Benzina sotto le strade di Roma: “Può inquinare l’acqua, cittadini a rischio”

Alessandro Nuzzo

31/03/2024

Tremila litri di benzina giacciono dal 2012 nel sottosuolo di Roma dopo la chiusura di un distributore mettendo a rischio la falda acquifera.

Benzina sotto le strade di Roma: “Può inquinare l’acqua, cittadini a rischio”

Nella zona Nord di Roma da oltre 10 anni giacciono tremila litri di benzina nel sottosuolo a seguito della chiusura di un distributore. Una potenziale bomba ecologica sotto la strada tra case e negozi. La vicenda surreale è stata portata alla luce dal sito VignaClaraBlog.it lo scorso gennaio e ad oggi non è stata trovata ancora una soluzione.

Può anche darsi che i serbatoi si siano già deteriorati facendo finire la quantità di carburante nelle falde acquifere che in quella zona scorrono. Ma come ci si è arrivati a tutto questo e perché quei serbatoi non sono mai stati svuotati? Ecco la storia.

Tremila litri di benzina nel sottosuolo di Roma: ecco perché

Siamo a Roma in piazza Giuochi Delfici, a Vigna Clara, esattamente al civico 32 dove nel 1961 venne aperto un distributore di benzina. Un’attività florida che nel corso degli anni diventò punto di riferimento per tutti i cittadini della zona. Fino al 2012 quando i proprietari dell’impianto hanno deciso di chiudere l’attività e ne danno comunicazione al Comune. Nel marzo dello stesso anno il Dipartimento «Sviluppo economico e attività produttive» di Roma prende atto della cessazione dell’attività di vendita di carburante e della chiusura definitiva dell’impianto e provvede alla revoca delle licenze commerciali.

Contestualmente nel maggio del 2012 i Funzionari dell’Agenzia delle Dogane procedono con la revoca e il ritiro della licenza fiscale e pongono i sigilli alle colonnine e ai serbatoi dell’impianto. Peccato però che nei 4 serbatoi interrati c’erano ancora per la precisione 3.200 litri di benzina e 80 di gasolio. Una quantità non irrilevante anche con un valore economico non indifferente, all’epoca circa cinquemila e cinquecento euro.

La presenza del carburante venne messo a verbale e il proprietario avvisato che «qualora intendesse estrarre il suddetto prodotto, dovrà preventivamente darne tempestiva comunicazione a questo Ufficio (ndr, Agenzia delle Dogane) al fine di poter dissuggellare il serbatoio interessato». Peccato però che mai nessuno si sia interessato di svuotare quei serbatoi nonostante il Governo in quegli anni stanziava anche contributi per i costi di ripristino ambientale sostenuti dai titolari di distributori di carburanti a seguito della chiusura degli impianti effettuata dal 1° gennaio 2012 al 31 dicembre 2014.

Per la precisione chi chiudeva un impianto poteva venire ricompensato con un contributo pari al 60% delle spese sostenute fino a un massimo di 70mila euro. Ma mai nessuno ne fece richiesta.

Nonostante il Comune formalizzò nel 2012 la cessazione dell’attività imponendo alla proprietà di rimuovere le attrezzature interrate e di superficie, questa si limitò soltanto a delimitare l’area con delle sbarre. Alcuni anni fa poi le pompe sono state coperte con dell’edera finta. Nessuno si preoccupò dei serbatoi interrati ancora pieni di carburante.

Siamo arrivati così ai giorni nostri con il timore che quei serbatoi possano deteriorarsi rilasciando il contenuto nel terreno e inquinare quindi le falde acquifere. Ammesso che non sia già successo visto che su quei serbatoi non è stata fatta alcuna manutenzione in questi anni. «Una situazione di questo genere richiede attenzione, in quanto implica alcuni rischi, sia di carattere ambientale che per l’incolumità pubblica», ha detto il dr Antonio Pepoli, esperto geologo.

Ad oggi, come riporta La Repubblica, sui serbatoi risultano essere ancora presenti i sigilli e i cittadini della zona si auspicano una veloce soluzione del problema. Il geologo Pepoli ha spiegato che in quella zona Nord di Roma c’è la presenza di una circolazione di acque sotterranee che terminano il loro percorso nel Tevere, scorrendo nel sottosuolo del nostro quartiere. L’accumulo di sostanze inquinanti rappresenta un pericolo di inquinamento delle falde acquifere.

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