strategico che sarà presentato il 6 novembre)”.

Dunque? Dunque gli analisti ritengono che “ per la famiglia Garavoglia sia preferibile finanziare un aumento di capitale in Lagfin rispetto al piazzamento di una quota significativa del capitale di Campari”.

Ma ci sarebbe anche un “ un’ulteriore alternativa ”, rappresentata dalla possibile “distribuzione di un dividendo straordinario da parte di Campari” che, secondo gli analisti - che citano come Campari abbia “sempre avuto un obiettivo di leva a 2.5-3.0x D/EBITDA, partendo dal D/EBITDA atteso di fine 2026E di 2.3x” - potrebbe ammontare fino alla cifra di “€ 600 milioni, rimanendo sotto 3x D/EBITDA ”.

Vero però che “anche questa ipotesi sarebbe subottimale, in quanto beneficerebbe solo parzialmente Lagfin e sarebbe inoltre in contrasto con la strategia di deleverage del gruppo (e quindi potenzialmente negativa per il titolo)”.

E dunque? Per Equita la soluzione forse più probabile potrebbe essere “ una combinazione delle tre opzioni (piazzamento, aumento di capitale in Lagfin, dividendo straordinario Campari)”.

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