Busta paga, cos’è il contributo per il Fis e quanto pesa sul dipendente

Claudio Garau

01/02/2023

01/02/2023 - 14:46

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C’è una specifica voce in busta paga, che prende il nome di contributo per il Fis - Fondo di integrazione salariale e che è uno specifico onere per il lavoratore. Vediamo a quanto corrisponde.

Busta paga, cos’è il contributo per il Fis e quanto pesa sul dipendente

Non bisogna dimenticare che insieme ad un notissimo ammortizzatore sociale quale la cassa integrazione guadagni, la legge vigente ne disciplina uno differente che si applica a particolari condizioni e secondo specifiche regole. Ci riferiamo al Fis - Fondo di integrazione salariale, il quale sarà l’argomento principale del nostro articolo e di cui intendiamo chiarire - in particolare - un aspetto molto importante: cos’è è di fatto il contributo in busta paga per il Fis e quanto pesa sul lavoratore subordinato?

Ebbene, le attuali norme ci permettono di dare una risposta puntuale alla domanda, come anche ci permettono di poter fare una sintetica panoramica su questo ammortizzatore sociale, che ci aiuterà ad aver ben chiaro il contesto di riferimento in cui collocare la contribuzione dovuta. I dettagli.

Fondo di integrazione salariale: il carattere residuale dell’ammortizzatore

Come detto, prima di rispondere alla questione della contribuzione in busta paga, appare opportuno ricordare alcuni aspetti di rilievo del Fondo di integrazione salariale - Fis. Quest’ultimo si caratterizza per la sua ’residualità’ in quanto:

  • vale in relazione ad aree escluse dal campo di applicazione dei trattamenti di integrazione salariale ordinari e straordinari,
  • e per le quali non siano stati istituiti i cosiddetti Fondi di solidarietà bilaterali.

Pertanto se ci si chiede a quali settori si applica il Fondo di integrazione salariale - Fis, possiamo rispondere che esso vale generalmente per il settore terziario e servizi. Il costo della prestazione dell’assegno collegato al citato Fondo - ovvero l’assegno di integrazione salariale - cresce in base alla dimensione aziendale.

Sgomberiamo il campo da possibili dubbi: il Fis - Fondo d’integrazione salariale deve intendersi come un ammortizzatore sociale, anzi possiamo definirlo come un Fondo gestito dall’Inps che tutela i dipendenti contro i casi di riduzione o sospensione dal lavoro - se l’azienda non può applicare l’altro e più noto ammortizzatore, che prende il nome di cassa integrazione guadagni.

I destinatari

Per quanto riguarda i beneficiari del Fondo di integrazione salariale, occorre precisare che il Fondo eroga prestazioni destinate ai lavoratori assunti con contratto di lavoro dipendente, con esclusione dei dirigenti, che possano contare su un’anzianità di effettivo lavoro presso l’unità produttiva per cui è domandata la prestazione uguale ad almeno trenta giorni. Ciò alla data di presentazione della domanda di attribuzione del trattamento collegato al Fis.

A seguito di alcuni aggiornamenti normativi, le regole del Fis - Fondo di integrazione salariale si applicano verso i datori di lavoro che hanno almeno un lavoratore dipendente regolarmente assunto.

Più nel dettaglio, a partire dal primo gennaio dello scorso anno sono soggetti alla disciplina del Fis e conseguentemente alla collegata contribuzione di finanziamento in busta paga, le aziende che occupano almeno un lavoratore, facenti parte di ambiti non inclusi nell’applicazione delle integrazioni salariali ordinarie (di solito aziende industriali) e che non aderiscono ai fondi di solidarietà bilaterale (di solito aziende artigiane).

Alcune ulteriori precisazioni sul funzionamento del Fondo

Come tra poco vedremo, esiste una contribuzione di finanziamento in busta paga nei confronti del Fondo secondo specifiche percentuali, ma è altrettanto vero che:

  • detto ammortizzatore sociale assicura a chi effettua i contributi la prestazione di un assegno d’importo corrispondente all’integrazione salariale,
  • in rapporto alle causali di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa previste dalla normativa attuale sulle integrazioni salariali ordinarie e straordinarie.

