Bollette, Meloni aspetta l’Europa: per il primo decreto rischio aiuti ridotti, ecco chi può perdere bonus e aumenti di stipendio

Giacomo Andreoli

10/10/2022

Meloni è al lavoro sul primo decreto del nuovo governo contro il caro-bollette e il caro-vita: in attesa delle decisioni Ue in campo ci sarebbero 10 miliardi contro i 20 inizialmente previsti.

Bollette, Meloni aspetta l’Europa: per il primo decreto rischio aiuti ridotti, ecco chi può perdere bonus e aumenti di stipendio

Un primo intervento da dieci miliardi di euro, da realizzare in tandem con il governo Draghi. Giorgia Meloni sta lavorando a un decreto con cui presentarsi al cospetto degli italiani alla guida del nuovo esecutivo di centrodestra.

Fino a qualche giorno fa si era parlato di una prima spesa da 20-25 miliardi, ma l’intenzione della leader di Fratelli d’Italia sarebbe utilizzare meno risorse subito, assieme all’attuale presidente del Consiglio, per calmierare le bollette di famiglie e imprese e contrastare il caro-vita. Quindi tenere il resto delle risorse a disposizione per un possibile nuovo intervento tra novembre e dicembre e soprattutto per la prossima legge di Bilancio.

L’obiettivo numero uno, infatti, rimane scongiurare lo scostamento di bilancio, con Meloni che vuole rassicurare l’Unione europea sul rispetto delle regole comunitarie e sulla buona gestione dei conti pubblici. Lo schema potrebbe essere questo: si imposta subito con Draghi l’ossatura dell’intervento e lo si approva nel primo Consiglio dei ministri del nuovo esecutivo, forse appena dopo il Consiglio europeo del 20 e 21 ottobre. Vediamo cosa potrebbe contenere questo primo decreto e cosa verrebbe lasciato per dopo.

Decreto Aiuti quater, dove prendere i soldi?

Si parte dai soldi dovuti alle extra-entrate tributarie degli ultimi quattro mesi del 2022, cioè le maggiori imposti a causa dell’inflazione. Sono appunto una decina di miliardi. Il primo intervento da mettere in campo con queste risorse potrebbe essere un nuovo bonus una tantum a favore dei lavoratori con redditi medio-bassi.

Il nuovo bonus 150 euro

Dopo il bonus 200 euro che arriverà a tutti i lavoratori fino a 35mila euro di reddito entro dicembre e quello da 150 euro per i redditi entro i 20mila euro (che arriva tra novembre e dicembre), si parla di una nuova tranche da 150 euro. Per i dipendenti, i pensionati e i percettori del Reddito di cittadinanza potrebbe arrivare direttamente con lo stipendio/assegno mensile del mese di dicembre (quindi tra inizio di quel mese e la metà di gennaio 2023). Per gli altri nei primi mesi del 2023.

Bollette a rate o nuovi crediti d’imposta

Come intervento diretto sulle bollette, invece, si ragiona su una moratoria di sei mesi sul pagamento delle bollette o di una loro rateizzazione. Varrebbe prima di tutto per le imprese, ma si tratta di un intervento costoso per le casse dello Stato. Una precedente decisione simile, tramite un anticipo alla filiera elettrica, è costata infatti un miliardo di euro.

Per il resto sul tavolo c’è la proroga dei crediti d’imposta alle imprese, energivore e non. L’ultimo decreto aiuti ha esteso lo sconto fiscale fino al 40% del conto pagato per luce e gas fino alla fine di novembre, includendo anche pizzerie e bar, prima esclusi. Per il mese di dicembre si ragiona se allungare questa misura (che costa 4,7 miliardi di euro) o concedere una rateizzazione rafforzata delle bollette. Altrimenti, in modo simile alla Germania, si potrebbero prevedere sostegni più diretti alle imprese, magari coinvolgendo l’azienda di Stato Sace, come in epoca Covid.

Benzina, in arrivo altro taglio delle accise

Quasi sicuramente, poi, nel decreto ci sarà la proroga del taglio di 30,5 centesimi sulle accise dei carburanti, in primis la benzina. Dopo la decisione dell’Opec+ di tagliare la produzione, infatti, il prezzo alla pompa è salito. La verde in self service è vicina in media ai 1,7 euro al litro, mentre il diesel è a 1,83 euro al litro. La proroga, che costa un miliardo al mese, dovrebbe riguardare novembre e dicembre, arrivando quindi fino alla fine dell’anno.

Attesa per le decisioni del Consiglio Ue

Per il resto Meloni attende i possibili passi in avanti in Europa, che si vedranno proprio al Consiglio Ue di fine ottobre, sul tetto al prezzo del gas e sul disaccoppiamento tra il prezzo del metano e quello dell’energia elettrica. Se non ci fossero novità significative il decreto potrebbe essere più sostanzioso e tornare alla previsione dei 20-25 miliardi.

In quel caso si potrebbe mettere in campo il disaccoppiamento al livello nazionale tra gas ed energia elettrica. E ancora: prevedere un innalzamento del tetto Isee per accedere al bonus sociale per le bollette. Difficilmente, invece, tornerà la cassa integrazione “scontata” per le imprese che più stanno soffrendo il caro-energia e il caro-materiali (come le aziende del vetro e della ceramica).

Cosa può saltare in legge di Bilancio

Se si volesse fare questo intervento sostanzioso bisognerebbe usare i 10 miliardi di minor deficit lasciati dal governo Draghi e circa 5 miliardi di extraprofitti delle società energetiche relativi agli ultimi mesi dell’anno. A quel punto, però, lo spazio fiscale per le misure in legge di Bilancio sarebbe ben poco e anche i pochi interventi su cui si ragiona tra gli ambienti di Fratelli d’Italia potrebbero essere ridimensionati.

Si parla del maggior taglio sul cuneo fiscale per aumentare gli stipendi fino a 35mila di reddito, una deduzione extra sul costo del lavoro, la flat tax incrementale e l’aumento da 65mila a 100mila euro dell’aliquota del 15% per i professionisti e le partite Iva. Stringere sul Reddito di cittadinanza e i bonus edilizi (a partire dal Superbonus 110%) potrebbe non garantire le risorse necessarie per fare tutti questi interventi.

Ancora più a rischio, se non praticamente impossibili da fare, sono poi: l’aumento delle pensioni minime; il taglio delle tasse che era stato previsto da Draghi nella delega fiscale (con l’abolizione dell’Irap, la revisione dell’Ires e un’ulteriore rimodulazione dell’Irpef; la proroga del cosiddetto ’bonus Draghi’ sulla prima casa per gli under 36; l’aumento del 50% dell’assegno unico per i figli (che potrebbe slittare al prossimo anno).

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