A chi va il cane in caso di separazione, le regole per l’affido degli animali domestici

Ilena D’Errico

27 Novembre 2022 - 19:23

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L’affido degli animali domestici è un tema molto importante, decisivo per capire a chi va il cane in caso di separazione o divorzio. Ecco la legge cosa prevede.

A chi va il cane in caso di separazione, le regole per l’affido degli animali domestici

La legge non prevede una norma precisa in merito all’affidamento degli animali domestici, perciò per capire a chi va il cane in caso di separazione bisogna affidarsi più che altro alle sentenze analoghe pronunciate in questi anni. I precedenti permettono infatti di rintracciare la prassi comune in questa materia, individuando il principio alla base.

In ogni caso tutto cambia a seconda che la separazione dei coniugi sia consensuale o giudiziale. Nel primo caso, infatti, i coniugi possono trovare l’accordo più efficiente a seconda delle necessità e stabilire le modalità di affido dell’animale. I problemi sorgono soprattutto in tema di separazione giudiziale.

Quando i coniugi non riescono a trovare un compromesso e la questione è rimessa nelle mani del giudice l’affido del cane può risultare molto complicato da disciplinare, infatti il Tribunale non è obbligato a considerare questo aspetto a meno che non siano presenti determinate caratteristiche specifiche.

L’accordo dei coniugi: a chi va il cane

Il tutto è decisamente più semplice e veloce quando sono i coniugi stessi a stabilire di comune accordo come avverrà l’affidamento del cane. Questo essenzialmente può avvenire in due modi:

  • I coniugi si separano in via consensuale, regolano l’affido del cane e si impegnano a rispettarlo, magari firmando l’accordo in presenza di un giudice o di un ufficiale statale.
  • I coniugi, a prescindere dalla separazione, firmano un patto estraneo che disciplina l’affidamento del cane.

Nonostante la legge non abbia ancora chiarito questa tematica, che infatti la giurisprudenza ancora non accetta del tutto, nulla vieta di inserire nell’accordo di separazione una scrittura a parte, dedicata all’affidamento e considerata valida come qualsiasi altro patto non patrimoniale.

In genere questa soluzione appare come quella preferibile, ma anche qualora i coniugi non dovessero provvedere possono comunque utilizzare il primo metodo, cioè manifestando la propria volontà comune in sede di separazione. In questi casi, molto spesso l’affidamento dell’animale domestico è stato sottoposto alla disciplina vigente per i figli minori.

Ad esempio, qualche anno fa in una sentenza il Tribunale di Foggia ha collocato il cane presso uno dei coniugi, consentendo all’altro il diritto di visita per alcune ore determinate. Allo stesso modo, il Tribunale di Cremona ha disposto un affido condiviso, con l’obbligo di suddivisione al 50% delle spese per il mantenimento.

Queste sentenze dimostrano che i giudici hanno applicato la legge in merito all’affidamento dei figli minori a quello degli animali domestici, equiparando per analogia le due casistiche. Lo stesso è avvenuto a Roma, quando il giudice ha disposto un affido condiviso anche se i proprietari non erano sposati ma in tutela degli interessi dell’animale.

L’affidamento del cane in una causa

Nonostante ciò, queste sentenze non sono vincolanti per future decisioni simili e potrebbe persino succedere che il Tribunale si rifiuti di pronunciarsi a riguardo. Questo aspetto è problematico quando i coniugi non sono riusciti a trovare autonomamente un accordo e sperano in una decisione del giudice.

Esiste comunque una determinata circostanza nella quale il Tribunale è tenuto a disciplinare l’affidamento degli animali domestici, ossia nell’ottica del benessere dei figli minori. Quando sono presenti dei bambini, infatti, il giudice dovrà pronunciarsi sulla collocazione del cane tenendo conto del legame affettivo che ha instaurato con il minore.

Allo stesso tempo questo principio può essere applicato per disciplinare la materia anche in assenza di figli e cioè valutando il legame dell’animale con i coniugi. In questo senso può essere rintracciato una sorta di principio generale, che tiene conto delle abitudini e del benessere dell’animale.

Ad ogni modo bisogna ricordare che il cane non è un oggetto e non viene considerato tale nemmeno dalla legge, perciò non è rilevante capire chi lo abbia acquistato o chi risulti il proprietario del microchip. La soluzione più utile è quella di instaurare un accordo preciso e comune, in modo che l’affidamento del cane avvenga nella maniera migliore per tutti.

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