Anatocismo nel contratto di cessione del quinto: quali conseguenze?

Francesca Nunziati

21/07/2022

21/07/2022 - 17:05

condividi

La cessione del quinto è un finanziamento a tasso fisso con rimborso a rate costanti effettuate dal datore di lavoro e trattenute in busta paga. Analizziamola insieme.

Anatocismo nel contratto di cessione del quinto: quali conseguenze?

In primo luogo bisogna dire che, in questa fattispecie di prestito/finanziamento, il datore di lavoro è il soggetto deputato a versare le rate a favore dell’Istituto che ha erogato il prestito.

Si parla di cessione del quinto in quanto l’importo della rata di rimborso non può normalmente eccedere la quinta parte dello stipendio netto mensile.

In talune situazioni, allo scopo di aumentare la somma erogata, è tuttavia possibile arrivare a una rata massima pari a due quinti dello stipendio; per far ciò è necessario sottoscrivere, oltre che al contratto di cessione del quinto, anche un contratto di delega del pagamento, che impegna l’altro quinto dello stipendio.

Le modalità di concessione sono regolate dalla legge 14 maggio 2005 n. 80, che ha aggiornato il dpr 5 gennaio 1950 n. 180.
Possono accedere a questa categoria di credito i dipendenti statali, parastatali e di aziende private, nonché i pensionati e il predetto finanziamento comprende una pluralità di costi, spesso piuttosto elevati.

Infatti, il costo complessivo sostenuto per accedere al finanziamento è molto gravoso, in quanto il consumatore deve farsi carico, oltre che degli interessi, degli oneri di assicurazione e di istruttoria, nonché, il più delle volte, della provvigione dell’intermediario con la società finanziaria.

Tutti questi costi, sono immediatamente posti a carico del consumatore, essendo decurtati dall’importo erogato, così che quest’ultimo riceve in prestito una somma di molto inferiore a quella che dovrà restituire attraverso la rateizzazione.

Ma vediamo insieme le particolarità di questa tipologia di finanziamento.

La polizza assicurativa

La cessione del quinto è certamente una delle forme di finanziamento più sicure per gli istituti di credito. È un prestito personale al consumo, a breve-medio termine, le cui rate vengono rimborsate con la cessione di un importo al massimo pari a un quinto dello stipendio o della pensione.

Ma malgrado la sicurezza di questa tipologia (grazie a una polizza assicurativa in caso di morte e ai vincoli sul Tfr in caso di interruzione del rapporto di lavoro), i tassi effettivamente applicati dalla banca possono essere superiori a quelli previsti dalla normativa anti-usura.

In ordine alla presenza (obbligata) di una polizza assicurativa che, come anticipato, garantisce l’istituto erogante in caso di morte e ai vincoli sul Tfr in caso di interruzione del rapporto di lavoro vi è da sapere che, salvo il caso morte, la compagnia di assicurazione che la emette, ha sempre diritto di rivalsa sull’assicurato.

La presenza della sopra citata polizza va, a sua volta, a incidere sul costo complessivo del finanziamento rappresentando così una delle concause (unitamente al costo delle commissioni e di tutti gli altri oneri connessi all’erogazione del credito, spesso non inseriti nel calcolo del Taaeg) che possono determinare l’applicazione di tassi di interesse superiori a quelli previsti dalla normativa anti-usura.

Nelle parole della Corte di Cassazione Sentenza del 24-09-2018, n. 22458, si rileva che, ad esempio, le istruzioni del 2006 per la rilevazione del tasso effettivo globale medio, ai sensi della legge sull’usura, nella prima parte del medesimo paragrafo C4, prevedono che: «ai sensi della legge il calcolo del tasso deve tenere conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate all’erogazione del credito».

Queste parole, a loro volta non sono nuove perché riecheggiano il contenuto del comma 4 dell’art. 644 c.p., che considera rilevanti ai fini della verifica ogni costo, le sopracitate spese, con la conseguenza che tale deroga (relativa alle spese di assicurazione obbligatoria) contenuta nella seconda parte del paragrafo C4 delle istruzioni sopra richiamate «non può consentire la pretermissione della regola generale dettata nella prima parte del paragrafo, atteso che questa non è altro che la riproduzione della norma penale».

Questo significa che è stata disconosciuta l’opposta teoria sostenuta dalle finanziarie che non consideravano, nel costo del contratto, alcune voci tra cui, appunto, il costo della polizza di assicurazione per il caso di morte, invalidità, infermità o disoccupazione del debitore.

In conclusione, pare ormai acclarato che per la Cassazione il carattere obbligatorio ex lege della spesa assicurativa, ai sensi del dpr 5 gennaio 1950, n. 180, art. 54, non esclude detta spesa da quelle da computare per il calcolo del tasso usuraio.

