Filippine, bomba in chiesa: è strage

Marco Ciotola

27/01/2019

27/01/2019 - 17:53

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Almeno 27 morti e più di 80 feriti a seguito dell’attentato nei pressi di una cattedrale sull’isola di Jolo, a sud del Paese. Azione probabilmente riconducibile al gruppo jihadista Abu Sayyaf

Filippine, bomba in chiesa: è strage

È strage nelle Filippine.

Si contano al momento 27 morti e circa 80 feriti a seguito dell’attentato che ha colpito una cattedrale sull’isola di Jolo, a sud del Paese, proprio nel corso della seguitissima messa domenicale.

Tra le vittime, 20 civili e 7 soldati, ma si teme che i numeri - in costante aggiornamento - possano essere di gran lunga peggiori.

Si tratta di un’azione di probabile matrice terroristica, che arriva a pochi giorni di distanza da una svolta politico-sociale importante per l’area asiatica: un referendum ha stabilito la nascita di una provincia autonoma nel Sud, a maggioranza musulmana.

Per il momento non c’è stata nessuna rivendicazione ufficiale del gesto, forse riconducibile a gruppi estremisti di base nell’isola come Abu Sayyaf.

Filippine, bomba in chiesa: è strage

Due le bombe esplose appena all’esterno della cattedrale, a distanza di pochi secondi l’una dall’altra. La prima all’altezza delle porte d’ingresso e la seconda sul piazzale esterno, quando a quel punto le forze governative erano già in azione per fermare l’attacco.

La cattedrale di Nostra signora del Monte Carmelo era stata già in passato oggetto di attentati simili. Tutta l’area è stata transennata dalle forze armate, e al momento è presente un vero e proprio schieramento di truppe.

In un primo momento si era parlato di 11 morti, ma il bilancio - fermo ora a 27 morti e almeno 80 feriti - sembra purtroppo destinato a peggiorare.

Il segretario alla Difesa del Paese, Delfin Lorenzana, ha annunciato un immediato invio di truppe presso tutti i luoghi di culto e “azioni preventive” per arrestare eventuali nuove azioni violente simili.

Filippine: i perché dell’attentato di oggi

Meno di una settimana fa un referendum ha sancito per l’isola di Mindanao - 18 milioni di abitanti sparsi in 6 regioni amministrative, tutte a maggioranza musulmana - una maggiore indipendenza dal governo centrale delle Filippine, a prevalenza cattolica.

Una decisione, quest’ultima, giunta dopo anni di crescenti tensioni, in arrivo prevalentemente dal Movimento per l’autogoverno di Mindanao, che dagli anni ’70 portava avanti una vera e propria guerriglia - condita di azioni violente e frequenti attentati - contro il governo delle Filippine.

Nel 2014 un accordo di pace tra Mindanao e il governo centrale ha dato vita alla riforma divenuta esecutiva a partire dalla scorsa settimana.

Quest’ultima concede autonomia normativa e fiscale alle istituzioni di Mindanao, tramite il Bangsamoro Organic Law, un vero e proprio statuto normativo nuovo e indipendente.

Dal governo delle Filippine il malcontento per la decisione è emerso chiaramente, specie da parte dell’opposizione al governo Duterte, secondo cui la riforma darebbe il via a trasformare l’isola in un “califfato indipendente”.

Duterte avrebbe in questo modo “ceduto al ricatto degli islamisti” e diviso il Paese, creando una spaccatura notevole e pericolosa.

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# Asia

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