Affidamento dei minori: cosa dicono i giudici

Redazione Legal

21 Dicembre 2021 - 13:23

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Tema fondamentale in materia di crisi relazionali è l’affidamento dei figli minori che si pone a metà tra i diritti filiali e i doveri genitoriali. Facciamo una panoramica dell’orientamento dei giudici.

Affidamento dei minori: cosa dicono i giudici

A chi dei due genitori debba essere affidato il figlio minore, è «il» dilemma che interessa ogni conclusione di matrimonio o convivenza di fatto.

Un dilemma destinato a interessare il mondo del diritto non tanto per il fatto che, dietro l’affido, vi sono in gioco i diritti dei genitori (comunque da tutelare), quanto piuttosto la protezione originaria che la Costituzione prima, e la legge poi, riconoscono alla prole.

Laddove non arriva il buon senso dei genitori, nel creare condizioni di vivibilità affettiva anche in caso di separazione o divorzio coniugale, lì intervengono i giudici, ago della bilancia tra le pretese genitoriali e il bene supremo dei figli.

Affidamento dei minori: cosa dice il codice civile

Posto che sia la Costituzione (all’articolo 30) che il codice civile
(all’articolo 147) prevedono che sia dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, nel rispetto delle loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni, e nella consapevolezza che il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti (art. 315 bis c.c.), l’articolo di riferimento per l’affidamento in caso di scioglimento del matrimonio è l’articolo 337 quater, in base al quale:

«il giudice può disporre l’affidamento dei figli ad uno solo dei genitori qualora ritenga con provvedimento motivato che l’affidamento all’altro sia contrario all’interesse superiore del minore».

Semplificando: nel nostro ordinamento, la regola è l’affido condiviso, ossia il cd. diritto alla bigenitorialità, da intendersi come il diritto dei figli di mantenere rapporti sani, importanti e abituali sia con la madre sia con il padre, nonché con i parenti di ambo i genitori (vd. art. 337 ter).
L’affidamento cd. esclusivo, per la legge stessa, rappresenta l’eccezione.

Affidamento dei minori ed affido esclusivo

Quando si corre il rischio, nei fatti, che il supremo interesse alla stabilità emotiva, psichica e fisica del figlio minore possa essere messa a repentaglio, ciascuno dei genitori può, in qualsiasi momento, chiedere l’affidamento esclusivo. Allo stesso tempo, coerentemente con l’art. 710 del codice di procedura civile, i genitori possono sempre chiedere la modificazione dei provvedimenti riguardanti la prole nata in costanza di matrimonio,

L’affido esclusivo, chiaramente, non determina la «cancellazione» della responsabilità genitoriale del genitore non affidatario, ma al più ne prevede una sua limitazione: limitazione che, nei fatti, consiste in un diritto di visita e frequentazione che assumerà le forme prestabilite dal giudice (tempi, luoghi e modalità), senza intaccare il diritto-dovere del genitore non affidatario di vigilare sull’istruzione ed educazione del figlio, e dunque di intervenire sulle decisioni più importanti per il minore (dal quale deriva anche la facoltà di ricorrere al giudice quando si ritenga che siano state assunte decisioni pregiudizievoli per il suo interesse”: cfr. art. 337 quater c.c.).

Rispetto alla frequentazione, in effetti, la Cassazione ha recentemente stabilito che (vd. ordinanza Cassazione 27207/2019) le dichiarazioni del figlio minore sono prese in considerazione al fine di stabilire tempi e modi della frequentazione stessa, nonché della sua eventuale interruzione, essendo stato ribadito che, in sede di attività di ascolto protetto del minore, la legge riconosce al giudice il più ampio potere discrezionale per farsi una reale idea del rapporto figlio/genitore.

Affidamento dei minori e affido super esclusivo

In alcuni casi limite, quando uno dei genitori dimostri una grave incapacità nell’adempiere i suoi doveri oppure nel tutelare appieno l’equilibrio mentale, fisico ed emotivo dei figli, le loro inclinazioni ed aspirazioni naturali, il giudice può pervenire anche ad un affido super esclusivo. Si pensi al genitore con problemi di droga e alcol o totalmente disinteressato.

