Cosa accadrà ai mercati petroliferi nei prossimi mesi? Ecco le previsioni degli esperti e quanto potrebbe costare la benzina
Il mercato petrolifero globale è in una fase estremamente delicata. Da un lato ci sono elementi di instabilità come la difficile situazione geopolitica attuale e l’inflazione. Dall’altro c’è il rischio che l’offerta si dimostri insufficiente se la transizione verso le energie rinnovabili si rivelasse più lenta del previsto.
A questo dobbiamo aggiungere che, al momento, le scorte globali di petrolio e derivati (benzina e gasolio, ad esempio), sono relativamente basse.
Un quadro di instabilità complessiva che rende il mercato estremamente volatile. Potrebbe infatti bastare un singolo guasto a una delle più importanti piattaforme petrolifere per incappare in rapide e consistenti variazioni di prezzo.
Ecco perché gli esperti faticano a dare previsioni certe sui costi dei carburanti per la fine del 2025 e l’inizio del 2026.
Le previsioni per il terzo e quarto trimestre del 2025
Nei prossimi mesi il mix tra la maggiore offerta di petrolio dei Paesi OPEC+ e sanzioni contro le esportazioni di petrolio russo e iraniano porteranno a un’elevata volatilità nei mercati petroliferi globali.
Una volatilità accentuata dai bassi livelli di scorte commerciali a seguito della chiusura di alcuni impianti di raffinazione in Messico, in California, in Nigeria e in Gran Bretagna.
Per questi motivi è complicato capire quali saranno i prezzi dei carburanti nei prossimi mesi in Italia. Alcune previsioni parlano di un range compreso tra gli 1,70 e gli 1,85 euro al litro, al netto di ulteriori stravolgimenti del quadro politico internazionale o dell’introduzione di nuove politiche fiscali.
Per il 2026, invece, i più pessimisti parlano di un pericoloso avvicinamento a quota 2 euro al litro. Ma anche in questo caso molto dipenderà dalle fluttuazioni del mercato petrolifero e dalle dinamiche regionali.
Il futuro incerto del mercato del petrolio
Se le previsioni di breve termine sono all’insegna dell’incertezza, quelle di medio-lungo termine sono decisamente meno incoraggianti.
La capacità di raffinazione del petrolio su scala globale (esclusa quella cinese, in controtendenza) rimane stabile ma il consumo totale di energia cresce con percentuali vicine all’1% annuale.
L’OPEC ha ipotizzato una crescita della domanda di circa 1,3 – 1,4 milioni di barili al giorno da qui a fine 2026, buona parte della quale proveniente dai Paesi non-OCSE. L’International Energy Agency, invece, stima una richiesta molto più bassa, pari a 0,72 – 0,74 milioni di barili al giorno.
Previsioni, quelle dell’IEA che denotano un certo pessimismo. Secondo l’agenzia il picco di richiesta massimo si verificherà nel 2030 per poi calare negli anni successivi grazie alla maggiore diffusione dei mezzi di trasporto elettrici, a un miglioramento dell’efficienza energetica nel settore trasporti e a un aumento dell’uso di fonti rinnovabili e di gas.
Una sfida enorme quella che attende i Paesi Europei. Garantire la sicurezza energetica e allo stesso tempo la sostenibilità ambientale e la competitività sui mercati internazionali richiederà sforzi notevoli. Un ritiro prematuro dalle fonti fossili senza avere a disposizione le alternative, rischia di vanificare tutti i passi fatti fin qui verso per la transizione alle energie sostenibili.
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