Ricordiamo anche che alle aziende che occupano in media fino a 15 lavoratori subordinati nel semestre precedente, l’ottenimento dell’assegno di integrazione salariale può esservi per le causali ordinarie e straordinarie. Mentre per i datori di lavoro che occupano in media oltre 15 lavoratori nel semestre o, a prescindere dal numero dei dipendenti, l’accesso all’assegno di integrazione salariale può essere riconosciuto per le causali ordinarie. Le regole vigenti disciplinano altresì i limiti di durata massima dell’erogazione della prestazione, in base alle dimensioni dell’organico aziendale, e chiariscono che l’erogazione delle prestazioni è compiuta dal datore di lavoro ai lavoratori aventi diritto, al termine di ogni periodo di paga.

Il versamento delle prestazioni di cui al Fondo di integrazione salariale - Fis è svolta dal datore di lavoro ai lavoratori aventi diritto. L’operazione avviene in busta paga. Attenzione però: se il pagamento delle prestazioni in favore dei lavoratori è compito del datore, il relativo ammontare viene però rimborsato dall’istituto di previdenza al datore di lavoro o conguagliato da questo in base alle norme per il conguaglio tra contributi dovuti e prestazioni versate.

Fis e busta paga: come funziona la contribuzione di finanziamento?

Veniamo ora al punto chiave della contribuzione a favore del Fondo di integrazione salariale - Fis. Lo ha specificato l’istituto di previdenza in suo recente messaggio - il n. 316 del 19 gennaio scorso - con il quale infatti l’ente comunica che, a partire dal primo gennaio 2023, il Fis è finanziato da un contributo ordinario in busta paga uguale allo 0,50%, per i datori di lavoro che, nel semestre di riferimento, occupano in media fino a 5 lavoratori subordinati, e da un contributo corrispondente allo 0,80% per i datori di lavoro che, nel semestre di riferimento, occupano in media più di 5 dipendenti.

In apertura ci siamo posti la domanda relativa all’effettivo peso di questo contributo in busta paga sul dipendente, e a questo punto dobbiamo specificare che l’onere si suddivide nei termini seguenti:

  • fino a 5 dipendenti, il citato contributo ordinario dello 0,50% della retribuzione mensile imponibile ai fini previdenziali dei lavoratori subordinati, esclusi i dirigenti, è per 2/3 a carico del datore di lavoro e per 1/3 a carico dei dipendenti. Si tratta dunque dello 0,33% a carico del datore di lavoro è 0,17% a carico del lavoratore;
  • con più di 5 dipendenti, detto contributo ordinario pari allo 0,80% della retribuzione mensile imponibile ai fini previdenziali dei lavoratori subordinati, esclusi i dirigenti, è per 2/3 a carico del datore di lavoro e per 1/3 a carico dei lavoratori stessi. Si tratta dunque dello 0,53% a carico del datore di lavoro è 0,27% a carico del lavoratore.

Come accennato, dette aliquote sono calcolate sempre sulle retribuzioni imponibili ai fini previdenziali. Sempre l’istituto di previdenza ricorda anche che la riduzione della misura delle aliquote del contributo di finanziamento in busta paga del Fondo di integrazione salariale, di cui all’art. 1, comma 219, della legge n. 234/2021, era limitata all’anno scorso. Infatti per il solo 2022 era stata disposta una riduzione delle aliquote del contributo Fis nel modo che segue: per aziende fino a 5 dipendenti lo 0,15%; per i luoghi di lavoro da 5 a 15 dipendenti lo 0,55%, mentre per aziende che contano un numero di lavoratori subordinati superiore a a 15lo 0,69%. E per le attività commerciali che occupano più di 50 lavoratori lo 0,24%.

Per quanto riguarda le regole valevoli nel 2023, in ogni caso resta di riferimento il citato messaggio Inps, consultabile in questa pagina.

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