In caso di affido super esclusivo, al genitore non affidatario non viene sottratta affatto la responsabilità genitoriale: l’effetto diretto è quello di riservare al genitore affidatario tutte le decisioni legate allo sviluppo, all’educazione, all’istruzione e alla formazione del figlio.

Affidamento dei minori: differenza tra affidamento e collocazione

Questi due termini spesso vengono utilizzati come sinonimi, ma in realtà indicano due situazioni differenti.

Se l’affidamento si riferisce, infatti, all’esercizio della responsabilità genitoriale, cioè a quell’aspetto della potestà genitoriale che concerne le decisioni relative alla vita dei figli (che tipo di scuola frequentare, che tipo di cure avere, quali sport fare, se fare o meno la comunione ecc.) e che dovrà esprimersi dunque in un «indirizzo comune»; la «collocazione», invece, riguarda l’assegnazione del figlio minore all’abitazione di uno dei due, presso la quale il figlio rimarrà a vivere prevalentemente dopo lo scioglimento del vincolo tra i due genitori (matrimonio, unione civile o convivenza di fatto che sia).

Mentre l’affidamento, come detto, può essere condiviso o esclusivo, la collocazione è per lo più esclusiva, cioè a favore di un unico genitore.

Affidamento dei minori: affidamento condiviso e collocazione paritetica

Accertato che la collocazione abitativa è tendenzialmente esclusiva, non mancano sentenze nelle quali sono stati disposti tempi uguali di permanenza del minore presso ciascuno dei genitori, quando le particolarità concrete del caso lo richiedano. In tal caso, si parla di cd. collocazione paritetica (vd. quanto deciso da Trib. Roma, 26 marzo 2019, n. 6447).

Emerge, in effetti, una prima tendenza giurisprudenziale in base alla quale:

«il regime legale dell’affidamento condiviso (...) deve tendenzialmente comportare, in mancanza di gravi ragioni ostative, una frequentazione dei genitori paritaria con il figlio», sempre che l’assetto paritario sia «confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena» (come sancito da Cass. Civ., 17 settembre 2020, n. 19323).

Tradotto: se la regola è l’affidamento condiviso, qualora vi sia un affidamento condiviso, condivisa dovrebbe essere anche la collocazione dei figli, a patto che essa sia:

  • concretamente fattibile (ad es. i due coniugi abitano in due città diverse);
  • una soluzione che incrementa il benessere psico-fisico-emotivo del minore.

Una tendenza emergente, per l’appunto, che tuttavia non ha ancora scalzato l’indirizzo maggioritario espresso dalla Cassazione (vd. Cass., 13 febbraio 2020, n. 3652), in virtù della quale:

« La regolamentazione dei rapporti tra genitori non conviventi e figli minori non può avvenire sulla base di una simmetrica e paritaria ripartizione dei tempi di permanenza con ambo i genitori ma deve essere il risultato di una valutazione ponderata del giudice del merito che, partendo dall’esigenza di garantire al minore la situazione più confacente al suo benessere e alla sua crescita armoniosa e serena, tenga anche conto del suo diritto a una significativa e piena relazione con entrambi i genitori nonché del diritto di questi ultimi ad una piena realizzazione della loro relazione con i figli e all’esplicazione del loro ruolo educativo».

Come dire: relazione paritaria con entrambi i genitori non equivale a ripartizione a metà delle ore trascorse insieme, fuori o dentro casa: essa, per la Cassazione, non si misura sul piano della quantità delle ore da riconoscersi al genitore, ma sulla capacità di tradursi in un sano equilibrio tra benessere del figlio e pienezza del ruolo educativo riconosciuto al singolo genitore.

La casistica della giurisprudenza, da tale versante, è assai variegata.

Affidamento esclusivo dei minori e genitore «autocentrato»

La Cassazione, assai recentemente (ordinanza 18.05.2021), si è occupata del caso in cui il genitore sia profondamente concentrato su di sé, incapace di ascoltare e comprendere le profonde ragioni dei figli (un grande egoista, in sostanza).