La sentenza di Cassazione n. 5160/2018

In caso di cessione del quinto dello stipendio si può ottenere la restituzione di tutti gli interessi pagati se, aggiungendo le spese di assicurazione, il Taeg supera il tasso soglia.

In ragione di quanto affermato nel precedente paragrafo, sono a rischio usura migliaia di contratti di cessione del quinto in cui le Finanziarie, nel determinare il Tasso Effettivo Globale (Teg), non hanno inserito le spese di assicurazioni obbligatorie.

E infatti, la Cassazione, con la Sentenza n. 5160/2018, in relazione a un finanziamento contro cessione di un quinto, ha affermato che le spese di assicurazione in caso di morte, invalidità, infermità o disoccupazione del debitore, anche prima del 1.1.2010, benché escluse dalle istruzioni della Banca d’Italia del 2006, devono essere computati nel Teg ai fini della verifica del superamento del tasso soglia usura.

La decisione della Corte ha preliminarmente rilevato che le istruzioni della banca d’Italia per la rilevazione dei tassi effettivi globali medi ai sensi della legge sull’usura dell’anno 2006 in effetti stabiliscono che «nelle operazioni di prestito contro cessione del quinto dello stipendio (…) le spese di assicurazione in caso di morte, invalidità, infermità o disoccupazione del debitore non rientrano nel calcolo del tasso purché siano certificate da apposita polizza».

Ma tale normativa, afferma la Suprema Corte, «appare contrastare con il principio di onnicomprensività fissato dall’art. 644 c.p., comma 3, e valevole sia sotto il profilo penale che sotto quello civile, secondo cui “per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito (…) la “centralità sistematica”» di tale norma in punto di definizione della fattispecie usuraria rilevante non può non valere pure per «l’intero arco normativo che risulta regolare il fenomeno dell’usura e quindi anche per le disposizioni regolamentari ed esecutive e per le istruzioni emanate dalla Banca d’Italia».

Il testo della sentenza n. 5160/2018
Sentenza n. 5160 del 2018

Pertanto i costi delle polizze assicurative vanno inclusi a condizione che queste siano collegate con l’erogazione del credito, collegamento che deve presumersi in caso di contestualità tra la stipulazione del mutuo e quello della polizza a esso accessoria, considerata la circostanza che normalmente i contratti di credito bancari sono predisposti (nelle varie componenti in cui vengono articolati, spese di assicurazione e garanzia ricomprese, dall’impresa bancaria) e proposti secondo un blocco unitario “a pacchetto” ai clienti.

La Cassazione ha dunque confermato la decisione della Corte di merito che aveva ritenuto il rapporto usurario sulla base del fatto che il Taeg concreto applicato al mutuatario, comprendente i costi assicurativi, era superiore al tasso soglia.

Il principio era stato affermato anche dal Tribunale di Brindisi con la sentenza n.1840/2016, resa dal Giudice Moschettini, che aveva conseguentemente dichiarato la gratuità del rapporto in applicazione dell’art. 1815 c.c.

In conclusione, il consumatore, in caso di cessione del quinto dello stipendio o della pensione, può ottenere la restituzione di tutti gli interessi pagati se, aggiungendo le spese sostenute per l’assicurazione obbligatoria, il Taeg supera il tasso soglia.

Sentenza Tribunale di Torino n. 1023/2019
Sentenza Tribunale di Torino n. 1023/2019

Il Tribunale di Torino, con la sentenza n. 1023 del 4 marzo 2019, nel suo orientamento ormai stabile, ribadisce il principio per il quale, anche in ipotesi di contratto di mutuo concluso ai sensi dell’art. 54 dpr 180/1950 (c.d. cessione del quinto dello stipendio), che impone la stipulazione di apposita polizza al fine di garantire il rimborso del credito, i costi inerenti tale copertura vanno inclusi nel Teg al fine di verificare l’eventuale usurarietà del rapporto.

Del resto, anche in base alla legge penale, la rilevanza del costo assicurativo ai fini usura è indiscutibile in base all’ art. 644 del codice penale, il quale stabilisce infatti che: «per la determinazione del tasso di interesse usurario si tiene conto delle commissioni, remunerazioni a qualsiasi titolo e delle spese, escluse quelle per imposte e tasse, collegate alla erogazione del credito». Tale norma, ha precisato la Cassazione il 20 agosto 2020, con sentenza n. 17466, ha infatti il precipuo fine di: «impedire tanto prevedibili, quanto agevoli, aggiramenti del divieto di applicazione di interessi usurari».

In definitiva, se hai stipulato una cessione del quinto o una delega di pagamento, specie tra gli anni 2006, 2007, 2008 e 2009, meglio far verificare a un esperto la correttezza dei costi e degli interessi applicati dalla finanziaria.

In caso di superamento del tasso usura, il rimborso potrebbe superare i 10.000 euro.

Iscriviti a Money.it

SONDAGGIO

Correlato