Veneto: esempi e conseguenze di una classe dirigente inadatta

Erasmo Venosi

27 Febbraio 2017 - 10:00

Vari episodi in Veneto che rispecchiano la presenza di una pseudo-classe dirigente selezionata col criterio della fedeltà alla maschera istituzionale.

Veneto: esempi e conseguenze di una classe dirigente inadatta

In Veneto ne succedono di tutti i colori, ma sono solo lo specchio di una pseudo-classe dirigente selezionata col criterio della fedeltà alla maschera istituzionale pro tempore, espressione di grumi affaristici spregiudicati e autoreferenziali.

Vari episodi rappresentano il riscontro di tale affermazione, oltre che lo stigma ineluttabile del fallimento inevitabile di questo meraviglioso Paese.

Ritrovate 55 agende dell’ex presidente del Consorzio Venezia Nuova Giovanni Mazzacurati, gestore del Mose, dove annotava tutti i suoi incontri con ministri dell’economia, delle infrastrutture, dirigenti generali del Ministero dell’Ambiente, presidenti della Commissione per la Valutazione di Impatto Ambientale, il Presidente della Regione Veneto Galan, il suo assessore alle infrastrutture, amministratori locali, manager pubblici e capi del famigerato ufficio di missione del Ministero delle infrastrutture. Il tutto anche con il famigerato ing. Baita, la mente fine della Società Mantovani reo confesso e “gola profonda” del sistema Mo.S.E., per un affaire da teorici 5,5 miliardi di euro.

Singolare anche la vicenda di Borgo Berga a Vicenza. Una località che ospitava anche quanto restava di una struttura industriale (ex Cotorossi) acquistata da una società di Berlusconi. Fu costruito su quest’area un nuovo tribunale, esito conseguente sia alla redazione di scelte urbanistiche del Comune di Vicenza, allora amministrato dal centrodestra (PIRUEA Cotorossi) e sia alla variante approvata dall’Amministrazione di centrosinistra.
Un nuovo tribunale e nuove cubature per negozi, uffici e abitazioni.
La zona è idrogeologicamente dissestata e il direttore generale del comune di Vicenza è indagato per lottizzazione abusiva e abuso d’ufficio.

Ora il colpo di scena, che la dice lunga sui controlli pubblici in questo Paese: il capo della Procura di Vicenza ha chiesto il sequestro del Tribunale e di tutta la lottizzazione in Borgo Berga perché abusivo e realizzato utilizzando uno studio idrogeologico generico e approssimativo.

La scorsa settimana altri due eventi rappresentativi della professionalità e rispetto delle procedure hanno segnato la vicenda veneta. Il sottosegretario alle infrastrutture in visita a Verona ha “sparato” delle castronerie incredibili su aspetti che dovrebbe conoscere senza il minimo dubbio, considerato che riguardano la sua funzione in un ministero dello Stato come sottosegretario alle infrastrutture, che ha approvato l’Allegato alle Infrastrutture al DEF 2016 ad aprile scorso, la Nota di Aggiornamento al DEF di settembre, che dovrebbe conoscere il contratto sezione investimenti Ministero Infrastrutture/RFI, che dichiara un costo del progetto av Brescia/Verona di 1,5 mld di euro in luogo di 3,75 mld.
Non pago di questa castroneria, che fotografa il livello di conoscenza di questi soggetti, aggiunge che i lavori saranno ultimati in tre anni in luogo dei circa sei riportati nel parere Via del Ministero dell’Ambiente.

Due giorni dopo è la volta dell’amministratore delegato di Rete Ferroviaria Italiana, che forse si è sentito in dovere di correggere il sottosegretario o è stato indotto da politici a intervenire rilasciando un’intervista a un giornale di Verona. L’AD di RFI, in maniera sconcertante e con evidenti deficit informativi sulle procedure e i tempi che riguardano l’approvazione di opere, afferma che i cantieri si apriranno a giugno sul tracciato Brescia/Verona e che sono disponibili i soldi per due lotti in circa 2,2 mld.

Senza tener seriamente conto delle disponibilità finanziarie, che come noto sono disponibilità di “competenza”, quindi solo scritte nei documenti di programmazione, della BCE che lo scorso anno ha acquistato titoli a copertura del deficit e rinnovo di Btp per 220 mld di euro e infine che una manovra mostruosa sui conti pubblici o la si fa a giugno o al massimo il prossimo anno.

Quello che colpisce nell’intervista è la mancanza di rispetto istituzionale manifestata da questo manager di società completamente pubblica. Ammissibile che un manager possa impunemente fare l’affermazione sull’apertura dei cantieri quando il progetto definitivo non è ancora stato approvato dal Cipe? Ammissibile che un manager anticipi l’esito positivo della registrazione da parte della Corte dei Conti della delibera con la quale il Cipe eventualmente approverà il progetto definitivo in data oggi a nessuno nota? E’ a conoscenza l’AD di Rfi dell’esito del giudizio del Tribunale Amministrativo del Lazio che sarà non si sa quando reso pubblico e relativo sulla verifica di ottemperanza del progetto e sull’appalto viziato dal mancato rispetto delle norme comunitarie?

Escludendo che possano essere a conoscenza dell’AD di Rfi gli esiti dei pronunciamenti, attuali e futuri, e quindi i relativi tempi di pubblica conoscenza di soggetti di rilevanza costituzionale come Corte dei Conti, Tar, ministri componenti il Cipe, ci si domanda se si ha consapevolezza dei danni prodotti su soggetti da espropriare.

Consapevolezza di affermazioni che riguardano l’apertura dei cantieri e i tempi di realizzazione sui quali l’AD di Rfi non c’entra assolutamente nulla. Anche questo rappresenta un modo di delegittimazione della Politica e delle Istituzioni, che diventano soggetti notarili che assolvono acriticamente a procedure amministrative che hanno ricadute rilevanti sulla vita delle persone in termini sociali, ambientali ed economici. Si attendono possibili interventi della politica su tali inquietanti e irresponsabili accadimenti.

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