Con tale ordinanza, i giudici hanno ritenuto che l’atteggiamento egoistico di un padre favorisse l’insorgere di una condizione negativa a danno del figlio, cosicché l’unica soluzione prospettabile fosse l’affido esclusivo alla madre.

Il principio è intuitivo: la regola è la condivisione dell’affido ma se uno dei due genitori non onora minimamente gli obblighi connessi alla responsabilità genitoriale, l’unico modo per salvaguardare pienamente l’equilibrio del minore è l’affido esclusivo a chi sappia prendersene cura.

Affidamento e «sindrome della madre malevola»

Quando una madre cerca di isolare i figli dal padre, dando vita ad atteggiamenti miranti all’allontanamento e all’alienazione parentale, cosa succede?

Secondo la Corte di Cassazione (sentenza 13217/2021), neppure in questi casi si può arrivare all’affidamento super-esclusivo al padre, magari sulla scorta di una valutazione di atteggiamenti patologici riconducibili alla cd. sindrome della madre malevola (in inglese, P.A.S., Parental Alienation Syndrome).

Per quanto una madre tenti di allontanare i figli da un padre, a detta dei giudici, vanno pur sempre valutati i potenziali traumi derivanti dall’allontanamento della figura materna rispetto al beneficio atteso (conservare una relazione con il padre a un passo dall’essere compromessa).

Tradotto in termini generali: se ciò che deve essere preservato è l’equilibrio affettivo reale del minore, non si può arbitrariamente escludere dall’affido un genitore quando non si sia pienamente dimostrato (in giudizio) che i comportamenti posti in essere verso l’ex siano del tutto deleteri per l’integrità psico-fisica-affettiva del figlio, e che l’unico modo per preservarla sia ridurre l’influenza del genitore malevolo.

Affidamento e rapporto conflittuale tra ex

L’affido del minore non è una medaglia da appuntarsi sul petto del genitore, ma una diretta conseguenza del superiore interesse del minore, di cui il padre e la madre sono responsabili.

Ne discende che, come deciso dalla Cassazione (Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, ordinanza n. 5604/2020), il giudice può sospendere la responsabilità genitoriale e rigettare la domanda di affido condiviso allorché tra gli ex coniugi sussista una situazione di grave conflittualità, caratterizzata da denigrazione reciproca.

Nelle ipotesi di pessimo rapporto tra ex, si ritiene che la soluzione migliore per garantire la protezione del minore consiste nell’affidarlo ai Servizi Sociali del Comune di residenza, soprattutto quando questi ultimi (ove interpellati dal Tribunale) testimonino il clima di assoluta conflittualità tra ex; un clima, cioè, caratterizzato da tentativi di screditamento della figura dell’altro e totale impossibilità di raggiungere una mediazione delle posizioni divergenti in vista del bene superiore del figlio.

Affido del minore e spostamenti del genitore per le visite

Vedersi affidato un figlio o una figlia non è neppure un diritto/dovere del genitore a «prezzo scontato». Non ci si illuda: chi dovesse ritenere che aver ottenuto un affido condiviso equivalga a vedersi recapitato un pacco settimanale sbaglia di grosso.

Come chiarito dalla Prima Sezione Civile della Corte di Cassazione (ordinanza n. 4258/2020), infatti, la responsabilità genitoriale comporta che il genitore debba impegnarsi attivamente per rendere possibile la visita nel luogo ritenuto più consono per la cura e l’interesse del figlio, ossia la sua effettiva residenza (la cd. casa familiare).

Ne consegue che il padre disoccupato al quale la madre mette a disposizione un appartamento ad hoc per avvicinarlo alla casa familiare (nella quale quest’ultima risiede con la figlia), non subisce una violazione della libertà personale dovuta al fatto che sia costretto ad allontanarsi dalla sua residenza per farle visita: ciò dal momento che prevale sempre l’interesse del minore a non fare una vita da pendolare, «sballottata» tra due diverse residenze lontane, piuttosto che le esigenze «logistiche» del genitore.

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