Aumento costo sigarette, ecco perché si spende di più

Ilena D’Errico

12 Luglio 2025 - 13:00

Presto si potrebbe spendere molto di più per le sigarette e i prodotti da tabacco. Ecco quali aumenti sono dietro l’angolo.

Aumento costo sigarette, ecco perché si spende di più

Sono in arrivo nuovi aumenti dei costi delle sigarette. Li prevede la Commissione europea, che sta valutando alcune proposte per finanziare il bilancio Ue nell’ambito del Quadro finanziario pluriennale 2028-2035. Una parte delle accise andrebbe infatti all’Unione europea, dopo aver applicato rincari senza precedenti a prodotti da tabacco e similari. Gli Stati comunitari, che dovranno discutere del dossier a breve, sono a dir poco divisi sull’argomento. La Commissione europea vuole contrastare il contrabbando, uniformare le regole e promuovere la salute pubblica, ma soprattutto assicurarsi nuove risorse annue per almeno 30 miliardi di euro.

Senza l’unanimità degli Stati membri, però, sarà impossibile modificare la Direttiva sulle accise del tabacco (Ted). Da una parte, si schierano le innegabili necessità di bilancio e gli obiettivi di salute pubblica. Dall’altra, gli oppositori difendono l’autonomia tributaria, a dispetto dei Paesi sostenitori che desiderano maggiore armonizzazione fiscale. L’Italia, insieme agli altri Paesi contrari, non lamenta tanto gli aumenti quanto la riduzione del gettito nazionale. Ecco perché è comunque probabile che presto i fumatori dovranno spendere di più, in tutta Europa.

Di quanto aumentano le sigarette

Il progetto di revisione delle accise sul tabacco è guidato dal commissario europeo per il Clima e la tassazione Wopke Hoekstra, con cui il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti si è incontrato già nel mese di maggio per trovare soluzioni alternative. Il progetto, incluso in uno dei 17 documenti che la Commissione presenterà il 16 luglio al Collegio dei commissari, prevede percentuali di aumento senza paragoni. Nel dettaglio:

  • +139% per le sigarette tradizionali;
  • +258% per i tabacchi trinciati;
  • +1.090% per i sigari.
  • tra 0,12 e 0,36 euro per millimetro per le sigarette elettroniche;
  • circa 108 euro per mille unità sul tabacco riscaldato.

Se approvata così, la riforma fiscale entrerebbe in vigore nel 2028, portando in Italia un aumento di almeno 1 euro su ogni pacchetto di sigarette. Secondo le stime degli esperti, si avrebbe nel complesso un incremento medio del 20% sui prezzi al consumo, con mezzo punto percentuale sull’inflazione. Così, Bruxelles otterrebbe almeno 15 miliardi di euro dagli Stati membri.

Pro e contro degli aumenti sulle sigarette, l’Italia si oppone

La Commissione europea vuole ridurre il consumo di prodotti da tabacco, sigarette e assimilati per ragioni di salute pubblica, garantendo al contempo maggiori entrate fiscali per far fronte alle esigenze di bilancio. Secondo alcuni funzionari di Euractiv, che ha anticipato pubblicamente il contenuto dei documenti, si rischia però un effetto controproducente. La perdita di incasso statale potrebbe addirittura superare l’entrata, vanificando così gli sforzi dell’Ue. Si teme infatti un aumento considerevole del contrabbando illegale, che oggi si mantiene a un livello controllabile proprio nei Paesi che hanno accise moderate. L’Italia, a dispetto di quanto potrebbero pensare i cittadini, è proprio tra questi Stati.

Il commercio illegale di sigarette nel Belpaese è appena del 2%, ben sotto alla media europea che si attesta invece al 10%. Dove le accise sono più alte, invece, il livello di contrabbando impenna vertiginosamente. La Francia, che invece sostiene fermamente la riforma da cui può ricavare migliore competitività, applica le accise più alte d’Europa: 6,61 euro per 1.000 sigarette. Altro primato parallelo, il tasso di commercio clandestino più elevato: del 33%, con 16,8 miliardi di sigarette illegali consumate nel 2023. Il contrabbando è in effetti un problema grave per l’Ue, che causa una considerevole limitazione del gettito fiscale, ma la situazione del tutto eterogenea non può che dividere la posizione degli Stati membri.

Perfino la Svezia considera la proposta inaccettabile, difendendo la nazionalità del gettito fiscale e metodi alternativi di tutela della salute. Con l’introduzione dello snus - tabacco in bustina senza combustione - Stoccolma ha ridotto il numero dei consumatori dal 15% al 5% e portato la mortalità per malattie correlate al fumo a un tasso inferiore al 54% rispetto alla media europea. Non si manca poi di considerare la minore entrata statale, soprattutto in Italia dove l’esportazione di tabacco riscaldato frutta oltre 2 miliardi di euro all’anno. Le resistenze, quindi, ci sono, ma ci sono anche 15 Stati membri che appoggiano fortemente l’iniziativa.

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