Dal 2026 aumenteranno le accise sul gasolio: fino a 60 euro in più l’anno per chi guida un’auto diesel. Ecco quanto incasserà lo Stato.
Dal prossimo anno fare il pieno costerà di più per milioni di automobilisti italiani (ma non tutti).
La nuova Manovra del governo prevede infatti un aumento delle accise sul gasolio, una misura che punta a riallineare la tassazione tra benzina e diesel, ma che avrà un impatto diretto e immediato sulle tasche di chi utilizza un’auto alimentata a gasolio.
Secondo le stime del Codacons, nel 2026 i proprietari dei 16,6 milioni di veicoli diesel circolanti in Italia dovranno affrontare un rincaro di circa 60 euro all’anno, con un pieno che costerà quasi due euro e mezzo in più rispetto a oggi.
La manovra, che prevede contestualmente una riduzione dell’accisa sulla benzina dello stesso importo, nasce con l’obiettivo di uniformare il livello di tassazione dei carburanti a quota 67,2 centesimi al litro.
Tuttavia, come già accaduto in passato, il taglio sulla “verde” potrebbe non tradursi in un risparmio effettivo per i consumatori, mentre l’aumento sul diesel è destinato a pesare in modo concreto. Ecco cosa cambierà dal 2026, quanto spenderanno in più gli automobilisti e quanto incasserà lo Stato grazie a questa misura: di seguito tutto quello che serve sapere.
Diesel, aumentano le accise: ecco di quanto
A partire da gennaio 2026, l’accisa sul gasolio aumenterà di 4,05 centesimi al litro, pari a un riallineamento con quella della benzina. Considerando anche l’Iva al 22%, il rincaro effettivo sarà di circa 4,94 centesimi al litro, traducendosi in un aumento di 2,47 euro per ogni pieno da 50 litri.
In un anno, chi effettua due pieni al mese si troverà a spendere quasi 60 euro in più rispetto al 2025. Il Codacons, che ha effettuato le simulazioni, sottolinea come la misura penalizzi una larga parte degli automobilisti italiani, visto che oltre 16 milioni di vetture circolanti sono ancora alimentate a gasolio. L’associazione ricorda anche che nel maggio 2024 si era già registrato un precedente aumento delle accise di 1,5 centesimi, portando così l’incremento complessivo a 3,38 euro per pieno e a oltre 80 euro di costi aggiuntivi annui.
A complicare ulteriormente la questione, secondo il Codacons, è la scarsa efficacia della riduzione parallela per la benzina: quando le accise erano diminuite lo scorso anno, i prezzi alla pompa non erano calati in modo proporzionale. Per questo l’associazione chiede al governo controlli più rigidi e sanzioni severe per i distributori che non applicheranno correttamente la riduzione del prezzo della “verde”. Senza un monitoraggio concreto, infatti, la misura rischia di trasformarsi in un semplice aumento delle tasse per chi guida un’auto diesel.
Accise diesel, ecco quanto guadagnerà lo Stato
Dietro l’aumento delle accise non c’è solo la volontà di uniformare la tassazione, ma anche l’obiettivo di rafforzare le entrate pubbliche. Secondo la relazione tecnica alla Legge di Bilancio, l’intervento garantirà 650 milioni di euro all’anno alle casse dello Stato. Tuttavia, una parte consistente di questa cifra sarà compensata da crediti d’imposta e agevolazioni previste per autotrasportatori e tassisti, due categorie fortemente dipendenti dal gasolio.
Tenendo conto di queste “sterilizzazioni”, il gettito reale per lo Stato è stimato in circa 450 milioni di euro annui per il triennio 2026-2028, destinati a ridursi a 270 milioni dal 2033. La misura, quindi, pur garantendo un certo margine fiscale, non rappresenta un incremento esplosivo per l’erario, ma un passo verso una maggiore parità di trattamento tra carburanti.
Il quadro economico resta tuttavia delicato: l’Italia è uno dei Paesi europei con la maggiore diffusione di veicoli diesel, grazie alla loro efficienza nei consumi e alla storica convenienza del carburante rispetto alla benzina. L’aumento delle accise potrebbe quindi spingere gli automobilisti a rivalutare le proprie scelte di mobilità, incentivando il passaggio verso modelli ibridi, elettrici o a metano.
Ma nel breve periodo, avverte il Codacons, la misura si tradurrà soprattutto in un aggravio dei costi per milioni di famiglie e lavoratori pendolari, senza benefici immediati sul fronte ambientale o dei prezzi alla pompa: insomma, ancora una volta gli italiani dovranno mettere mani al portafogli senza veder cambiare le cose.
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